I giapponesi. I tifosi ripuliscono gli spalti, la squadra eliminata dal Belgio lascia lo spogliatoio lindo e pinto con il biglietto “grazie” in russo. Holly (non c’è altro paragone, metafora possibile per il pallone del Sol Levante) s’è aperto una ditta di pulizie e mo’ fa concorrenza a Lotito.
Neymar. Un campione vero. Un grande calciatore, un esempio per le giovani generazioni che meriterebbe grossi e immensi riconoscimenti al suo talento. Tipo il premio Oscar per la sceneggiata più cretina contro il Mexico.
Mbappelè. In principio fu la Perla Nera. E giù fino a ‘o Ney (leggi sopra) sbarcando infine sul talentino francese. Passando per l’americano stanco Freddy Adu (te lo ricordi?) e per la ricerca spasmodica di Tavecchio a casa di Zambrotta. La fantasia non abita nel mondo del calcio.
Cristiano Ronaldo. Forte, fortissimo. Cattivo. Parlarne come fosse il Joker di Batman Messi.
Leo Messi. Forte, fortissimo. Buono, buonissimo. Parlarne come fosse un Superman con la timida tenerezza di Hello Spank.
Il calcio africano. Non vince mai niente eppure alla vigilia fa sempre paura. Un buon pronostico è come un caffé: non si nega a nessuno. Dite, rassegnati, che l’Africa è un continente che ha bisogno di riscatto salvo poi ricordarvi che lo sport è l’oppio dei popoli, almeno finché non esce qualche bella foto da far diventare virale.
La nazione nella nazionale. Dare il merito della vittoria o la colpa della sconfitta al fatto che in squadra ci siano oriundi, a seconda delle preferenze politico-feisbucchiane. Non siate precipitosi a incensare la Germania, altrimenti fate la fine di quello jettatore di Fassino.
“Solo così il calcio può crescere”. La colpa del fatto che noi siamo a tirare i piedi alle altre che invece se la giocano in Russia è di chi non vuole gli stadi di proprietà per i club, non concedere alle società di poter commercializzare l’aria della tribuna in comode e pratiche vaschette pronte così come impone la modernità figa. Se i bimbi non diventano campioni è perché i loro tirchi papà non spendono 150 euro per una maglietta di plastica.
Tiquitaca. L’esempio, l’orgasmo per tutti gli amanti veri dello sport. Se lo fa la Spagna è dominio incontrastato che, alla peggio, quando perdi ai rigori contro la Russia più scarsa della storia, può essere sterile. Se lo fa il Giappone negli ultimi minuti di una gara ormai priva di senso è odiosa melina, furbata incivile e antisportiva da parte dei più civili (leggi su). Non può andare in pensione, perché superare gli avversari con 34 passaggi in sette secondi è più bello di una sola finta di Crujiff.