Silvio Berlusconi torna in campo. Con il fido amministratore delegato Adriano Galliani, l’ex presidente del Milan acquista il piccolo, ma glorioso, Monza.
Sono passate intere settimane di inciuci, di annunci e poi in queste ore il passaggio di quote dalla famiglia Colombo al Cav s’è concretizzato. Tre milioni di euro, un decimo di quello che guadagna Cristiano Ronaldo alla Juve; il costo di un buon centrocampista per una medio-piccola. Quant’è strana la vita: proprio Berlusconi, che ha portato a nuovi e più alti il “professionismo” nel calcio, riparte da una realtà piccola dopo aver mollato il Milan del quale – raccontano le cronache – non reggeva più la macchina.
Sia come sia, il Monza è una delle società gloriose del calcio provinciale italiano. Galliani, in sede di presentazione, se n’è dichiarato tifoso da sempre. Un furbo di tre cotte: ha reso onore e gloria, in un sol motto, alla militanza rossonera e dissipato le voci che lo dipingono da anni come un vecchio gobbo juventino in servizio a Milanello.
A dirla tutta, non è la prima volta che le strade del Berlusconi pallonaro e quelle del Monza s’incrociano. Alla fine degli anni ’90, con il ritorno in B dei biancorossi brianzoli, la squadra divenne una sorta di cantiere milanista. Dove mandare calciatori più o meno in esubero (glorie di provincia come il bomber Cosimo Francioso e promesse mai sbocciate come il liberiano Zizì Roberts).
Ora in Brianza sognano in grande. E sperano che, finalmente, si spezzi il tabù (maledettamente pop, citofonare Renato Pozzetto) secondo cui, in terra di Lombardia, così poco distante dalla Milano di Inter e rossoneri, “Il Monza non può venire in Serie A”
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