Mentre in Italia si rottamano i campioni e si ammainano le bandiere (vero, Moratti? Giusto, Elkann? D’accordo, Galliani?) Juan Sebastian Veron è vicino al suo clamoroso ritorno sul rettangolo verde. Il centrocampista argentino, 38 anni, aveva annunciato l’addio al calcio soltanto un anno fa. Adesso si va verso l’ufficialità: vestirà ancora la casacca dell’Estudiantes di La Plata, almeno così giura il direttore sportivo del club Augustin Alayes che non ha nascosto l’entusiasmo per un ritorno in campo che pare a dir poco incredibile.
Bisogna pur dire che la decisione dell’ex centrocampista di Sampdoria, Lazio, Parma e Inter è affascinante quanto rischiosa. Ma Veron, se tutto filerà liscio e se sarà in grado di far pesare nel campionato argentino tutta la sua classe, rischia di trasformarsi in una leggenda vivente del calcio mentre, dall’altra parte del globo terracqueo i campioni vengono liquidati senza troppi patemi d’animo.
La storia di Alex Del Piero, frettolosamente spedito nell’orbe australe dopo oltre vent’anni di onorato servizio alla corte della vecchia Signora del calcio italiano, è ancora una ferita aperta. Per i tifosi della Juventus un vero e proprio sfregio che li ha uniti, nella contestazione verso una dirigenza a dir poco ingrata, persino agli anti-juventini. Ma non è l’unico benservito clamoroso, il trend è in disperata ascesa. Vedete, ad esempio, l’epilogo della storia nerazzurra di Dejan Stankovic, allontanato d’imperio dalla rosa dell’Inter. Si dice che non goda della fiducia del nuovo allenatore Walter Mazzarri. E perciò è finito nel dimenticatoio. Forse tornerà in Serbia.
Lo stesso destino è stato riservato al milanista Massimo Ambrosini. Una carriera da eterna promessa, costellata da troppi infortuni e limitata dai troppi ‘top player’ che gli venivano anteposti a centrocampo. In altri tempi (Dio stramaledica la sentenza Bosman!) sarebbe diventato una bandiera rossonera più che un calciatore da dismettere se troppo in là con gli anni. Si accaserà alla Fiorentina, probabilmente.
Per tornare in casa Inter, l’ultimo giocatore in saldo è stato Antonio Cassano. Non si offenda il bravo Belfodil: il destino di Fantantonio, alla soglia dei 31 anni, non può essere quello del campione in pensione. Andrà a Parma, Cassano, e gli toccherà risorgere per la seconda volta nella sua carriera. Ma stavolta, potrebbe togliersi soddisfazioni che sono toccate solo a gente troppo presto messa all’angolo che poi si è presa la rivincita con tutti gli interessi. Tipo Roberto Baggio. Dato per bollito, risorse tra Brescia e Bologna e giocò pure i Mondiali del ’98. Fu, per unanime giudizio, tra i migliori della squadra azzurra che infranse le sue speranze di vittoria in Francia contro la traversa colpita, nella ‘solita’ e sfortunata roulette dei calci di rigore, da Gigi Di Biagio (che, a proposito, è il neoallenatore dell’Under 21, auguri!) nel match contro i padroni di casa che poi si aggiudicheranno la Coppa del Mondo.
In Italia il pallone non ha pazienza. Ma il campo, in fondo c’entra ben poco. Non tirassero fuori le storie sulla pressione dei tifosi che vogliono i risultati. Sono ben altre, e molto meno poetiche, le logiche che spingono le società a disfarsi di gente che rischia di diventare troppo pesante negli spogliatoi, in campo o per chi segue la partita dagli spalti. In fondo, è proprio il caso di Veron che manda a farsi benedire le spigolose e ipocrite discettazioni giustificatrici: non ci pare proprio che l’Argentina sia una terra in cui il football sia seguito con algido distacco…
@Barbadilloit