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Sentite l’ultima che arriva dall’Inghilterra: il signor Khaled Bin Zayed Al Nehayan – cugino dello sceicco Mansour proprietario del Manchester City – voleva comprare il Liverpool. Per concludere l’affare ha offerto due miliardi di sterline, cioé 2,22 miliardi di euro, quindi poco meno di 4.300 miliardi di quelle che furono le vecchie lire.
A un’offerta del genere, l’americana Fenway Sports – che detiene la proprietà del club – ha risposto picche. Decisamente picche, fortissimamente picche. Tutt’al più accettiamo soci di minoranza ma non si vende niente.
La notizia sta facendo furore sulle prime pagine d’Inghilterra. Si raccontano i dettagli della trattativa stellare fallita: dei viaggi tra Abu Dhabi e New York, gli incontri tra mediatori e dirigenti tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018, e si vocifera, come fa il Mail, che nell’affare sarebbero stati coinvolti – in qualità di partner di minoranza – anche degli investitori cinesi.
Tuttavia, sarà stato l’exploit in Champions League, sarà il rinnovato potere di mercato del club che, grazie alle giocate e al carisma di Mohamed Salah vende magliette e diritti tv in tutto il Maghreb, gli americani hanno tenuto botta e hanno resistito alla tentazione fortissima e invincibile di accettare l’offerta che avrebbe messo a posto anche la trentesima generazione dei figli dei loro figli.
Non c’è troppo da gasarsi, sia chiaro: non è che Fenway abbia rifiutato perché ha voluto anteporre il valore dello sport a quello del denaro. Il pallone è un affare e solo a questa logica rispondono i padroni del football in giacca a cravatta.
Semmai c’è da notare come il calcio ci regali l’ennesima metafora della realtà con la quale, volenti o nolenti, siamo costretti a fare i conti. Un bignamino, l’ennesimo, sul funzionamento della globalizzazione: l’Europa non ha altro che il proprio prestigio (in questo caso pallonaro) ma non ha gli strumenti per “difenderlo” economicamente: i soldoni, quindi le uniche armi serie per andare alla guerra commerciale (e quindi politica internazionale), non riposano più nei forzieri del Vecchio Continente ma rimbalzano sulla via della Seta, ballano sui conti online della finanza di Rockerduck (e zio Paperone, ancora legato alla terra, al deposito languisce) e illuminano le Notti d’Oriente.
La provenienza più disparata non signiifica che i ricconi siano diventati di più, tutt’altro: loro sono diventati ancora più ricchi proprio perché il loro club perde ogni anno centinaia e centinaia di tessere.
Un po’ come la Grecia antica sotto l’impero di Roma ma con molte meno chance (reali) di influenzare un ceto dirigenziale, a livello globale, che vive (solo) di numeri, cifre, incassi, avanzate e offensive. E tutto iniziò quando le polis, per farsi la guerra, iniziarono a trafficare coi danarosissimi re di Persia.