“Un’offerta al grande dio del calcio”. Così Eric Cantona, nel film “Il mio amico Eric” di Ken Loach, descrive la sua giocata più bella, un assist al compagno di squadra Irwin nella sfida contro il Tottenham. Chissà se Imperio Carcione userebbe le stesse parole per definire il gol, realizzato direttamente su calcio d’angolo, che ieri, al secondo minuto di L’Aquila-Teramo, ha propiziato la promozione dei padroni di casa nella Prima Divisione di Lega Pro, facendo esplodere in un tripudio di gioia il vecchio stadio “Tommaso Fattori”.
L’Aquila-Teramo non è stata solo una partita di calcio. Il ritorno dei rossoblù nell’ex serie C1, a tredici anni dall’ultimo spareggio vinto e a nove dall’ultimo rovinoso fallimento, è molto di più di un risultato sportivo. E’ il riscatto di un’intera città che, dopo il sisma del 2009, fatica ancora a rialzarsi e prova ora a farlo attraverso il pallone. Il festoso e rumoroso corteo inscenato dal tifo organizzato lungo il Corso puntellato, nel cuore del centro storico, è stato uno dei momenti più intensi della giornata, il simbolo di un’osmosi tra le vecchie pietre cittadine e un popolo che non sembra avere alcuna intenzione di abbandonarle.
E’ stata anche l’occasione per riscoprire un po’ di sano campanile: la vittoria contro i cugini teramani ha rappresentato la rivincita contro un Abruzzo costiero che, dominante dal punto di vista economico e mediatico, non ha mai amato veramente il proprio capoluogo di regione, venendone peraltro ripagato con la stessa moneta, ovvero un miscuglio di antagonismo e senso di alterità. A sostenere gli aquilani in Curva Sud, invece, c’erano gli amici di sempre: Pontedera, Termoli, ma anche qualche esponente del tifo teatino, storicamente gemellato con quello rossoblù. Nonostante i limiti di capienza imposti dalla normativa vigente, il “Fattori” era praticamente gremito in ogni ordine di posti: migliaia di persone riversatesi in massa allo stadio, nella speranza di regalarsi finalmente una gioia che mancava da tanto, troppo tempo.
Così è stato, e non poteva essere diversamente. Troppe le delusioni degli anni precedenti, per poterne sopportare un’altra senza accusare il colpo. Due fallimenti in dieci anni, cinque anni di peregrinazioni tra i campetti abruzzesi in Eccellenza, una semifinale playoff persa a Prato al 99° minuto di gioco. Eppure un numeroso drappello di ultras ha sempre tenuto accesa la fiaccola della speranza: da Alba Adriatica a Ripa Teatina, da Milazzo a Castelsardo (come recitava ieri uno degli striscioni esposti in Curva), c’è chi ha sempre creduto nella rivalsa. E, come è noto, alla fine vince sempre chi più crede.
Ora il sogno continua. La società, composta quasi per intero da imprenditori edili locali, sembra solida, sempre che i lavori della ricostruzione e i relativi pagamenti procedano senza intoppi. Sulle ali dell’entusiasmo per la promozione raggiunta, molti già parlano di serie B, categoria abbandonata nel lontano 1937 dopo l’incidente ferroviario di Contigliano, vera e propria Superga rossoblù, che decimò i componenti della squadra aquilana. Ma non è ancora il momento di pensarci, oggi si festeggia e basta. La vecchia regina d’Abruzzo ha spiccato di nuovo il volo.