Fare di uno dei cattivi dell’irrealistica serie Batman il protagonista di un film “neorealista”, che inventa un antefatto alla serie medesima, è la paradossale scommessa di Joker di Todd Phillips, dove un Joaquin Phoenix scheletrico – è dimagrito di venti chili per l’occasione – imperversa anche troppo. Il regista che si è fatto un nome con la popolare serie Una notte al museo oppone – tenendo però ben distinte le loro storie – al futuro rivale del bellissimo e ricchissimo Bruce Wayne/Batman un individuo bruttino e poverello, che in origine non pare nemmeno tanto cattivo, se non fosse che cattiva è la società…
Joker è il soprannome di un artista di strada quarantenne, che si trucca abitualmente da pagliaccio. Però non fa ridere nemmeno i bambini ricoverati negli ospedali e poi si fa pestare da giovanissimi teppisti. Insomma, attira su di sé continue disgrazie. La sua infanzia è stata densa di sevizie, la sua maturità è una fila di fallimenti, mentre la madre (Frances Conroy, interprete perfetta), ex cameriera dei Wayne, s’avvicina alla fine. Neanche Joker si sente troppo bene: la sua sola conquista femminile (Zazie Beetz) pare più sogno che realtà e lui non può più curare la propria malattia mentale dopo che l’assistenza sociale è stata tagliata.
Siamo infatti nel 1981, epoca reaganiana, come si deduce dall’uscita nei cinema di Gotham City (alias New York City) del film Blow Out di Brian De Palma. I ricchi sono sempre più ricchi, i poveri sono sempre più poveri. Tra i primi, Bruce Wayne – che Christian Bale interpreterà nel Cavaliere oscuro di Christopher Nolan, dove Joker sarà Heath Ledger – è un bambino felice, infatti non ha ancora perso i genitori a opera di un criminale. Tra i secondi, Joker non si rende conto della propria incapacità. Intorno, la città è coperta d’immondizie per un interminabile sciopero e la violenza dilaga.
L’aver ideato questo pregresso per il personaggio di Joker ha fatto abboccare la giuria dell’ultima Mostra di Venezia 2019, che a Joker, inteso come film, ha dato il Leone d’oro. Le giurie dei festival sono regolarmente scelte tra filantropi che sperano di raddrizzare i torti del mondo coi loro verdetti. Non è così, ma talvolta quei verdetti spianano un sentiero che porta lontano. Per consolidare le sue ambizioni e quelle di Phoenix, Phillips ha cercato gli opportuni quarti di nobiltà per puntare anche all’Oscar per il film e, più facilmente, per quello all’attore protagonista.
Phoenix s’immedesima nel Robert DeNiro di una volta e rende il suo demente/ridente un ricalco del cupo autista di Taxi Driver, con velleità nel mondo dello spettacolo ispirate a quelle del comico incapace di Re per una notte: entrambi film di Martin Scorsese, entrambi interpretati proprio da DeNiro, che in Joker ha un piccolo ruolo: recita da spietato conduttore tv, con un minimo numero di scene e di battute, ma con un peso determinante, quello di un detonatore, per l’esito della vicenda.
Il cinefilo in cerca di genealogie filmiche noterà che il métro come scena di un triplice delitto di borghesi scostanti viene da New York ore 3: l’ora dei vigliacchi di Larry Peerce; che il clima di rivolta urbana viene da Il giustiziere della notte di Michael Winner; che la morte in diretta viene da Quinto potere di Sidney Lumet. Ma lo spettatore che cerchi in queste due ore la ragione del Leone d’oro forse non la troverà.
*Joker**1/2 – Drammatico, Usa, ‘122 – Regia di Todd Phillips, con Joaquin Phoenix, Frances Conroy, Zazie Beetz, Robert DeNiro, Brett Cullen, Dante Pereira-Olsen
(dal Messaggero del 3 ottobre 2019)