Il 12 dicembre 2011, a seguito delle notizie diffuse dai mezzi d’informazione sulla probabile, prossima accusa per malversazione, frode, prevaricazione, falso e riciclaggio di capitali del genero del re, Iñaki Urdangarin, duca consorte di Palma di Maiorca, il Palacio de la Zarzuela – la residenza ove ha sede la ‘Casa de Su Majestad el Rey’ – annunciò che il medesimo era allontanato da ogni atto istituzionale, valutando che la sua condotta non era stata ‘esemplare’. Il duca fu poi effettivamente condannato per frode fiscale, nel ‘Caso Nóos’, a 5 anni di detenzione. Il 18 giugno 2018 entrò nel carcere di Brieva. Felipe ha revocato alla sorella Cristina (assolta a stento nel processo penale per evasione tributaria del 2017) il titolo di duchessa di Palma. Avere un cognato in carcere, per reati comuni, non è proprio il massimo per un re di Spagna e la sua immagine pubblica, senza accennare agli inevitabili risvolti familiari…
Il 14 aprile 2012 Juan Carlos soffrì la frattura del bacino durante una caccia all’elefante alla quale era stato invitato in Botswana, suscitando le vivaci critiche di animalisti e di vari settori sociali e sindacali, in quanto l’incidente era occorso nella peggior settimana della crisi economica (iniziata nel 2008 e contrassegnata da aumento della disoccupazione, difficoltà finanziarie, bancarie, previdenziali ecc.) e dopo un discurso nel quale il re aveva chiesto “rigor” e “sacrificios” agli spagnoli. Veniva pure segnalata dai media la presenza in Africa di una certa principessa Corinna, responsabile dell’agenzia Boss Sporting, organizzatrice di safari di lusso per clienti VIP… Pioveva sul bagnato. In quel momento, l’approvazione della popolazione, che era del 74%, cadde al 52%. Poi riprese a crescere lentamente, situandosi a dicembre al 58%. Nell’aprile 2013, per prima volta, pur rimanendo don Juan Carlos la figura del sistema politico spagnolo con la migliore valutazione, sopra Municipi, Parlamento, Governo, partiti e rappresentanti politici, il 53% della popolazione disapprovava ormai la forma nella quale il re svolgeva le sue funzioni e solo il 42% lo approvava.
Tuttavia, il 12 luglio 2013, il giornalista esperto di Case Reali, Jaime Peñafiel, accennando all’incertezza delle monarchie in Europa, scriveva che essendo
“instituciones medievales que nada tienen que ver con las actuales democracias; encima ocurre que cuando tratan de modernizarse caen en la vulgaridad”, non erano capite dalle nuove generazioni. E che in Spagna “la monarquía durará mientras esté don Juan Carlos, que tiene mucho carisma y un gran prestigio, pero no creo que pase más allá del Príncipe Felipe, que Leonor llegue a ser reina”… (http://www.teinteresa.es/mundo/Jaime-Penafiel-primera-monarquia-belga_0_953906246.html).
Era una percezione sbagliata. Poco dopo, al rendersi pubblica la relazione sentimentale mantenuta per anni da Juan Carlos con l’imprenditrice danese Corinna Larsen, moglie divorziata del principe tedesco Casimir zu Sayn-Wittgenstein – conosciuta socialmente come Corinna zu Sayn-Wittgenstein – alcuni media pubblicarono la notizia che la ‘Casa del Rey’, utilizzando due milioni di Euro di fondi pubblici, aveva ristrutturato radicalmente la finca La Angorrilla, località prossima alla Zarzuela, ove durante vari anni aveva vissuto Corinna con i figli.
L’anno prima la giornalista Pilar Eyre aveva dato alle stampe La soledad de la Reina, una biografia della regina Sofia, nella quale la medesima era definita “la donna più sola del Regno”. Il libro si era subito convertito nel glossario delle numerose, presunte avventure extraconiugali del re di Spagna, che hanno trasformato doña Sofía, con la quale Juan Carlos sì sposò ad Atene nel 1962, in una donna sventurata e solitaria, che per decenni ha vissuto in silenzio, con un enorme senso del dovere e della dignità, la propria ‘tragedia greca’. Mai amata dal marito, con il quale comparte unicamente il tetto coniugale da prima della salita al trono del ’75, si dice, Sofia, nata nel 1938, figlia primogenita del futuro re Paolo I di Grecia e della regina Federica di Hannover, appartiene alla dinastia di origine danese Schleswig-Holstein-Sonderburg-Glücksburg, come il duca Filippo di Edimburgo ed il fratello Costantino II, già re di Grecia. Discende in linea diretta dalla zarina Caterina la Grande di Russia, da Santa Elisabetta di Ungheria, dal Kaiser tedesco Guglielmo II e dalla regina Vittoria d’Inghilterra. Lontana cugina di Juan Carlos, quindi.
Per Eyre, Corinna Larsen era una donna-imprenditrice con una gran influenza su Juan Carlos, del quale era consulente e talora rappresentante in grossi affari mediorientali…S’infittì allora la campagna di stampa contro il re e le sue frequentazioni, sia sentimentali, sia d’affari. Il 2 giugno 2014 Juan Carlos manifestó, quindi, la sua volontà di rinunciare al trono, in favore del figlio ed erede Felipe, principe delle Asturie, al Presidente del Governo Mariano Rajoy.
Quel giorno in molte città del Paese si riunirono folti gruppi di persone sventolando la bandiera della II Repubblica. L’abdicazione di Juan Carlos I de Borbón y Borbón – figlio di Juan de Borbón y Battenberg e di María de las Mercedes de Borbón y Orléans – ebbe luogo a Madrid, nel Palacio de las Cortes, il 19.6.2014, in adesione alla Ley Orgánica 3/2014. Designato «rey emérito» dal nuovo sovrano, Felipe VI de Borbón y Grecia (nato a Madrid il 30 gennaio1968), Juan Carlos ha continuato a svolgere un ruolo di rappresentanza istituzionale fino al maggio 2019.
Monarchia parlamentare dal 1978
Con la Costituzione del 1978, la Spagna si configurò come una Monarchia parlamentare ed uno Stato liberaldemocratico che conferiva un elevato grado d’autogoverno alle Comunità Autonome, le “Nazionalità Storiche”, Cataluña, País Vasco, Galicia (e riconoscimento delle rispettive lingue) alle quali altre si sarebbero da allora sommate. Nonostante la lunga offensiva terroristica dell’ETA basca, la democratizzazione diede vita ad un regime stabile e pluralistico, essenzialmente bipartitista, integrato nell’ Unione Europea dal 1985 e, fino alla crisi del 2008, in una delle economie più dinamiche del continente. Per la democrazia spagnola, nel 1931 la Monarchia era stata il principale problema; nel 1975 la soluzione.
Per Victoria Prego, autrice di Así se hizo la Transición (1995), nel febbraio 1981 il Re si guadagnò il rispetto ed affetto di tutti gli spagnoli, senza eccezioni, che videro in lui l’uomo votato al servizio del Paese ed alle libertà dei cittadini. “I suoi ultimi errori non occuperanno un posto di primo piano nella storia della Spagna. Sì, l’occuperà il suo apporto alla libertà ed al benessere, la sua lotta affinchè la democrazia si consolidasse definitivamente”. Aiutò la popolarità del monarca anche il suo stile campechano, un po’ alla Ferdinando delle Due Sicilie, gioviale, aperto, allegro, cordiale, spontaneo, alla mano…
Secondo vari sondaggi di opinione, durante la maggior parte del regno il sovrano godette di un livello di popolarità assai elevato in Spagna (e parte dell’America Latina), ove era il leader più considerato nel 2008, all’inizio della crisi economica, quando si produsse un senso di profonda delusione verso il resto delle istituzioni dello Stato. A tal proposito, non pochi hanno poi insinuato che i media spagnoli a lungo fornirono un’immagine deliberatamente positiva del monarca, creando “un autentico culto a la personalidad“. Nel 2007, The Times, uno dei principali periodici britannici, già aveva criticato il lussuoso stile di vita e l’idealizzazione per 30 anni del re-playboy.
¿Será Felipe VI el último monarca de España?
si chiedeva il giornalista Juan Rodríguez Teruel, ancor prima della cerimonia di abdicazione:
‘Una crisi politica e istituzionale della monarchia condurrebbe ad una riorganizzazione istituzionale. Il re che oggi sale al trono sa che regnerà su di un Paese che costituisce una eccezione nel panorana delle monarchie parlamentari occidentali del secolo XX. È l’unico Paese dove una monarchia è sopravvissuta a due repubbliche contemporanee e pure l’unico dei 29 Stati europei, che transitarono da un sistema autoritario ad uno democratico, con l’istituzione monarchica. Essa ha resistito dove il sistema politico ed economico ha permesso una ridistribuzione del progresso e del reddito sociale tra la maggioranza dei cittadini, spesso indifferenti al tema. La Spagna seguirà lo stesso cammino? Che tipo di repubblica potrebbe succedere a Felipe VI? Difficilmente una repubblica parlamentare come la tedesca o l’italiana. L’elevata polarizzazione politica e le difficoltà per cooperare che esibiscono le nostre élites politiche rendono difficile immaginare la capacità di rinnovare, ogni quattro anni, una carica di elevatissimo potere simbolico e la cui autorità si deve mantenere al di sopra dei partiti. Se a ciò aggiungiamo la deriva personalistica che ha acquisito la politica è plausibile immaginare che una crisi della monarchia sboccherebbe in una riorganizzazione istituzionale, che adotterebbe uno schema semipresidenziale (come la II Repubblica): elezione diretta del Capo dello Stato, con poteri rafforzati, mantenendo un Capo del Governo dipendente dalla fiducia parlamentare’.
(https://www.eldiario.es/agendapublica/nueva-politica/Felipe-VI-ultimo-monarca Espana 02273748.html).
Nonostante il cambio al vertice, la Corona non recuperó la popularità perduta. Il 17 maggio 2018 un articolo segnalava che, a seguito di un sondaggio di Ipsos Global Advisor, il 37% degli spagnoli si diceva favorevole all’abolizione della Monarchia, quella che riceveva meno consensi fra tutte le europee. Più della metà della popolazione spagnola (52%) si mostrava a favore di un referendum tra monarchia e repubblica. I giovani apparivano il gruppo sociale più incline alla celebrazione di un referendum (il 63% dei cittadini tra 25 e 34 anni).
Un anno più tardi, il 19 giugno 2019, la situazione non era molto cambiata. Secondo un’inchiesta de El Confidencial:
“Il 50,8% degli spagnoli si sente monarchico, rispetto al 46,1% repubblicano. Le donne sono oggi, per il 54,1%, più monarchiche degli uomini (47,4%). Mentre in Andalusia un 75,1% degli intervistati si dichiara monarchico, in Catalogna è l’inverso: un 74% per la repubblica. Alla Catalogna fa seguito il Paese Basco ove il 70,6% si professa repubblicano. In quanto ai partiti, il ‘Partido Popular’ continua ad essere il più monarchico (90,7%), sopra le altre formazioni di destra, ‘Ciudadanos’ (82,7%) e ‘Vox’ (82,2%). La percentuale più equilibrata si rintraccia tra i socialisti, dove un 51,6% si sente intimamente repubblicano di fronte al 44,5% monarchico. E, come era facile prevedere, l’istituzione monarchica cade in ‘Unidas Podemos’: solo un 9,3% dei suoi votanti è favorevole al modello di Stato vigente”.
(https://www.infolibre.es/noticias/politica/2019/06/19/espana_sigue_siendo_monarquica_pero_por_minima_96152_1012.html).
Altri organi rilevavano che le generazioni che non vissero la transizione dal franchismo considerano che il tema non è stato chiuso con la Costituzione del 1978. Perchè non ci fu allora un referendum su monarchia o repubblica? In una intervista con la giornalista Victoria Prego, nel 1995, l’ex Presidente del Governo, Adolfo Suárez, confessò che quando, istigati da Felipe González, i capi di Governo stranieri “me pedían un referéndum sobre monarquía o república… hacíamos encuestas y perdíamos”. La soluzione fu d’inserire nella consultazione per l’approvazione della nuova Costituzione, assieme alla rottura della tradizione centralista, iniziata da Filippo V all’inizio del ‘700, la Monarchia Parlamentare, non più meramente Costituzionale, la Dinastia storica ed il Re. Ed il ‘pacchetto’ fu approvato con l’ 87,78% dei suffragi espressi…
Poi scoppia la bomba, forse la più letale per la Monarchia di Spagna. Il 5 marzo dell’anno in corso i media riportano la notizia che: “Corinna Larsen denunciará a Juan Carlos de Borbón en Reino Unido por amenazas para que no revele secretos de Estado. Asegura que sufre una campaña de acoso desde que acabó su relación con el monarca en 2012 en la que implica al exdirector del CNI Félix Sanz Roldán. Corinna ha contratado a un reputado abogado londinense experto en extradiciones”.
Titolava, ad esempio, Eldiario.es, in un articolo firmato da Javier Biosca Azcoiti e Pedro Águeda:
“L’imprenditrice Corinna Larsen, con la quale Juan Carlos I mantenne una relazione extraconiugale, denuncerà alla Giustizia britannica il Re Emerito per la persecuzione che afferma soffrire dalla loro rottura del 2012, per evitare che riveli ‘segreti di Stato’ da lei detenuti. Un portavoce ha comunicato questo giovedì a ‘eldiario.es’ che la donna inizierà azioni legali contro Juan Carlos ed altri sospetti implicati. Corinna Larsen aveva già accusato il ‘Centro Nacional de Inteligencia (CNI)’, concretamente il suo ex direttore Sanz Roldán, per molteplici pressioni ricevute. Ora estende le responsabilità all’allora Capo di Stato. Larsen ha dato mandato a James Lewis, un noto avvocato londinese esperto in estradizioni e diritto internazionale – ha rivelato al ‘The Daily Mail’ – in quanto spaventata per le minacce ricevute, che coinvolgono i suoi figli, durante ben otto anni, cercando d’imporle un silenzio totale. L’azione dei Servizi Segreti spagnoli, secondo la donna d’affari, è iniziata dopo l’incidente occorso al re in Botswana. La denuncia alla Procura britannica fa seguito alla procedura avviata dal procuratore svizzero Bertossa che ha iniziato un’indagine, accusando la stessa Corinna e due presunti prestanome del re. La causa in Svizzera è stata avviata nel 2015 a seguito della pubblicazione sulla stampa di una conversazione con la donna, registrata a Londra dal Commisario spagnolo Villarejo (ora detenuto per capeggiare una organizzazione criminale e nemico di Sanz Roldán). Le ricerche del procuratore speciale Yves Bertossa hanno identificato un trasferimento nel 2008 di 100 milioni di dollari dall’Arabia Saudita, tramite una banca privata svizzera, ad una fondazione che Bertossa ha collegato a Juan Carlos I, dalla quale sono stati trasferiti, nel 2012, 65 milioni di euro ad un conto bancario di Corinna Larsen. Bertossa sospetta che i 100 milioni siano la commissione riscossa dal re per la sua participazione nell’aggiudicazione dell’AVE (treno ad alta velocità) Medina-La Mecca ad un consorzio d’imprese spagnole, tra le quali OHL, dell’amico Juan Miguel Villar Mir. La Procura svizzera ha inviato una commissione rogatoria alla Spagna. La divisione ‘Anticorrupción’ da allora collabora con il procuratore elvetico. La inviolabilità del monarca limita le investigazioni contro Juan Carlos I in Spagna a possibili delitti posteriori alla sua abdicazione del 2014. Realtà differente nel Regno Unito, che non riconosce immunità alcuna al re”.
(Da https://www.eldiario.es/politica/Corinna-Larsen-Carlos-Reino-Unido_0_1002650706.html).
Dieci giorni dopo, il re Don Felipe VI reagiva con un comunicato:
‘Palacio de La Zarzuela, 15.03.2020
COMUNICADO DE LA CASA DE S.M. EL REY
Ante las informaciones referidas a S.M. el Rey Don Juan Carlos, aparecidas hasta la fecha en distintos medios de comunicación, la Casa de S.M. el Rey quiere hacer constar:
1. Que en su discurso de proclamación ante las Cortes Generales el 19 de junio de 2014 S.M. el Rey dijo lo siguiente:
“La Corona debe (…) velar por la dignidad de la Institución, preservar su prestigio y observar una conducta íntegra, honesta y transparente, como corresponde a su función institucional y a su responsabilidad social. Porque, sólo de esa manera, se hará acreedora de la autoridad moral necesaria para el ejercicio de sus funciones. Hoy, más que nunca, los ciudadanos demandan con toda razón que los principios morales y éticos inspiren –y la ejemplaridad presida– nuestra vida pública. Y el Rey, a la cabeza del Estado, tiene que ser no sólo un referente sino también un servidor de esa justa y legítima exigencia de los ciudadanos.
2. Que en coherencia con las palabras pronunciadas en su discurso de proclamación y con la finalidad de preservar la ejemplaridad de la Corona, S.M. el Rey quiere que sea conocido públicamente que S.M. el Rey Don Juan Carlos tiene conocimiento de su decisión de renunciar a la herencia de Don Juan Carlos que personalmente le pudiera corresponder, así como a cualquier activo, inversión o estructura financiera cuyo origen, características o finalidad puedan no estar en consonancia con la legalidad o con los criterios de rectitud e integridad que rigen su actividad institucional y privada y que deben informar la actividad de la Corona.
3. S.M. el Rey Don Juan Carlos deja de percibir la asignación que tiene fijada en los Presupuestos de la Casa de S.M. el Rey’. (…)
(Trad.) “In relazione alle notizie riferite a S.M. il Re Don Juan Carlos, apparse sino a questa data in diversi organi di comunicazione, la Casa di S.M. il Re desidera far constare:
1. Che nel suo discorso di proclamazione davanti alle Corti Generali, il 19 giugno 2014, S.M. il Re disse ciò che segue:
La Corona deve (…) velare per la dignità dell’Istituzione, preservare il suo prestigio ed osservare una condotta integerrima, onesta e trasparente, come corrisponde alla sua funzione istituzionale e responsabilità sociale. Perchè, solo in tal modo, sarà creditrice dell’autorità morale necessaria all’esercizio delle sue funzioni. Oggi, più che mai, i cittadini richiedono a ragione che i principi morale ed etici ispirino – e l’esemplarità presieda – la nostra vita pubblica. E il Re, alla testa dello Stato, deve non solo essere un referente, ma anche un servitore di questa giusta e legittima esigenza dei cittadini.
2. Che in coerenza con le parole pronunciate nel suo discorso di proclamazione e con la finalità di preservare l’esemplarità della Corona, S.M. il Re desidera sia pubblicamente noto che S.M. il Re Juan Carlos è a conoscenza della sua decisione di rinunciare all’eredità di Don Juan Carlos che personalmente potrebbe corrispondergli, così come a qualsiasi attivo, investimento o struttura finanziaria la cui origine, caratteristiche o finalità possano non essere coerenti con la legalità o con i criteri di rettitudine ed integrità che reggono la sua attività istituzionale e privata e che debbono informare l’attività della Corona.
3. S.M. il Re Don Juan Carlos cessa di ricevere l’assegnazione fissata a carico della Casa di S.M. il Re”.
Un uomo solo al comando (simbolico) che prepara succose leccornie alla fazione repubblicana, si potrebbe chiosare. I commenti dei media sono aspri per la Monarchia, non solo per l’ottantaduenne ‘Re emerito’ Juan Carlos, reduce da ben 17 operazioni ed assai male in arnese.
Naturalmente il Comunicado di Felipe VI è subito oggetto, in Spagna e nel mondo, di commenti e considerazioni essenzialmente critiche. Corinna Larsen, nega, dal canto suo, che il denaro avuto sia parte di una commissione (pur essendo lei una intermediatrice di affari internazionali), ma solo una ‘donazione personale’ in riconoscimento dei molti anni trascorsi accudendo don Juan Carlos… È storia molto recente. In Spagna, a parte ABC, OKDiario, La Razón, La Gaceta e quotidiani minori, l’informazione più seguita è in maggioranza monopolio della sinistra.
‘Una donación de 100 millones para Juan Carlos I desde Arabia Saudí: cronología del caso que retrata al monarca. Felipe VI renuncia a la herencia de su padre un día después de que The Telegraph revelara que es el segundo beneficiario de la fundación que recibió 100 millones de Arabia Saudí’.
Scriveva Elena Herrera lo stesso giorno:
“Il re Felipe VI ha annunciato che rinuncia all’eredità paterna e che il ‘re emerito’ cesserà di ricevere l’appannaggio di 194.232 euro all’anno dalla Tesoreria dello Stato. L’annuncio giunge un giorno dopo che il giornale britannico ‘The Telegraph’ ha rivelato che ha ricevuto 100 milioni, attraverso una fondazione nel cui patronato figura l’attuale Capo di Estado. Questa informazione fa seguito ad altre rese note negli ultimi mesi sulla fortuna del monarca in Svizzera”.
(https://www.eldiario.es/politica/millones-Juan-Carlos-cronologia-retrata_0_1005450459.html).
Sullo stesso organo, sempre domenica 15 marzo, il direttore Ignacio Escolar calcava ulteriormente la mano:
‘El rey hijo mata al padre para intentar salvar la corona. Es su propio hijo, el rey Felipe, quien confirma lo que ya sabíamos sobre la ‘dignidad’, la ‘integridad’ y ‘la honestidad’ de Juan Carlos de Borbón. Felipe VI renuncia a la herencia de Juan Carlos de Borbón tras el escándalo de los pagos de Arabia Saudí‘ :
“Da padre della Transizione ed eroe del 23F a presunto gran corrotto e gran evasore fiscale. Il ‘Comunicado de la Casa Real’ affossa definitivamente il poco prestigio che ancora rimaneva a Juan Carlos de Borbón. Felipe VI assicura, senza fornire dettagli, che adottò preventivamente varie misure ed informò imprecisate autorità competenti, al venire a conoscenza, circa un anno fa, della rete di strutture offshore del padre, tra le quali la ‘Fundación Lucum’ di Panama, la cui unica funzione era occultare denaro in paradisi fiscali. La stessa entità offshore alla quale pervennero 100 milioni di dollari nel 2008 e dalla quale uscirono, nel 2012, 65 milioni di euro per l’ amante del re, Corinna Larsen, ed altri 2 milioni per l’altra amante Marta Gayá. (n.d.r. l’imprenditrice maiorchina Marta Gayá, amante dal 1987 al 2003, poi amica e confidente). È evidente che Juan Carlos de Borbón abusò della inviolabilità che gli concede la Costituzione ed utilizzò la propria posizione per arricchirsi. Perchè non si pone fine a tale privilegio perchè qualcosa di simile non si ripeta? Rinunciare all’eredità per difendere ‘la dignidad de la Institución’ è una decisione rischiosa per il re Felipe. Pone una fascia tagliafuoco per cercare di salvare la Corona. Sacrifica il padre per salvare la Corona. Il Codice Civile tipifica bene due cose sulla rinuncia ad un’eredità, come quella annunciata nel ‘Comunicado’. La prima (art. 991), che unicamente essa può assumere valore al momento della morte di chi l’eredità lascia, non prima. La seconda (art. 990), che non si può rinunciare ad una parte della stessa e non ad un’altra”. (https://www.eldiario.es/escolar/hijo-padre-intentar-salvar-corona_6_1006209395.html).
Il 16 marzo Miguel González scrive su ‘EL País’:
‘El Rey renuncia a la herencia de su padre y le retira su asignación por sus supuestas cuentas en Suiza. Felipe VI asegura que ha comunicado su decisión al rey emérito Juan
Carlos’:
“L’insolita decisione di Felipe VI indica l’intenzione di rompere drasticamente e radicalmente
qualsiasi relazione della ‘Casa del Rey’ con affari all’estero di Juan Carlos I, che potrebbe ora dover affrontare una ‘investigación judicial’ ed ha designato allo scopo per la sua difesa l’avvocato Javier Sánchez-Junco Mans, un vecchio procuratore dell’anticorruzione che capeggiò la causa contro Mario Conde nel ‘caso Banesto’ (n.d.r. un caso di corruzione imprenditoriale del ‘Banco Español de Crédito’,
scoppiato alla fine del 1993, per il quale il ‘Tribunal Supremo’ emise una sentenza di condanna nel 2002)”.
Pochi giorni dopo, il 20 marzo, il New York Times faceva il punto sulla vicenda, con un articolo del giornalista spagnolo David Jiménez:
‘Monarquía española: regeneración o caída. Un escándalo de corrupción ha vuelto a sacudir a la corona. Aunque España enfrenta una crisis sanitaria por el coronavirus, una parte de la ciudadanía ha mostrado su indignación. El rey Felipe VI debe impulsar los cambios que permitan decidir su futuro en referéndum‘.
“Il racconto del finale infelice de Juan Carlos I, con la sua miscela di tradimenti amorosi, spionaggio e tangenti non sarebbe completo senza il dramma familiare: suo figlio ed attuale re, Felipe VI, lo ha ripudiato pubblicamente col rinunciare ad una eredità sospetta. La strategia de ‘la Casa Real’, che cerca di proteggere il figlio, sacrificando il patriarca dei Borbone, è condannata alla disfatta. Parte dalla falsa premessa che la crisi monarchica si riduce al comportamento di un re traviato, mentre i problemi dell’ istituzione vanno ben oltre. È necessaria una profonda rigenerazione affinchè, concluso tale processo, gli spagnoli possano decidere il loro futuro con un referendum. Migliaia di cittadini hanno organizzato mercoledì una ‘cacerolada’ dai loro balconi alla stessa ora nella quale Felipe VI pronunciava un discorso per dare coraggio ad una nazione confinata in casa per la pandemia del coronavirus. Il re avrebbe potuto approfittarne per affrontare a viso aperto ‘el escándalo real’, però ha scelto di rifugiarsi nella opacità che tanto danneggia la credibilità dell’istituzione. Juan Carlos I ha goduto durante il suo regno di una totale impunità per una miscela di mancanza di trasparenza, leggi obsolete che impediscono le persecuzione di delitti commessi dai monarchi ed una ‘cultura dell’inchino’ che ha indotto partiti, istituzioni e società in generale a guardare da un’altra parte. L’ establishment economico e politico, prevalentemente cortigiano, sta ora facendo quadrato attribuendo a Felipe VI ‘motivazioni eroiche’ alla decisione di rompere col padre. Il re attuale, arrivando al trono nel 2014, aveva promesso di adattare ‘la Casa Real’ ai tempi, ma l’impeto riformatore si è presto diluito. Occorrono urgenti cambi costituzionali per precisare le incompatibilità del re nella sua vita privata ed un successivo referendum per la sua approvazione, affinchè gli spagnoli decidano il modello di Stato preferito”. (https://www.nytimes.com/es/2020/03/20/espanol/opinion/rey-espana-corrupcion.html).
Vari partiti, con l’eccezione del PSOE, del ‘Partido Popular’, di ‘Vox’ e ‘Ciudadanos’ esigono l’immediata consegna all’erario pubblico del denaro raccolto illegalmente da Juan Carlos I, guidati da ‘Unidas Podemos’ e dai movimenti indipendentisti. Nell’umiliazione monarchica la sinistra repubblicana, naturalmente, ci sguazza e la sua stampa alza i toni, contagiando quella latinoamericana.
La Monarchia è presentata come la zavorra del Paese e della democrazia. Mentre l’ineffabile Baltasar Garzón, il ‘Di Pietro spagnolo’ (ma i politici spagnoli non hanno certo offerto il collo all’ascia del boia come i nostri cacasotto), quel giudice andaluso, comunista ed esibizionista, che acquisì gran fama internazionale per un mandato d’arresto contro Augusto Pinochet – nemico acerrimo dei regimi autoritari latinoamericani, teorico dei ‘crimini contro l’Umanità’ e della giurisdizione sovranazionale, processò, tra l’altro, tutti i gerarchi della Spagna nazionalista nella Guerra Civile, notoriamente morti da decenni; inabilitato dal 2012 dal ‘Tribunal Supremo’ ed espulso dalla Magistratura – oggi schierato politicamente con Pablo Iglesias, ha dichiarato questo 29 aprile: “La peste está ahí, pero no la del coronavirus, sino la del fascismo”, attaccando, al solito, gli esponenti politici di centro-destra e di destra, tutti pericolosi ‘fascisti’ a suo avviso, rei di preoccuparsi per le decine di migliaia di morti (ergo di diffondere false notizie sulla pandemia!) ed il crollo dell’economia, per chiedere, insomma, il rispetto di principî costituzionali. Reduce egli stesso dal coronavirus e da una polmonite bilaterale. Una sorta di tocco finale omaggiato alla strategia dei nemici della Monarchia, quasi tutti a sinistra. Mentre il centro-destra chiede le dimissioni del governo, come da noi…
A mio parere, al di là delle colpe ed errori di don Juan Carlos, la III Repubblica potrebbe arrivare in Spagna di gran corsa, un Paese che non è più maggioritariamente monarchico in fondo da molto tempo, forse dall’epoca di Fernando VII e della figlia Isabel II.
Un amico mi ha oggi detto che voleva mettere un ‘like’ a quest’articolo (bontà sua, giuro che non l’ho corrotto!), ma che in questo nuovo gran polpettone non ha capito se non si può più…Giro la domanda a chi ne sa certo più di me in materia…