Preferisco essere odiato per ciò che sono piuttosto che essere amato per ciò che non sono.
(Kurt Cobain)
Il soccer in America è nato come uno sport per europei comunisti. Poi arrivarono le gemelle Olsen e divenne uno sport per signorine. Alla faccia di un gigante del futbol, come fu Guido Ara, che proprio di femminucce in campo non ne volle vedere mai.
Negli Usa, il pallone non è mai rimbalzato dal lato giusto. Eppure qualche simbolo gli americani pure ce l’hanno. Uno di loro, che il cinema dell’Hollywood per ragazzi pretese essere addirittura il “calciatore più forte del mondo” lo conosciamo bene anche noi in Italia. Anche se oggi, dopo aver messo la testa a posto, ci è irriconoscibile.
“Primo americano che ha fatto gol in serie A, io molto contento” e giù una risata. Alexi Lalas con indosso la maglia del Padova non bucò una difesa qualsiasi ma addirittura quella invalicabile linea Maginot del Milan degli Invincibili. Il pallone in Italia è una cosa fin troppo seria, lui era uno che tutto faceva tranne prendersi sul serio.
Lunghi capelli ricci e biondicci, baffi e pizzetto. Giubbotto di pelle, camicione grunge, bandana in testa, anfibi: tutto tranne il paludato calciatore che, dal 1973 a tutt’oggi, rilascia sempre e comunque la stessa identica intervista del post partita. In tv ammise pure che beveva e si divertiva. Tiè. Suonava la chitarra, cantava, a volte pigliava delle topiche clamorose, per la gioia della Gialappa’s Band. Qualche notte, scappava via dal ritiro.
Oggi fa il dirigente del calcio americano, l’uomo immagine. Gli hanno tagliato la zazzera, gli hanno fatto la barba. Oggi è irriconoscibile rispetto alla meteora gioiosa che atterrò a Padova il 27 luglio del 1994.
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Da noi non ha lasciato proprio nulla, un ragazzone americano cui piaceva prendere il prossimo per i fondelli.