È tutto uno smarcarsi, un rivedere posizioni, per distinguere, diluire e passare indenni la nottata. La destra che cestina la destra (vedi l’intervista di Flavia Perina all’Hp). Il sovranismo che sbianchetta se stesso in attesa che passi qualcuno ad affibbiare un’etichetta ad un mondo politico e culturale che non è in grado di darsene una da sé (su questo Marcello De Angelis è stato più che chiaro). La questione è avvilente. Probabilmente ha ragione Marcello Veneziani, che preferisce occuparsi distrattamente della faccenda intervenendo sul proprio blog senza neanche proporla ai giornali, quelli veri. Se può servire a consolarci, lo smarrimento della area destra è pari a quello delle varie sinistre attuali, dei cattolici, dei liberali, dei socialisti (mai tanto a terra!) e dei vari populisti della pletora globale. Ma non ci facciamo caso, per uno strano senso di colpa ancora tutto da disarcionare. Un travaglio non solo italiano, ma occidentale.
Mal comune
Anche l’Europa non sa che pesci pigliare: l’Ue è in crisi da prima ancora che venisse al mondo l’euro. Mal comune non è mezzo gaudio. Non è proprio niente. L’emergenza Covid non innesca la crisi, semmai suggella un pantano che ha già mandato in avaria il motore del pensare attuale. L’umanità è stanca da ormai troppo tempo. L’ottimismo da fine Guerra fredda ha smesso di soffiare perché è andato a sbattere contro le dinamiche della storia e dei blocchi emergenti.
La stessa barca
Bisogna fare i conti con questo stato di cose, prima di produrre riflessioni che siano sempre uguali a se stesse. Bisogna avere consapevolezza che oggi nessuno è vincente e che non ci sono categorie protette. Chi pensa (esagerare giova) che la giovane sardina, l’abitante di Berlino, Amsterdam o Goteborg, i membri della comunità Lgbt, gli elettori del Pd o del M5s o i liberal americani, i fan di Papa Francesco, i tifosi della Juventus, compresi i lavoratori delle agenzie di rating (cioè tutte quelle categorie che secondo alcune narrazioni sono ritenute vincenti) stiano psicologicamente meglio si sbaglia di grosso.
Smarrimento
Sono tutti in cerca di una speranza o di una parola che possa illuminare le attese esistenziali di un tempo precarizzato. Siamo tutti sulla stessa barca. Non facciamoci illusioni, non cerchiamo alibi. Chi è italiano è ancor più demoralizzato, perché cittadino di un Paese in ginocchio da troppo tempo. Il governo attuale rappresenta in maniera plastica questa dimensione. Figlio di un’intesa al ribasso tra forze che non si amano, costrette a stare insieme perché non ci sono alternative disponibili se non la disoccupazione. Giuseppe Conte è debole, tuttavia – in questa fase slabrata – è percepito tra i mille e disarmanti errori come una persona onesta che perlomeno ce sta la mettendo tutta. Per questo sta sopravvivendo a se stesso.
Tutti odiano tutti
Davanti a tanto smarrimento, c’è un’altra verità da affermare. Non è vero che i sovranisti di destra abbiano il monopolio esclusivo delle peggiori pulsioni. Non è mai stato così. Men che meno oggi, con tutti che odiano tutti. Tutti stanno rivelando un profondo e preoccupante disprezzo per l’altro. Gli antisalviniani sono addirittura peggiori del più vichingo tra gli avventori di Pontida. (E viceversa). Il cattoprogressista che vuole la scomunica latae sententiae per gli elettori di Lega o Giorgia Meloni, e che a sua volta sputa veleno anche sull’opera di Sturzo e Giussani, sta caricando un arma a piombo. Con il coronavirus abbiamo dato il peggio di noi stessi. Ci siamo riscoperti un popolo di spioni, livorosi e intolleranti. La cattività da lockdown ci ha resi decisamente più cattivi.
Una società in cerca di nemici
La campagna anti-runner, dipinti quali untori, è da notte dei cristalli. Quando si va a correre al Lungomare o da altre parti, non ci sono differenze che tengano: di genere, politiche o religiose. Tutti uguali. Tutti, in fondo, amanti della salute. Ebbene: sono stati presi di mira da un odio indiscriminato, nell’ ansiosa ricerca di certezze e identità. Eccoche si manifesta la necessità continua di individuare il nemico da abbatte. Al solo a pensarci viene il panico. Facebook ha dato il la a tutto questo. Prima ci siamo illusi che come social stesse portando in superficie chi siamo davvero, tra lo stupore di chi pensava che fossimo tutti più corretti ed educati; oggi scopriamo che l’ambiente arredato da Zuckerberg ci ha mutati ontologicamente in una direzione che va verso il cinismo più bieco.
Sovranismo addio?
Date le premesse, bisogna avvicinarsi al dunque: è davvero finito il tempo dei populismi nella variante sovranista? Sarebbe rassicurante dire di sì, le cose però non stanno affatto in questa maniera. (Anzi – per dirla con Giuseppe Del Ninno – forse «è più necessaria che mai»). In tutti i casi non abbiamo a che fare con pensieri sistematici. Tuttalpiù possiamo parlare di atteggiamenti, posture, momenti. Utilissimi se valgono come il termometro di una crisi di sistema più complessa, inutili se fini a se stessi o diretti verso soluzioni di retroguardia storica.
Europa indecisa
Le crisi finanziarie del 2008 e del 2011, l’emergenza sbarchi nella parentesi 2014-18, hanno messo a dura prova tutte le istituzioni globali. Il caso dell’Ue è stato drammatico, perché come organismo sovranazionale non è riuscito a trovare soluzioni per uscire dal guado, per risolvere i problemi. Per decidere. Dopo anni di cessione di fette di sovranità da parte degli Stati a favore di una nuova casa comune, i cittadini hanno scoperto che le leve per risolvere le grandi questioni che il tempo ha posto davanti sono indisponibili o introvabili.
La grande incompiuta
L’Europa come soggetto incompiuto, dinnanzi a tempi ad alta intensità, ha già mostrato tutte le proprie fragilità. Da qui due conseguenze fondamentali. La prima sta nella reazione del corpo elettorale, che ha premiato nuove esperienze politiche a danno delle storiche famiglie europee (socialisti in particolare). Dall’altra, alcuni Stati hanno preferito fare da sé. Il Regno Unito ha optato per l’uscita di sicurezza. I governi di Germania e Francia, sebbene nominalmente antisovranisti, hanno riscoperto il primato dell’interesse nazionale come bussola per stare meglio in Europa e nel Mondo. Il divario tra nazioni è aumentato e il processo di dis-integrazione si è reso più evidente.
Unione sotto stress
L’Ue mai è stata così tanto sotto stress, la crisi del Covid ha evidenziato questo stato di cose. La questione degli aiuti agli Stati (tutti a debito) rende ancora più palese come sia la Bce il vero perno della casa comune continentale. Un ente non subordinato al vaglio democratico, che si pone obiettivi non politici, e che ha come fine esclusivo il mantenimento in vita dell’euro, una moneta – per dirla con Romano Prodi – che si regge in piedi «per un atto di fede».
Poteri dematerializzati
Usciti dalle ondate di crisi già citate, non ci siamo trovati rinnovati, semmai cittadini di un consesso in cui la forbice della disuguaglianza si è allargata. Le ragioni che hanno alimentato il populismo non sono venute meno. Non ancora, perlomeno. C’è da palesare, sicuramente, che esse abbiano preso forma finire attraverso modalità scomposte, poco rassicuranti, talvolta ambigue, e disarticolate sotto il profilo delle analisi e degli obiettivi. E sono disarticolate perché si pongono contro un potere che non è più ubicato in alcun Palazzo d’inverno. Ma è impalpabile, liquido, non localizzato. Quasi immateriale.
La Fase 2 del Sovranismo
Se le ragioni del sovranismo hanno ancora una loro giustificazione, qualcosa va tuttavia rivista e a più livelli. Il salto di qualità sta, innanzitutto, nel passaggio dall’eccesso di postura populista verso una dimensione istituzionale più austera e responsabile (a partire dall’uso delle parole). Ciò non significa che bisogna adottare stili e liturgie da prima repubblica. Non lo ricordiamo, ma l’incomprensibilità del linguaggio Dc, finita la spinta del boom economico, avvelenò un Paese con i risultati sanguinanti che tutti sappiamo.
Sovranismo scientifico
Senza una riflessione serie su programmi e finalità, è normale che sugli esponenti politici cosiddetti sovranisti vengano affibbiate etichette esterne e spesso sbagliate. Siamo sicuri che Salvini, Meloni (per restare in Italia) vogliano uscire dell’Ue per tornare agli Stati nazionali? Affermare l’interesse nazionale è ben altra cosa rispetto alle apostasie politiche. Ciò detto, non basta però l’aver intuito per primi i limiti dell’assetto comunitario attuale a suggerire nuove formule d’integrazione politica. Ci vogliono le idee, le definizioni, gli scritti. Alessandro Giuli lo ha ricordato: in fondo, la storia culturale della destra o canta l’Europa o non è. E se dobbiamo essere onesti: lo dicevano anche Giorgio Almirante e, prima ancora, Filippo Anfuso.
Democrazia e libertà
La battaglia per la sovranità è e deve essere una battaglia per la democrazia. Non per la liberal-democrazia, ma per la democrazia tout court. Deve essere una battaglia per la ridistribuzione delle ricchezze, per la partecipazione, per la sburocratizzazione, per la semplificazione. Per la comunità. Riformista. Semplificare l’Europa, semplificare il sistema Italia. Si può parlare ancora di primato della politica? Sì se la deve è in grado di saper governare nel rispetto di enti e persone. Affinché il sovranismo non scivoli (o no dia adito di pensarlo) verso tentazioni autoritarie – hanno ragione Corrado Ocone e Marco Gervasoni – deve aggrapparsi coscientemente e disperatamente al principio Libertà. Cioè: il terreno fertile entro cui la dignità della persona umana decide per se stessa.
@fernandomadonia
Uno dei problemi del cosiddetto “sovranismo” è che a molti è sempre parso qualcosa di obsoleto, volto all’indietro, rimpiangendo un passato in fondo poco degno di esserlo, inutili carneficine, lutti e sofferenze inenarrabili, difficilmente scindibile dal nazionalismo che condusse a due disastrose Guerre Mondiali. Per giunta si sono imbarcati sulla stessa barca gli appartenenti alla galassia destro-radicale (in sostanza quasi sempre di tendenza neonazi), finendo di condizionarlo ed in parte condannarlo definitivamente. La storia non ha un destino (per chi non crede alla concezione lineare della stessa, almeno), ma a patto di non confonderla con frammenti inesorabilmente defunti che potrebbero fantasiosamente rivivere. Mentre la storia è continuo divenire, ma non fuga all’indietro… Una miriade di Stati sovrani (veramente sovrani) nel mondo d’oggi non può esistere, al massimo appartiene al mondo della letteratura fantastica o dei sogni dei ‘laudator temporis acti’… Cosa diversa è la capacità di ben amministrare e difendere…
La ‘libertà’ deve convertirsi nella parola magica della destra.