Si intitola Cinema e Società ed è l’ultima fatica editoriale di Riccardo Rosati, edita per i tipi di Tabula fati nella collana d’evoliana memoria “Maschera e volto”.
Un’opera, il volume Cinema e Società («con entrambi i sostantivi che lo compongono con la lettera iniziale maiuscola» – spiega Rosati – «poiché la società ha costantemente influenzato il cinema e quest’ultimo ne ha puntualmente rappresentato ogni singola sfaccettatura»), interamente dedicata alla Settima Arte, che costituisce solo uno dei molteplici ambiti di studio e ricerca di Rosati, oltre che critico cinematografico (eppur “al di là della critica”, come ricorda il sottotitolo dell’opera in questione), anglista, francesista, orientalista e museologo.
Il saggio si presenta come una panoramica di opere cinematografiche prodotte in Europa, Stati Uniti e Asia, articolandosi – come da titolo – nella duplice funzione di critica cinematografica e strumento di analisi e critica sociale, costituendo quella che Pier Luigi Manieri, nella sua presentazione del testo, ha definito come una vera e propria «ricostruzione tentacolare del Cinema che segue i processi della Società, sia essa fisica, con le megalopoli, sia essa umana, che dal particolare Roma si espande attraverso l’Europa e sorvolando gli oceani approda in America e in Asia.»
Ciò che, a nostro avviso, caratterizza molto positivamente lo studio di Rosati rispetto alle usuali opere di critica cinematografica, è l’invito implicito rivolto in queste pagine al lettore ad armarsi di spirito critico, al fine di riuscire a giudicare oltre gli schemi precostituiti dai cosiddetti “padroni del discorso” le opere cinematografiche di cui si va discettando, ed in generale ogni forma d’arte.
Bisogna, secondo Rosati, riuscire ad ottenere una cognizione di un’opera quanto più fedele all’intento dei registi e degli sceneggiatori, e non di certo – come spesso accade – adagiarsi su posizioni di comodo già espresse dalla vulgata corrente presidiata dalla critica dominante.
Tale facoltà di discernimento che l’autore invita a sviluppare da parte del lettore per quel che concerne il cinema è addirittura posta in relazione con la facoltà di “pensare con la propria testa” che ogni elettore dovrebbe adoperare dinanzi al voto politico: «se una pellicola appartiene al pubblico – scrive Rosati – allora anche una Nazione è della sua Popolazione; lo spettatore in sala o l’elettore che si reca al voto deve ricordarsi che ha delle precipue responsabilità: sapere giudicare e avere una opinione.»
Altro aspetto di assoluto rilievo del saggio di Rosati è sicuramente costituito dal ricorso nelle sue analisi all'”interdisciplinarità”; “interdisciplinarità” che peraltro costituisce, come potrebbe ben testimoniare chi avesse già letto altri suoi testi, l’abituale modus operandi dell’autore, finendo con il costituire la vera e propria “cifra” della sua produzione.
Soprattutto, è evidente nel lavoro ermeneutico svolto da Rosati in merito alla critica cinematografica, il frequente ricorso ai tòpoi letterari e agli autori cardine della sua formazione, su tutti Mario Praz, fra i più grandi anglisti e critici letterari del ‘900, da cui Rosati desume il metodo della “integrazione”. Per Rosati, del resto, la Settima Arte non è «in possesso di un suo specifico e, quindi, per analizzarla adeguatamente è necessario avvalersi di altre fonti, tra tutte, la Letteratura.»
In questo clima di interdisciplinarietà , sfilano nelle pagine di Cinema e Società molti degli autori “feticcio” di Rosati, dal grande regista nipponico Akira Kurosawa a Francis F. Coppola, al già citato Paolo Sorrentino, dal semiologo Roland Barthes agli amati scrittori Italo Calvino e Yukio Mishima, dall’orientalista Giuseppe Tucci all’anglista-sciamano Élemire Zolla; e vanno enucleandosi molti dei temi cari all’autore: Tradizione, rivoluzione, arti marziali, ricerca ad ampio spettro sulla spiritualità, letteratura, teatro.
Cinema e società si costituisce non solo come un ottimo vademecum per orientarsi nella produzione cinematografica della decade appena trascorsa (si passano in rassegna, ad esempio, i “sorrentiniani” La grande bellezza (2013), Youth (2015); Don Jon (2013) del duo Joseph Gordon-Levitt/Scarlett Johansson), ma come un vero e proprio itinerario nell’immaginario collettivo della postmodernità in generale, percorrendo in lungo e in largo, caleidoscopicamente, la produzione cinematografica mondiale espressa a cavallo fra la seconda metà del secolo scorso (forte è la componente delle produzioni anni ’70) e questi primi vent’anni di XXI secolo.
Cinema e Società, dunque, va a fare il paio con l’altro volume dedicato da Rosati alla teoria cinematografica Lo schermo immaginario, uscito nel 2016, costituendone la naturale continuazione e contribuendo assieme ad esso a comporre un quadro esaustivo dell’idea di cinema dell’autore.
*Cinema e Società. Al di là della critica, Riccardo Rosati, Tabula fati, 2020, pp.176, euro 15,00