Chi è l’ecologista? In un intervento all’assemblea di Tagliacozzo Paolo Colli invitava a «saper guardare al cuore dei problemi, a saper proporre soluzioni di ampio respiro» e non esitava a dichiarare che «compito dei veri ecologisti è ricordare che all’uomo che in virtù della sua posizione di “forza”, di essere pensante sulla Terra, deve farsi carico di responsabilità che gli impongono limitazioni e doveri» e che «mentre da alcuni secoli la cultura e la politica inseguono l’uomo come centro di diritti, quel “rompiballe” dell’ecologista viene a ricordare che l’uomo, ora e sempre più in futuro, deve essere il centro di doveri verso gli altri abitanti del Pianeta (umani e non), verso chi verrà di lui, verso un sistema di valori che finora ha consentito un solido equilibrio di vita sul Pianeta» (A che punto siamo?, Tagliacozzo, 6/8 novembre 1998).
Né mancava una stoccata a quelle associazioni ambientaliste che «identificando il problema ambientale con il diritto alla salute per l’uomo o altrimenti con la sopravvivenza di specie animali “simpatiche” all’uomo» si sono adeguate alla scarsa inclinazione degli italiani al concetto di dovere. E concludeva con una precisazione ed una proposta: «Attenzione, non siamo dei “neo luddisti”, tutt’altro: scienza, tecnologia, produzione e consumo possono essere dalla parte dell’ambiente, il problema è orientarli ed affrancarli dall’inseguimento del profitto di breve periodo. (…) è però possibile orientarne le scelte e i comportamenti in modo molto pragmatico: agendo sul portafoglio. La politica fiscale in senso ambientalista è la via seguita con successo da molti paesi del Nord Europa, senza accrescere il carico fiscale globale perché si sono spostate parti di imposizione fiscale dal reddito e dal lavoro alle attività più inquinanti, all’uso di materie prime esauribili o di sostanze tossiche.»
In un’intervista apparsa poco prima sul mensile “Area” così rispondeva a chi gli chiedeva di chiarire in che cosa l’approccio di Fare Verde si distinguesse dalle altre associazioni ambientaliste di sinistra: «Abbiamo constatato come il degrado ambientale parta dal degrado della società attuale, quindi abbiamo innanzitutto criticato i valori che permeano questa società, che considera la natura come una risorsa da saccheggiare. A sinistra s’è detto: questa è una risorsa da gestire meglio. Noi diciamo che è qualcosa in più di una semplice risorsa… Noi crediamo che ciò che portiamo come bagaglio culturale e come esperienza sia sufficiente a differenziarci dagli altri. Ognuno porta il suo contributo, come diceva Alex Langer e come dice Giannozzo Pucci, riguardo alla destra: l’attaccamento alla terra, la rivalutazione della persona e non dell’individuo, la rivalutazione delle identità nazionali.» (in “Dicono che siamo cambiati? L’importante è ciò che si fa”, Area, gennaio 1998)
L’ambiente è stato distrutto dal Liberalismo e dal Comunismo, poiché ambedue portatori di un modello di sviluppo industriale ed economico che se ne è sempre infischiato di proteggere la natura e i beni paesaggistici. Non a caso tutte e due le ideologie sono nemiche delle identità nazionali.