Ma la scuola non è un parcheggio
Bell’articolo di Ernesto Galli Della Loggia sul “Corriere” di giovedì, pubblicato come “corsivo del giorno” senza purtroppo richiami in prima pagina. L’autore affronta con serietà il problema dei genitori che ritornano al lavoro in questi giorni e non sanno a chi lasciare i figli più piccoli (chi lascia in casa da solo un tredicenne rischia la denuncia per abbandono di minore). Ma lo fa distinguendo rigorosamente il ruolo della Scuola con la S maiuscola da quello di un luogo di intrattenimento e di custodia dei ragazzi. “Il compito della scuola – scrive – non è quello di servire da luogo di parcheggio per i minori, è un altro; e il tempo della scuola non può e non deve essere pensato in funzione di un’esigenza del genere, pena uno stravolgimento del senso dell’istituzione stessa”.
Purtroppo tale stravolgimento da tempo c’è stato: almeno dagli anni ’70, quando i sindacati, per assicurare qualche posto in più ai laureati disoccupati, accettarono anzi sollecitarono che fossero gli insegnanti, anche delle medie, a occuparsi della vigilanza degli alunni durante la mensa, compito più da bidelli o da istitutori, e sollecitarono l’istituzione del tempo pieno, finalizzato non a un miglior apprendimento degli studenti, costretti a rimanere in aule spesso prefabbricate otto ore al giorno, ma ad assicurare da un lato posti di lavoro ai “precari”, dall’altro a consentire ai genitori di lavorare avendo qualcuno cui lasciare i figli. Il declassamento della figura dell’insegnante è cominciato anche di lì. Inorridisco al pensiero di quali sarebbero state le reazioni di mia madre, che per insegnare Lettere alle medie aveva superato un esame comprensivo di un tema in latino, se le fosse stato chiesto di insegnare a un ragazzino a tenere la forchetta. Per fortuna andò in pensione nel 1975.
Come alternativa, Galli Della Loggia propone uno spostamento dallo Stato ai datori di lavoro dell’onere di custodire i figli dei salariati. Concettualmente, è un ragionamento impeccabile. Da tempo si accusa la scuola di costare troppo, dimenticando che in realtà costa per compiti assistenziali più che educativi, svolgendo un ruolo di supplenza nei confronti della società civile, per esempio nel sostegno a giovani con problemi psichici. Resta il fatto che gli imprenditori difficilmente sarebbero disposti ad accollarsi un ulteriore onere, soprattutto in un periodo di vacche magre (tranne che per i soliti pescicani) come l’attuale. Non posso fare a meno di ricordare come alla Manifattura Tabacchi di Firenze, nobile esempio di architettura razionalista progettato dall’ingegner Pier Luigi Nervi e inaugurato nel 1940, fosse annesso un asilo per i figli delle “tabacchine”, che, anche per la loro liberalità di costumi (vedi il romanzo “Lo Scialo” di Vasco Patrolini) erano spesso ragazze madri.
Il fascismo ebbe molte colpe, ma quello che fece per la tutela della maternità e dell’infanzia, al di fuori di ogni vieta retorica femminista, non andrebbe dimenticato, specie oggi, festa del Lavoro.
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Lo stravolgimento di cui parla l’articolo è stato perfettamente funzionale al progetto dei sinistri, di trasformare la scuola da luogo di cultura e formazione a luogo di indottrinamento dei minori ai disvalori sessantottini. E infatti le più danneggiate da questo progetto sono tutte le generazioni nate a partire dal boom economico. Nell’arco di 50 anni la situazione è andata peggiorando, con i bambini e ragazzini di oggi che sono peggio di quelli delle altre epoche.
Scuola parcheggio in Italia? Può darsi. Dove io vivo la scuola pubblica (almeno i primi 6 anni del ciclo basico, elementare) è un “comedero” gratuito per tutti, ma di fatto fruito solo dai ceti meno abbienti. Al punto che quando gli insegnanti scioperano (spesso) il “comedero” resta aperto! Ormai chi ha parecchi figli sono solo i poveri e qualcuno dell’Opus Dei….Chi appena può i figli li manda infatti alle scuole private (che non fruiscono di contributi statali). Quelle sì diventano per non pochi un parcheggio, ma a pagamento, ovvio…