Tutto il mondo ne parla, finalmente il Benevento ha centrato la prima vittoria in serie A. Un guizzo di Massimo Coda, ex puntero di Parma e Salernitana, è bastato ai sanniti per aver ragione del coriaceo Chievo di Maran. I giallorossi campani chiudono il 2017 e il girone d’andata a quattro punti.
L’abbiamo già detto in tempi non sospetti e continuiamo a dirlo ancora. Non sappiamo se il Benevento si salverà, non conosciamo quali rivoluzioni e se ci saranno nella squadra, tuttavia lo speriamo di cuore. Siamo dalla parte della Strega perché ci affascinano le lotte disperate. Per l’impossibilità dell’impresa, perché la salvezza appare una causa persa e agguantarla sarebbe fatto doppiamente esaltante. Come lo è stato il 2017 degli Stregoni.
Una promozione raggiunta e insperata, nell’unica stagione disputata dal Benevento in serie B dopo otto decenni di battaglie nella polvere dei campi di periferia. Dieci anni di tentativi, gli ultimi, che avrebbero frustrato persino il più adamantino dei tifosi, degli aficionados irrazionali che cercano e trovano nel calcio ragioni oscure alla ragion comune. Una festa vera che s’è trasformata, come sempre accade nel calcio, in una sorta di riscatto di un popolo che viene da una grande storia e vive un presente traballante.
Il sogno s’è trasformato in incubo, andate a leggere i commenti sulla pagina ufficiale social del Benevento. Li sfottevano tutti, persino dall’Asia, dal Medio Oriente. Gente – possiamo dirlo senza far arrabbiare nessuno? – che del calcio conosce solo la patina della paytv e dei superspot e che manco immagina cosa voglia dire uscir di casa la domenica mattina per seguire la squadra in trasferta a Melfi, in Basilicata.
C’è ancora un’altra ragione per sperare che il Benevento riesca a centrare l’impresa disperata di una salvezza che – per tutti – aveva già perduto all’ottava di campionato. La nazionale non centra la qualificazione ai Mondiali (con tutte le perdite economiche e finanziarie del caso), la Federazione silura Tavecchio ma gli altri dirigenti si tengono ben saldi ai posti di comando, il calcio italiano in campo sembra aver perduto l’ispirazione e il talento. È sempre più gestito dai procuratori che fanno e disfanno i destini di squadre e giocatori (occhio, Donnarumma, a non perderti), le dirigenze non riescono a distinguere più il grano dal loglio (vedi il mercato monstre del Milan terrifico), il Var non è la panacea di tutti i mali (anche perché dipende sempre dall’arbitro, ma se dipendesse dalle panchine, come il Challenge nel volley non sarebbe meglio?). Il pubblico mugugna, i risultati tutti li vogliono subito o minacciano di cambiare squadra del cuore e di perdere abbonamenti (più) tv e (meno) allo stadio.
Insomma, il pallone italiano ha tutti questi problemi e la colpa sarebbe del Benevento, una squadra non all’altezza che trascina verso il basso la Serie A. Una scorciatoia troppo semplice, i sanniti come capro espiatorio di un sistema che sfoga le sue pecche su una piccola. Poco edificante è tutto ciò.
Per queste ragioni, dopo a svolta avviata dalla zuccata del portiere Brignoli contro il Milan deve solo lasciarci sperare. Il Benevento deve salvarsi, deve lottare fino alla fine proprio perché non ha un bel niente da perdere. Anzi, ha tutto da guadagnare. Tipo la soddisfazione di rinfacciare ai criticoni. E auguri a chi ci crede.