La violazione del copyright, entro certi limiti, non è poi così male. A svelarlo è uno studio dal titolo “The ‘Invisible Hand’ of Piracy: An Economic Analysis of the Information-Goods Supply Chain” prodotto da Antino Kim, professore presso l’università dell’Indiana.
Partendo dallo studio del comportamento di alcune case produttrici come la HBO, che permette ad esempio la diffusione largamente illegale di “Games of Thrones” tanto da essere la serie tv più piratata della storia, nel paper si rileva che tutto sommato un po’ di violazione del diritto d’autore è auspicabile. Il motivo è molto semplice. La possibilità di fruire gratuitamente dei contenuti fa sì che i produttori e i rivenditori non possano alzare i prezzi più di una certa soglia, poiché altrimenti anche le persone disposte a spendere qualche soldo per l’acquisto si orienterebbero sullo streaming pirata. I prezzi calmierati però invogliano più persone ad acquistare e non è raro che qualcuno abituato a guardare contenuti piratati ogni tanto si converta all’acquisto.
In sostanza, la pirateria svolgerebbe la funzione che nel mercato svolge la concorrenza. Ciò non vuol dire, sottolinea Kim assieme ai suoi collegi, che i produttori debbano incoraggiare la pirateria, ma “l’implicazione è semplicemente che, situato in un contesto reale, il nostro produttore e il rivenditore dovrebbero riconoscere che un certo livello di pirateria o la sua minaccia potrebbero effettivamente essere utili e dovrebbero quindi esercitare una certa moderazione nei loro sforzi antipirateria”.
I discorsi sui benefici di una certa dose di pirateria, in ambito informatico, non sono nuovi e vengono da lontano. Il caso di Windows è emblematico. Sin dalle prime versioni, le copie illegali hanno invaso i personal computer dei privati, senza che Microsoft mettesse in atto particolari azioni restrittive, concentrandosi molto nel controllo delle aziende e degli utenti commerciali, ma lasciando sostanzialmente stare i singoli. Questo comportamento ha fatto sì che il sistema operativo si diffondesse in modo capillare e diventasse uno standard. Ancora nel 2015 l’azienda faceva sapere che le copie piratate di Windows in circolazione erano una percentuale altissima.
Ciò non vuol dire che la pirateria sia un bene, perché chi si abitua ad usufruire di contenuti illegalmente mette in difficoltà anche i produttori minori che non possono reggere il danno come una multinazionale, ma in un macro scenario a quanto pare, spiega il professor Kim, gli scrocconi servono. Se lo dice lui ci crediamo.