Papa Francesco ha dichiarato che, forse, sarebbe il caso di vendere le chiese chiuse. Cambiano i tempi, cambia la diffusione della popolazione, l’urbanocentrismo ha finito di spopolare quanto rimaneva delle aree interne. La crisi delle vocazioni non è che il pesce pilota della drammatica emorragia di fedeli che continuano a disertare le funzioni domenicali.
Perciò, come scrisse Jean Raspail ne “Il Campo dei Santi”, è bene dar retta (ancora?) al luogo comune popolare e far cassa per dar tutto ai poveri. Almeno, quelle chiese desolate e vuote troverebbero una nuova vocazione. Magari come supermercati, centri commerciali, parcheggi. Come accade, da qualche tempo, in Francia e più in generale in Europa.
C’è solo un dubbio, però. A prescindere dalla visione religiosa. Certo, siamo tutti consapevoli che sia il divenire la legge ineluttabile dell’umanità. Fa notizia che ad ammetterlo sia il Papa. La Chiesa, una volta tanto, ammette di essere soggetta essa stessa alla legge intuita da Eraclito da Efeso, proprio lei che s’immaginava eterna e, ai bei tempi, senza fine e senza neppure inizio, avocando a sé i cardinali antichi l’eredità politica del Senato e del princeps romano.
Chi urlasse allo scandalo, come spesso accade ai temi d’oggi, sarebbe in clamoroso ritardo. Fuori tempo massimo, ormai da decenni. Perché, come s’è preferita la lingua nazionale al latino ecclesiastico, come s’è preferita la schitarrata alla musica sacra, come s’è preferito l’impegno civico e sociale allo zelo religioso, così architettonicamente s’è preferita l’assemblea all’adorazione. Ma questa, è storia vecchia, trita e ritrita, spesso cavalcata per gli scopi più o meno disparati.
Detto tra noi, venissero sbaraccate e dismesse le chiese di recente costruzione, non si farebbe male nessuno. I templi circolari, da cui la luce arriva dall’ingresso o dal tetto e mai dall’altare, in cui il latino cede il passo a strani e infantili riquadri del Cristo banalizzato dei tempi nostri, non mancherebbero a nessuno. Nessuna voce, s’è levata quando antichi santuari – eredi di tradizioni millenarie ben più antiche del cristianesimo – furono modernizzati, banalizzati, svuotati dei riti a loro propri (come l’incubatio a Montevergine, di cui ci rimane oggi traccia solo nel teatro del grande Raffaele Viviani) resi grossi “stadi” dotati di ogni confort per il pellegrino-cliente.
Ma c’è un solo dubbio, dicevo. Inelubidile. Ezra Pound ci ha insegnato che il tempio è sacro perché non è in vendita. Ça suffit.
Le chiese non sono solo luoghi sacri, ma anche monumenti storici che testimoniano il radicamento nel nostro territorio del Cristianesimo avvenuto dopo il I secolo, un po’ come i vari monumenti dell’epoca greco-romana sparsi per tutta la Penisola. Venderle significa per l’appunto rinnegare questa nostra storia. E comunque, non prendiamoci in giro, qualora verranno messe in vendita, verranno sicuramente acquistate dagli islamici grazie ai soldi che gli inviano Arabia Saudita e Qatar, e trasformate in moschee. E chissà se dietro questo obiettivo di “aiutare i poveri”, in realtà non se ne nasconde un altro, quello di favorire il processo di islamizzazione, di cui il Vaticano post-CVII si è sicuramente reso tra i principali fautori.
Cialtrone rioplatense, il Pampero andrebbe cacciato dai fedeli come Gesù fece nel Tempio…
Non ho mai visto un povero italiano aiutato dalla Chiesa.