L’annunciato accordo fra Santa Sede e governo cinese, riguardante la nomina dei vescovi in Cina, ha ancora una volta creato un grande interesse attorno alla Chiesa. Al di là del gioco di posizioni, sembra corretto cercare di analizzare la situazione a bocce ferme, in attesa di capire cosa prevede veramente l’accordo, che al momento in cui si scrive è secretato. Come si vedrà, il giudizio su questa operazione è piuttosto difficile e la riuscita della stessa è appesa ad un filo.
Situazione attuale e accordo
In Cina, si sa, esistono due chiese “cattoliche”. La prima è la Chiesa cattolica vera e propria, definita “sotterranea”, in comunione con Roma ma perseguitata dal governo che, come tutti i governi autoritari, vede nel cattolicesimo libero un pericolo per la propria sopravvivenza. La seconda è la “Chiesa Patriottica”, creata dal Partito Comunista, che ufficialmente non riconosce il Papa e ha propri vescovi ordinati illecitamente. Come è comprensibile, le due strutture non sono a compartimenti stagni ed è logica un’osmosi, ma partecipare alla Chiesa sotterranea per un cinese è un rischio. Al momento alcuni vescovi e sacerdoti non allineati al governo sono infatti in carcere e di loro non si sa nulla.
L’accordo fra Santa Sede e Cina, secondo indiscrezioni, sarebbe volto a sanare questa situazione. La “Chiesa Patriottica” riconoscerebbe il primato del Papa, dunque tutti i cinesi potrebbero dirsi fedeli alla massima autorità cattolica senza timore di essere perseguitati. I vescovi locali però sarebbero nominati dalla Santa Sede su proposta del governo, in modo da evitare vescovi invisi all’autorità civile. La problematica si gioca proprio su questo punto.
I vescovi attualmente scomunicati perché non in comunione con il Papa, verranno quindi accettati e diventerebbero legittimi? Gli attuali vescovi sotterranei che fine faranno, visto che sono palesemente in situazione di scontro con il governo?
Prospettiva geopolitica
Una chiave di lettura dell’accordo è di natura geopolitica.
In questo periodo storico la Cina sta cercando di espandere la propria influenza e in Asia sta spendendo soldi ed energie per costruire la nuova “Via della seta”. Se l’operazione riuscisse, Pechino diventerebbe talmente importante, che l’asse geopolitico si sposterebbe necessariamente dall’Oceano Atlantico all’Oceano Pacifico. In questa ottica, la diplomazia vaticana non dovrebbe certo starsene con le mani in mano, ma cercare un modo per porre la Chiesa in posizione avanzata sulla nuova direttiva socio economica. Va inoltre detto che se la Cina diventasse davvero il nuovo centro del mondo, difficilmente potrebbe rimanere la dittatura sanguinaria che è attualmente, così come difficilmente potrebbe tenere aperti i campi di concentramento (Laogai) e vietare la libertà di espressione e di culto. Il Vaticano sta quindi agendo in previsione di questi cambiamenti, da molti giudicati inevitabili? Il tentativo è di entrare in una Cina più potente e più libera? È una scommessa, che però può anche finire male.
Prospettiva religiosa
Va sottolineato che il governo cinese accarezza da tempo l’idea della “sinicizzazione”, che sarebbe un tentativo di porre il cattolicesimo (e le altre religioni) in un’ottica di sostegno al governo, infiltrandolo con caratteri espressamente cinesi che non sempre però sono in linea con la dottrina. Per i fedeli rimasti nella Chiesa sotterranea la fedeltà dottrinale è una bandiera tenuta alta a costo di sacrifici enormi che ora rischia di essere messa in discussione. Va inoltre sottolineato che, stando alle parole di Gesù Cristo, “nessuno può servire due padroni” e quindi risulta difficile aderire ad un progetto di inculturazione forzata, pieno di contraddizioni, che per molti risulta innaturale.
Resa incondizionata o opportunità?
Uno dei motivi dello scisma ortodosso deriva anche dal tentativo di sottomettere la Chiesa d’oriente all’imperatore. Anche in tempi recenti la Chiesa cattolica si è difesa dai tentativi di ingerenze. Basti pensare che Papa san Pio X fra le prime azioni da pontefice, eliminò i privilegi degli imperatori cattolici di porre veti sul conclave. Notare che proprio Pio X venne eletto perché Francesco Giuseppe pose il veto sul cardinal Rampolla. Quello fu l’ultimo caso “legale” di ingerenza di un governo in una nomina ecclesiastica.
Ufficialmente e a rigore di diritto canonico, nessuna autorità esterna può anche solo presentare un vescovo (canone 377), per non minare l’autonomia della decisione papale. La Cina dunque godrebbe di un privilegio non previsto. Il maggiore oppositore dell’accordo, il cardinale Zen, commenta piuttosto duramente, accusando da mesi di svendita e tradimento sia il Segretario di Stato Parolin che il Papa: “Se i vescovi illeciti e scomunicati vengono legittimati e i vescovi legittimi sono forzati a ritirarsi, i vescovi legittimi delle comunità sotterranee non dovrebbero preoccuparsi della loro sorte? Sacerdoti e fedeli dovranno presto obbedire e rispettare coloro che oggi sono illeciti e scomunicati, ma vengono legittimati dalla Santa Sede grazie alle pressioni del governo cinese. Quali notti di dolore essi devono sopportare”?
Secondo invece il direttore di AsiaNews, padre Bernardo Cervellera, ci sono sia punti positivi che negativi. Cervellera sottolinea però che nulla si sa riguardo una possibile fine delle persecuzioni. Il commento è al momento il più utile e autorevole e rimandiamo anche ad esso.
Dal canto suo il Papa, di ritorno dal viaggio sul Baltico (dove ha ricordato le vittime del comunismo), si è preso la responsabilità dell’accordo, ammettendo di capire che molti cinesi della chiesa sotterranea non capiranno, in virtù delle sofferenze passate. Francesco ha però ribadito che da ora le nomine dei vescovi passeranno tutte dal Papa: “è un dialogo su eventuali candidati, ma nomina Roma, nomina il Papa e preghiamo per le sofferenze di alcuni che non capiscono o che hanno alle spalle tanti anni di clandestinità”.
È accettabile?
Dunque, al netto delle valutazioni geopolitiche dettate dalla real politik e da quelle teologiche, un accordo di questo tipo è accettabile? Fino a pochi giorni fa il governo cinese ha divelto croci e perseguitato sacerdoti, senza contare l’utilizzo smodato della pena di morte (proprio di recente esclusa definitivamente dal Catechismo della Chiesa Cattolica) e lo schiavismo nei laogai. La domanda a cui al momento non c’è risposta, dato che l’accordo è secretato e dunque avvolto dal mistero, è: la Chiesa fedele al Papa verrà ancora perseguitata? Se l’accordo sanerà la ferita della Chiesa in Cina, riportandola ad essere “una”, “cattolica”, “apostolica” e, soprattutto “romana”, libera di professare la propria fede, si tratterà di una vittoria. Se invece diventerà una chiesa pechinese e le persecuzioni non cesseranno, oltre che un fallimento sarà un atto di sottomissione inaccettabile.