Martedì 12 mi giunge una e-mail di Marco Travaglio. Asserisce di trovarsi in Marocco, che gli hanno rubato portafogli e telefono e di essere sottoposto a un ricatto avendo tradito la moglie con una minorenne: e foto hard potrebbero esserle ostese. Richiede pertanto un urgente soccorso fraterno. Lo stesso giorno coloro che si trovano sulla rubrica della mia posta elettronica ricevono da me lo stesso tipo di messaggio. Se Marco e io andassimo con minorenni non lasceremmo tracce; e chi mi conosce sa quanto sia restio a muovermi da Napoli. A novembre bussavo analogamente a denari dalla Costa d’Avorio. Qualche coglione ha persino abboccato, e in alcuni casi, mosso a pietà (pretendevano il mio ringraziamento…), li ho ristorati del danno dovuto solo alla loro stupidaggine.
Ho scritto più volte di non essere per principio contrario a “internet”. È uno strumento neutro, che può essere utile a chi, dotato di intelligenza e cultura, se ne serve e non ne è schiavo. Ma il livello attuale di alfabetizzazione, e di nozioni possedute, è così basso che la gran massa ne è dominata. Dal piano politico a quello ideologico se ne può fare quel che si vuole, le si può far credere qualsiasi cosa: dalla terra piatta all’imminente fine del mondo con ritorno del Cristo Giudice al fatto che l’Aids non esiste. Perciò truffe siffatte sono ignobili: troppo facili, non implicano alcun rischio per chi le commette.
La truffa vera è un’arte: e il truffatore, se è un artista, va profondamente rispettato. Due fra i più bei films della storia lo insegnano: Totòtruffa, di Camillo Mastrocinque, con Totò, Nino Taranto, Ugo D’Alessio e Luigi Pavese, e Come rubare un milione di dollari e vivere felici, di quell’altro genio ch’è William Wyler, con Audrey Hepburn, Peter ‘O Toole, Hugh Griffith e Charles Boyer. Nei romanzi di Thackeray e Dickens è raccontato il duro tirocinio londinese alla truffa e al furto, compresa la paideia fatta a bambini dello sfilo dei fazzoletti. Questo oggi sarebbe impossibile perché quasi tutti adoperano schifosi pezzettini di carta. In Balzac la serie di truffatori è amplissima, e questo Maestro mostra che il successo rappresenta la loro consacrazione: più riesci a rubare, più in alto sei nella scala sociale.
Qualche anno fa fui vittima di un ingegnoso raggiro. Uscivo a Milano da un albergo di Corso Venezia, quasi ai Bastioni. Vengo avvicinato da un negro di mezza età, distintissimo. Mi chiede, in ottimo francese, se parlo questa lingua. Alla mia risposta affermativa, mi spiega di essere un medico laureato in un paese centrafricano e di essere iscritto a un’università italiana per riottenere la laurea da noi non riconosciuta. Esibisce documenti. Gli serve un aiuto per le spese di segreteria. Io ero del tutto affascinato. C’era un bancomat a pochi metri. Il massimo che potessi ritirare erano mille euro. Quando egli mi chiese se non vi fosse modo di trovarne altri mille, compresi di trovarmi di fronte a un simulatore: il quale aveva fatto lo sforzo di informarsi – e come? – su chi io fossi, sulla mia conoscenza del francese, sulla mia disposizione d’animo. Che volete? Dovevo denunciarlo? Il pover’uomo avrà avuto certo anche un palo (e dove: in albergo? alla Scala?) da compensare. Gli lasciai i mille euro, gli strinsi la mano e gli feci gli augurî. “Ecco un artista!”, grida Tosca quando Cavaradossi cade sotto le finte pallottole. Solo dopo si accorgerà ch’erano vere, e che ella a sua volta era stata truffata da quel genio di Scarpia, inutilmente pugnalato.
*Da Il Fatto Quotidiano del 15.2.2019
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L’anello al naso di Nino Taranto, finto funzionario dell’Ambasciata di Katonga, con la faccia annerita, è impagabile. Immagino che oggi il ‘Politically Correct’ non lo permetterebbe…
Pessimo il riferimento alla sfera religiosa, molto male anche la lode alla truffa.
Questo è un articolo di anti-cultura, stona non poco in questo sito.
Grandissimo articolo, altro che chiacchiere. Finitela di fare i bigotti.
Libero, quindi se truffassero i suoi genitori o nonni, sua moglie o i suoi figli, lei sarebbe contento? Se, con una mirabile truffa, la lasciassero senza una casa o senza i risparmi di una vita, lei loderebbe il truffatore? Non è stato mai, neppure una volta, ingannato in vita sua? Anche nelle piccole cose. Se lo fosse stato, come credo perché accade un po’ a tutti, qual è la sensazione che lei ha provato? Intenso piacere o amarezza e rabbia?
Lei può smentire, in coscienza, che truffare è male?
A parte quello che si può pensare dell’attuale società, lei crede che una società basata sulla truffa sia una società ideale?
Lei crede che sia corretto paragonare una fede religiosa bimillenaria al terrapiattismo? Lei crede che sia il caso di nominare ironicamente la figura centrale di una religione in un articolo che tratta di truffe? Non sarebbe stato meglio seguire un vecchio adagio come “gioca con i fanti, ma lascia stare i santi”?
Spero di non infastidirla con le troppe domande, ma sarei proprio curioso di capire cosa convince una persona a considerare un articolo che esalta la truffa con un condimento blasfemo un “grandissimo articolo”.
Giacomo, lei si è offeso per il riferimento alle sette millenariste pseudo cristiane, il che esclude una fede bimillenaria sempre atteso che sia il tempo a dar ragione all’una o all’altra religione. Sulla truffa ovviamente l’autore non mi pare che esalti il crimine come pretestuosamente legge la sua devozione offesa. Se non le spiace, qualche domanda gliela faccio io: che differenza c’è tra il suo approccio e il politicamente corretto imperante di cui, mi pare, lei si definisce avversario? Se è libertà, lo sia per tutti. Ma chi ama luoghi comuni di solito disprezza la libertà altrui. PS: confermo, articolo grandissimo che coglie nel segno e la sua polemica lo dimostra.
Libero, avrei scritto una lunga risposta, con una replica ad ogni sua affermazione, ma la conservo per dopo con la promessa che gliela farò eventualmente leggere, se lei sarà interessato; cerco però ora di partire da un terreno comune. Lei ha detto che il crimine non è stato realmente esaltato come, a suo dire, la mia devozione offesa mi ha pretestuosamente fatto leggere. Scrivere che la truffa è un’arte, che il truffatore va rispettato, fare i complimenti ad un bravo truffatore, celebrare i truffatori del cinema e della letteratura non è un’esaltazione del crimine della truffa? Questo è ciò che si legge nell’articolo.
Per rispondere alla sua domanda, il mio approccio è, spero, gentile e rispettoso, mentre il politicamente corretto inteso come problema è falso e capovolge il buonsenso.
È da maleducati approcciarsi ad una donna brutta e dirle che è brutta, c’è un problema col politicamente corretto se questo impone di dirle che è bella, è gentile e di buon senso evitare la domanda prima e la risposta poi.
Eventualmente non avessi risposto alla sua domanda, la prego di essere più esplicito e farmi comprendere dove esattamente sarebbero queste analogie tra il mio approccio ed il politicamente corretto inteso come problema.
Quindi Totò sarebbe un apologeta del crimine? No, Giacomo, il suo approccio è ideologico. Lo stesso approccio ideologico di chi impone una visione del mondo nel nostro caso del politicamente corretto. Contenuti differenti ma stesso risultato. Non è un caso se il Vaticano sta coi radicale chic ma questo è un altro fatto.
Non le contesto né la gentilezza né le buone intenzioni ma la invito a riflettere: di queste è lastricata la via dell’Inferno.
Isotta, come ogni artista, è al di là del bene e del male. È ovvio che per i comuni mortali la truffa sia un reato.
Libero, Totò è stato un comico che ha rappresentato la truffa in maniera scherzosa. Onestamente, vuole dirmi che questo articolo è scherzoso, paradossale o simili e sono stato io a non averlo capito?
Nando, l’articolo è stato scritto da un critico musicale, non si può quindi parlare di artista. Veda sopra la domanda a Libero, la prego.
Ma Isotta è anche scrittore e musicologo. Ha scritto anche un romanzo, anche se dietro pseudonimo.
Nando, questo continua a non fare di lui un artista. Ma il punto principale per ora resta capire se mi si vuole far credere che l’articolo è scherzoso, paradossale o simili e sono stato io a non averlo capito.
Giacomo, sì. E tu non ci hai capito nulla, detto con rispetto.
Libero, bene, quindi dovrebbe essere solo ironia o qualcosa del genere. Non sono ancora convinto di ciò, ma magari sarà solo la mia avversione per l’ironia stessa a farmi dubitare. Il sentimento opposto avrebbe spinto, sempre secondo questa per me strana interpretazione, sia l’autore sia lei a non considerare che qualcuno potrebbe prendere l’articolo sul serio e quindi a non chiarirne la natura; questo mi sembra in ogni caso un problema.
Per quanto riguarda la blasfemia, quella pare sia di moda e quindi purtroppo è facile che la gente ne sia attratta.
Credo che la II parte dell’articolo di Isotta sia stata fuori luogo. Come dire: meglio che mi truffino che mi diano una botta in testa per sfilarmi l’orologio… Totò ha rappresentato da grande artista una Napoli ed un’Italia povera, ingegnosa, talora off-limits come quella dei “Soliti ignoti”. Ma compiacersi per un raggiro, nel quale Isotta è voluto cadere, mi sembra esagerato, senza attaccarsi a moralismi di sorta…
Giacomo, lei da buon cattolico ha un approccio ideologico alle cose. Per cui, come nel Vangelo, o è tutto bianco oppure è tutto nero, o si è nel bene oppure si scade nel male. La sua mancanza di ironia (lo leggo dal suo commento che non ne ha o quantomeno la disprezza) non le consente di apprezzare l’articolo. Ma questo non la mette nella condizione di dire che l’autore fa apologia del crimine né che chi lo apprezza è un blasfemo. Credo, semplicemente, che sia una lettura che non faccia per lei come tante ce ne sono per me, a cominciare da Agostino i cui scritti lei riterrà pietra miliare dell’Occidente e che per me, invece, non valgono un solo verso di Lucrezio. Non è questione nemmeno di gusti ma di natura. Sia tollerante e non veda diavoli lì dove non ce ne sono. Saluti!
Libero, rifiuto il marchio dell’ideologia di cui vengo tacciato. Mi preme chiarire che la blasfemia di cui parlo è nell’articolo e non in chi lo apprezza.
Giacomo, ahimè confermo. Se avesse letto sine ira si sarebbe accorto che Isotta non fa altro che prendere in giro i millenaristi del terzo millennio, quelli che mettono Cristo sul disco volante per la fine del mondo invariabilmente vicina. Blasfemia, se c’è, è in chi propugna certe idee ridicole e queste sì vere bestemmie che anche lei condanna.