Max von Sydow (1929-2020)
Per quelli che avevano vent’anni nel 1960, Max von Sydow fu un mito e un’icona. Ancora oggi, quando penso al perfetto cavaliere crociato (quello che magari non è mai esistito) in tuti i sensi, dall’aspetto fisico allo spirito, penso a lui. Certo, sotto la lucidissima guida di Ingmar Bergman, von Sidow conferiva una voce crociata e cavalleresca all’esistenzialismo kierkegaardiano. Ma era anche un grande artista: e i grandi artisti riescono ad esprimere lucidamente e profondamente anche quello che non sanno e non capiscono (pur ammesso, e non so quanto concesso, che von Sidow certe cose non le sapesse né le sapesse). Il cavaliere Antonius Bock era un uomo dell’Eterno Medioevo, quello ch’è sinonimo della vita tesa tra due ignori, il Prima e il Dopo. Ironia della sorte, stimolante coincidenza, o prova che Dio talvolta ama giocare a dadi con noi, il cavaliere Block che torna nella sua fredda e lontana Europa scandinava all’indomani d’una crociata inutile vi trova la peste, e von Sydow ci lascia, certo non prematuramente, comunque in tempo di pandemia… un altro segno?
“Dio, tu che in qualche luogo esisti… Tu che devi certamente esistere, abbi misericordia di noi”.
Come possiamo dimenticare la preghiera del cavaliere Antonius Block, tornato dalle crociate in Terra Santa in un Nord Europa martoriato da peste e disperazione e magistralmente interpretato da Max von Sydow nel capolavoro assoluto di Ingmar Bergman, Il settimo sigillo, anno domini 1957. L’attore svedese (naturalizzato francese), alla fine, la partita con la Morte l’ha perduta, com’è scritto nel libro del destino di tutti noi; ma l’ha giocata fino in fondo, su una scacchiera lunga 91 anni, togliendosi molte soddisfazioni a livello professionale. Scoperto proprio dal genio svedese – con lui ha recitato in ben 14 pellicole –, Max von Sydow appartiene ai quei volti indimenticabili che il cinema ci ha regalato, a quella cerchia di attori venuti su a copioni e gavetta in teatro, prima di essere notati. Professionisti che si sono guadagnati un posto al sole grazie al sudore del duro lavoro e della passione, non certo alla partecipazione a un reality o a un talent, oggi il primo gradino verso il successo – ma di una scala spesso priva di talento.
Con due Oscar all’attivo – uno come attore protagonista in Pelle alla conquista del mondo del 1989, uno come attore non protagonista in Molto forte, incredibilmente vicino nel 2012 – un centinaio di film, diverse apparizioni televisive, von Sydow è entrato nell’immaginario comune anche per un altro capolavoro, ovvero L’esorcista, il film di William Friedkin del 1973, nel quale interpreta magistralmente il ruolo di padre Lankester Merrin alle prese con il demonio.
Espressivo ed estremamente versatile, l’attore ha lavorato spesso anche in Italia: tra gli altri, con Francesco Rosi (Cadaveri eccellenti, da un romanzo di Sciascia, 1976), Valerio Zurlini (Il deserto dei tartari, dal capolavoro di Buzzati, 1976) e Alberto Lattuada (Cuore di cane, 1976). Molti i grandi maestri con i quali ha collaborato, da John Huston (Lettera al Kremlino, 1970 e Fuga per la vittoria, 1981, nel quale veste i panni del maggiore nazista Von Steiner), passando per Sydney Pollack (von Sydow interpreta il sicario Joubert ne I tre giorni del Condor, 1975, accanto a un superbo Robert Redford e a una meravigliosa, in tutti i sensi, Faye Dunaway), David Lynch (Dune, 1984), Woody Allen (è Frederick, lo scontroso artista misantropo che richiama J.D. Salinger, in Hannah e le sue sorelle, 1986), Wim Wenders (Fino alla fine del mondo, 1991), Steven Spielberg (Minority Report, 2002), Martin Scorsese (Shutter Island, 2010), Ridley Scott (Robin Hood, 2010).
Il suo fiore all’occhiello rimarrà sempre il cavaliere Block accompagnato dal suo tormento, dalla spasmodica ricerca di Dio, dai dubbi laceranti che non trovano risposta se non nella fede che può sconfiggere la Morte e un’esistenza terrena che della morte ha terrore e dalla morte è ossessionata. I dubbi di Block riflettono i dubbi dell’uomo moderno, che la fede ormai l’ha abbandonata prediligendo una progressione verso il Nulla, che si riflette nello scudiero Jöns, materialista, individualista e nichilista, che invita a godere solo ed esclusivamente delle gioie del presente. La peste che imperversa rende Il settimo sigillo un film da ammirare all’infinito, attuale, simbolicamente straordinario nella sua limpida capacità di fotografare le vacue prospettive umane del presente. Max von Sydow ne è il protagonista assoluto. Anche e solo per questo, non potremo che volergli bene per sempre.
@barbadilloit
Grande attore, grandissimo film.
Il Cavaliere sconfigge la morte ad insaputa della stessa , col suo sacrificio. Salva la coppia di buoni semplici ed innocenti con il loro figlioletto e per questo ottiene la sua immortalità.