Marco Campanini si occupa di disabilità battendo il chiodo su una dimensione primaria nell’universo sociologico, antropologico e politico inscritto nella disabilità stessa, l’autonomia. Attivista politico per il Movimento 5 Stelle si definisce sinteticamente “Una persona con disabilità prestata alla politica contro una politica disabile”. E molto, molto altro.
Ti occupi della disabilità nelle sue varie declinazioni e risvolti sociali. Come la definiresti? Che cosa è per te?
La disabilità più che un deficit che connota una patologia è una condizione, che non esiste nella mente di chi la vive, ma è insito nella mentalità dell’alter. La società in cui viviamo non è inclusiva, crea barriere ed ostacoli, sono i pregiudizi ad etichettare le persone che non riescono a superare tali ostacoli, come persone problematiche. In realtà tutti possiamo avere delle patologie, nessuno ne è immune, ma non sempre esse sono percepibili, eppure questi soggetti non sono sottoposti ad etichettatura, perché la loro disabilità non si riflette nella società.
Quali pregiudizi senti ancora come persistenti nella nostra società?
L’abilismo è una condizione che non sparirà mai, il sottovalutare una persona con disabilità, il non considerarla capace, o peggio, gratificarla per comportamenti assolutamente normali, sono tendenze comuni che ogni persona con disabilità si ritrova a vivere quotidianamente. Dal pregiudizio nasce poi la discriminazione. Frequenti nel nostro paese sono gli atti discriminatori, molti dei quali perpetrati dalle stesse istituzioni.
Come vedi il rapporto tra disabilità e mondo del lavoro?
Lo vedo in fase di stallo, a livello legislativo non sono stati fatti passi avanti, la stessa legge n. 68/1999 è rimasta lettera morta. I datori di lavoro privati preferiscono ancora non assumere le persone con disabilità, e chi assume spesso si aspetta persone che non abbiano alcuna difficoltà che siano pienamente produttivi come chiunque. Altro fattore è la professionalità della persona, l’accesso al mondo del lavoro, di fatto, non presuppone che la persona sia formata. Le persone con disabilità non sono valorizzate nelle loro capacità anche professionali, per questo, come confermano i dati sulla disoccupazione, sono esclusi dal mondo del lavoro, non si ritengono capaci di contribuire al benessere collettivo. Unitamente ad un sistema premiante che incentivi l’assunzione e preveda sanzioni severe per le aziende che non ottemperino agli obblighi, a mio avviso, si dovrebbe investire maggiormente sul concetto di “accomodamento ragionevole” uno strumento avanzato, ma non ancora diffuso.
I Mass Media (Cinema, Letteratura, Tv) in generale possono contribuire ad abbattere i pregiudizi? Se sì, come?
I Mass Media giocano un ruolo fondamentale. Purtroppo nel nostro paese sono gli stessi media che contribuiscono alla diffusione degli stereotipi sulla disabilità, dando una falsa rappresentazione. Dovrebbero veicolare con maggiore frequenza messaggi in cui la persona con disabilità affronta le difficoltà quotidiane della vita. Mostrare le falle della società, purtroppo, non fa audience.
La politica sarà mai pronta per effettuare soluzioni adeguate in materia di disabilità e più in generale in materia di sanità pubblica?
Se in materia di sanità pubblica, il nostro paese è all’avanguardia, all’opposto non si può dire altrettanto per l’assistenza sociale. La persona con disabilità paga il prezzo di una politica arcaica che vede il disabile non come una persona, con le proprie attitudini ed aspirazioni, ma come un paziente da curare, come il principale consumatore dei presidi sanitari.
Se non saremo in grado di ripensare ad un modello di welfare sostenibile, capace di puntare alla domiciliarizzazione degli interventi di sostegno, nei prossimi anni, il progressivo invecchiamento della popolazione metterà a dura prova il sistema che hanno contribuito a costruire. Questa situazione drammatica la stiamo già vedendo ora con il collasso del sistema socio-sanitario lombardo per l’emergenza Coronavirus: tanto è vero, che si stanno attivando meccanismi di assistenza ed ospedalizzazione domiciliare.
Cosa pensi della figura del Disability Manager?
È una figura importante, tanto nel settore pubblico, quanto nel settore privato come figura aziendale di supporto alle imprese. Può essere d’aiuto in diversi contesti, avendo come principale compito quello di agevolare l’inclusione della persona con disabilità, intervenendo sul luogo dove si rilevano criticità.
Hai all’attivo due libri <<Manuale operativo per aiutare le Persone con Disabilità ad autodeterminarsi con le Istituzioni>> e <<Le mani sulla disabilità in Emilia Romagna>>. Ce li puoi descrivere? Come vedi il cammino verso dell’autodeterminazione da concetto teorico a pratica?
Il mio primo libro è un manuale che insegna alle persone con disabilità gravi a rivendicare i propri diritti fondamentali pretermessi dalle istituzioni lasciando il ricorso all’autorità giudiziaria solo come extrema ratio di tutela.
Il secondo è una fotografia della gestione della disabilità in Emilia-Romagna che mette in evidenza le criticità presenti nella nostra regione. La narrazione comune vuole la nostra regione essere la più all’avanguardia nella gestione della disabilità, per via del Fondo Regionale, il più capiente d’Italia; in realtà non è così.
Quello che accomuna i due libri è la volontà di fornire alle persone con disabilità gli strumenti per fare valere i propri diritti.
Domanda di rito per concludere: Prossimi progetti in cantiere?
Finire l’ultimo libro sul tema della gestione della disabilità: una raccolta di buone pratiche destinata agli aspiranti consiglieri comunali che vogliono creare una società più inclusiva. C’è bisogno di formare chi intende cimentarsi in politica. Un altro obiettivo, rimandato a causa del Coronavirus, iniziare una serie di conferenze sulla presentazione dei miei libri in giro per l’Italia, sempre per le medesime finalità d’informazione. A parte questo progetti, mi auguro di trovare finalmente un’occupazione.
Link: http://www.campaninimarco.com/