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RitrattiDi#Sport. Andy Ruiz il gordo schiacciasassi (sotto forma di budino)

by Marco Ciriello
8 Giugno 2019
in Boxe, Sport/identità/passioni
1
Andy Ruiz
Andy Ruiz

Una affettatrice sotto forma di budino, ecco Andy Ruiz (32 vittorie – 21 per ko – e una sconfitta in carriera), e con lui, con la sua goffaggine, la rivincita dei gordos. Il pugile ciccione, bianco, col collo di cemento e la pancia da Narcos messicano – tutto riconduce a quell’immaginario, dall’arzigogolato tatuaggio sulla schiena: ‘victorious’ ai calzoncini con la scritta ‘destroyer’ sotto la pancia, fino ai guantoni dorati e all’altare votivo che si porta disegnato sul petto –: un inno contro le palestre, uno che c’è entrato, a 10 anni, senza smettere di mangiare i dolci che amava ed ama, che si è allenato, ha acquisito la tecnica senza buttare giù i chili di grasso che si portava dietro, un salvagente che alla fine gli ha dato ragione. Ciao diete, addio dietologi, ve lo dice il campione dei massimi, il primo messicano della storia anche se col passaporto statunitense. Volendo parafrasare Drew Bundini Brown, assistente di Muhammad Ali, il pugile Ruiz non punge come un’ape ma come un calabrone, e non vola come una farfalla ma come un Airbus A380, e sulla pista del Madison Square Garden di New York c’ha lasciato Anthony Joshua – 22 vittorie (21 per ko) in 22 incontri –, svogliato, pigrissimo, e con la testa altrove.

Le braccia corte – ma molto precise – di Andy Ruiz lo hanno colpito due volte alla tempia imbambolandolo, il resto era – come sempre – nella testa colpita, e prima ancora nell’approccio al match, che il campione “AJ” ha sottovalutato, regalando – di fatto – ad Andy Ruiz il titolo mondiale dei massimi. È il trionfo della pratica sull’estetica, della normalità sull’eccezione, nessuno avrebbe scommesso su Ruiz, e avrebbe perso, ora tutti lo paragonano a Homer Simpson, col divano e la birra, ma intanto i pugni di Ruiz, seppure lenti, hanno fruttato, e Joshua ha pagato il fatto di non saper incassare; insieme, i due, ci dicono che la boxe è in un momento di transizione, manca di figure capaci di incarnarne lo spirito, e mentre si aspetta che arrivino, vince la cattiveria, in questo caso di quello più “sfigato” ma con maggior verve. Uno strano tipo di campione, che se da una parte alimenta il sogno americano – un tempo, a detta di Bob Dylan, il maggior poeta dell’anno era il campione dei massimi – in linea con quello trumpiano, è l’uomo medio a farcela e non quello “giusto”, è quello che porta con sé un carico maggiore di egoismo e non una causa più grande e allargata all’oltrering. Il lato molle del pugilato che però non soccombe, anzi, sfonda, riuscendo a portare a casa un titolo stupendo tutti, riuscendo a riportare la boxe – ormai parte integrante del palinsesto notturno delle tivù di ogni parte del mondo – in prima pagina. Ruiz ha dimostrato che quando si è trattato di martellare il grosso, il campione, il migliore, l’ha fatto senza timore, dimenticando il suo handicap fisico, la totale assenza degli addominali: regalando, più o meno volontariamente, un nuovo tipo di eroe ai bambini che sono grassi e che vengono presi in giro, insomma se non sposta la storia della boxe – aggiunge solo chili – sposta quella dei ragazzini, presi in giro, che potranno rivendicare un nuovo modello. Joshua sembrava imbattibile, eppure ha perso, ha dovuto cedere davanti alla volontà – che poi è la vera grande lezione di Muhammad Ali – perché non basta averci il fisico – e lui lo aveva, secondo i canoni dei massimi – ma ci vuole anche la testa, e quella gli è mancata. Sette riprese per mettere ko il campione, in un incontro che non era il suo, a sfidare Joshua doveva esserci Jarrell Miller: squalificato perché positivo al doping. Joshua ha ripiegato su Ruiz – un ventinovenne come lui, che sembrava battibile – e lo ha anche steso con un diretto al mento, poi si è seduto, subendo una rissa da bar più che un incontro di pugilato, uscendone malconcio, ma con una grande lezione da portare a casa, la più importante che viene dal ring: mai, mai, giudicare un pugile prima d’averci combattuto. Tanto meno uno gordo. [uscito su IL MATTINO]

@barbadilloit

Marco Ciriello

Marco Ciriello

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Tags: ( che ricopre la carica di presidente di Trenitaliaguidata dal professor Tiziano OnestiL’evoluzione della Puglia vista attraverso il rapido cambiamento delle sue infrastrutture strategiche. Aeroporti di Pugliama senza deleghe operativeprecisa)rappresenta una delle realtà più importanti per la valorizzazione del territorio

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