Chiuse le urne, gli astragali ancora tintinnano per gli ultimi ripescaggi al proporzionale. Il dato, però, è chiaro: il vento del Nord dirada e allontana la nube rossa del Centro Italia; al Sud non c’è scampo: i Cinque Stelle hanno fatto cappotto.
Le frettolose analisi del giorno dopo hanno semplificato fino all’osso: il Centro-Nord vuole meno fisco e più sicurezza, mentre il Sud brama il reddito di cittadinanza promesso da Di Maio. In realtà, questa è una foto molto sfocata, almeno a Mezzogiorno. Perché qui il voto di massa, entusiastico, tributato al M5S è figlio della rabbia e della disaffezione che ormai nemmeno più i “masanielli” della sinistra sono riusciti a imbrigliare né a tenere a bada.
I due grandi sconfitti al Sud sono stati Vincenzo De Luca e Michele Emiliano. Fino a domenica, su di loro, un consenso sempre bipartisan e ben lontano dall’inquadramento tradizionale di un elettorato di stretta osservanza Pd. Anzi, De Luca ed Emiliano sono sempre stati sopportati più che condivisi, negli ambienti democratici.
Epperò è successo che in Campania e in Puglia, i Cinque Stelle hanno sbancato. Non hanno vinto nemmeno un solo uninominale, in due delle maggiori regioni italiane. Per De Luca la sconfitta brucia ancor di più perché è arrivata nel feudo di Salerno, dove il figlio Piero (eletto poi grazie al proporzionale a Caserta) è stato clamorosamente battuto da M5S e perfino dal centrodestra.
L’unico a sfangarla (più o meno) è stato il sindaco di Napoli Luigi De Magistris che, con somma astuzia tattica, ha scelto di non schierarsi (ritirandosi dalla partita LeU dopo qualche settimana da “guastatore”) e ora all’indomani dello spoglio può permettersi di strizzare l’occhio al Movimento Cinque Stelle, sperando di farlo slittare su posizioni anti-destra, cercando di guadagnarsi una posizione di leadership personale (magari nazionale) nell’opposizione a Matteo Salvini.
Per De Luca ed Emiliano, invece, si apre una fase politica abbastanza delicata. Anche perché, entrambi, le hanno provate tutte per darsi un tono nazionale, per uscire dalla dimensione locale. Si sono posti come “avanguardia” di due vie alla sinistra, quella securtaria e popolare di De Luca e l’altra pragmatica e antirenziana di Emiliano.
Due leader carismatici, capaci di sedurre le masse di elettori e di sfidare e imbrigliare – proprio grazie al loro consenso trasversale – le burocrazie di partito. Capaci, con le loro urla e le loro scomuniche, di mantenere a sinistra il consenso degli elettori, pur delusi, addirittura di attrarne dal centrodestra.
Le elezioni di domenica, però, dimostrano che non bastano più questi argini alla rabbia degli elettori. De Luca ed Emiliano sono inciampati su chi ha urlato più forte di loro, su chi è riuscito a trasformare la delusione e lo scoramento dei cittadini in vero e proprio entusiasmo; i due caudilli hanno perduto l’aura di anti-sistema, proprio contro quelli che di questo sentimento hanno fatto il loro principio fondativo, loro bandiera e loro tema principale; e adesso debbono ricostruire le loro stesse ambizioni.