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Genova. La mostra “Anni Venti in Italia. L’età dell’incertezza”: arte per comprendere il pre-fascismo

by Mario Bozzi Sentieri
15 Ottobre 2019
in Cultura
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Anni Venti, la mostra a Palazzo Ducale a Genova
Anni Venti, la mostra a Palazzo Ducale a Genova

Nel 1982, a Milano, fu la mostra “Gli anni Trenta – Arte e Cultura in Italia”, organizzata dal Comune, sindaco il socialista Carlo Tognoli, a rompere con l’antistorica chiusura nei confronti delle esperienze estetico-letterarie ed artistiche sotto il fascismo. Un varco si aprì nel muro delle incomprensioni e fu una scoperta salutare. Nel 1984, a Roma, la mostra “L’economia italiana tra le due guerre, 1919-1939”, sotto la  regia di Gaetano Rasi e Giano Accame, conquistò il pubblico e la critica, offrendo ulteriori squarci per una lettura non scontata del Ventennio. Tra il 1995 ed il 2000, grazie all’anticonformismo dell’indimenticabile Marzio Tremaglia, Assessore alla Cultura della Regione Lombardia, la conoscenza del periodo si arricchì grazie anche ad una mostra fondamentale come “Muri ai pittori”, dedicata alla pittura e alla decorazione murale dagli Anni Trenta, esperienza capitanata da Mario Sironi. Da allora molta strada è stata percorsa. La rilettura/rivalutazione culturale del Ventennio è ormai un dato acquisito. Questo permette analisi più approfondite e meno scontate del periodo, analisi – possiamo dire – “tra le righe”, problematiche, come ci conferma la mostra “Anni Venti in Italia. L’età dell’incertezza”, da poco aperta al Palazzo Ducale di Genova.

Scandito da nove temi guida, dai titoli suggestivi (volti nel tempo, attese, metropoli, irrazionalità, alienazione …)  il percorso, curato da Matteo Fochessati e Gianni Franzone,   offre, con circa cento opere,   un’immagine  affascinante degli Anni Venti, giocata  sulla complessità storica, politica, sociale e culturale del decennio e sull’impatto che i suoi precipui caratteri esercitarono sulle ricerche estetiche del tempo, in particolare sulla produzione pittorica e plastica.

Gli Anni Venti in Italia rappresentarono, infatti, una cruciale fase di passaggio tra il trauma della Grande Guerra – che comportò, tra l’altro, il crollo delle certezze e dell’ottimismo che avevano pervaso il primo decennio del nuovo secolo – e la crisi mondiale del decennio successivo, sfociato nel crollo di Wall Street dell’ottobre 1929.

La lunga ombra della guerra, la travagliata transizione a un’economia di pace in un quadro internazionale di grande instabilità, il passaggio da una stagione di rivendicazioni sociali e di primi esperimenti di partecipazione politica di massa, l’influenza dell’esperienza rivoluzionaria di Fiume a livello sia politico che  di costume, le spinte ai cambiamenti culturali e nei rapporti di genere ereditate dalla Belle Époque vengono a rappresentare un’autentica “serra calda” da cui trasse ragioni  e realizzò consenso il fascismo.

A questa complessità di eventi corrispose, nel campo delle arti figurative, un’ampia varietà di declinazioni linguistiche che rappresentarono il termometro di un’epoca convulsa.

Nonostante la storiografia abbia spesso messo in rilievo il carattere ruggente e sfavillante di tale decennio, gli Anni Venti si presentano come un’epoca caratterizzata da una generale sensazione di inquietudine che, in campo pittorico, trovò riscontro in una vasta gamma di enigmatiche rappresentazioni di attesa, ma che alimentò contemporaneamente – nell’aspirazione a una fuga verso l’altrove – l’esplorazione di universi spirituali, irrazionali e onirici, l’evasione verso dimensioni edonistiche e l’aspirazione a un ritorno al passato, condensata nella celebre definizione di “ritorno all’ordine”.

Di questo coacervo di “incertezze” e di volontà latenti la mostra “Anni Venti” offre un ampio mosaico, le cui singole tessere sono rappresentate dalle opere di tutti i principali artisti del periodo, tra cui Carrà, Casorati, de Chirico, Arturo Martini, Severini, Sironi, Depero, Prampolini, Wildt. Ognuno a declinare il suo tempo  tra incanto e stupore, aspirazione all’eternità e  dimensione cristallizzata del fluire dell’esistenza, modernismo macchinista e nostalgia per il passato. Il fascino di questa mostra sta proprio nella straordinaria varietà linguistica degli artisti esposti, che rimarcano il carattere culturalmente eterogeneo, autoritario ma non totalitario, del fascismo,  nel quale convivono orientamenti artistici diversi tra loro. L’arte di Stato è altrove. Qui a regnare sono   la creatività e l’inquietudine. 

@barbadilloit

 

Mario Bozzi Sentieri

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Tags: anni ventiBarbadillogenovamario bozzi sentierimostrapalazzo ducalepre fascismo

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