“I fight for me!”, io combatto per me stesso. Questa semplice affermazione striderebbe anche se fosse pronunciata da un semplice cittadino di uno qualunque dei Paesi caratterizzati da un sistema di governo marxista- comunista. Figuriamoci se a pronunciare una tale eresia è proprio Ivan Drago, il pugile scelto dall’URSS per rappresentare la patria del socialismo reale affrontando sul ring gli odiati avversari del Paese del dollaro e del capitale.
Ambientato negli anni finali e decisivi della Guerra Fredda, Rocky IV rappresenta il punto di vista statunitense di quel periodo storico, concepito come uno scontro fra due mondi diversi e contrapposti: da un lato la libertà capitalista del sogno americano, dall’altro l’opprimente dittatura del partito comunista. Al di là delle semplici ideologie chiaramente filo-NATO che si nascondono nemmeno troppo velatamente nella pellicola di Stallone, quest’ultima ed in particolare la scena della ribellione di Drago sotto gli occhi dei massimi dirigenti dei PCUS, rappresenta una assoluta verità nel mondo delle quattro corde.
Nel ring infatti si è terribilmente e romanticamente soli, uniti dalla concentrazione negli sguardi e dall’estrema tensione muscolare con il proprio avversario. Non si può sbagliare, perché al minimo errore o per una impercettibile disattenzione ci si può fare veramente male. E alla fine davanti a tutti gli spettatori non conta chi o come ti ha allenato, non conta se l’avversario è quello giusto per il tuo livello, il pubblico si ricorda di te solo se sei un vincente.
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A volte però il pugile (o qualsiasi altro sportivo) è chiamato a portare sulle sue spalle non solo il peso del combattimento per sé stesso, in quanto è chiamato a rappresentare una intera nazione o anche un’idea. E’ un onere ed al tempo stesso un onore, ma che può essere accettato solo da chi liberamente sceglie di essere rappresentante di qualcosa di più grande di lui. L’appartenenza a un popolo o ad un’idea presuppone libertà, e senza di essa non c’è gulag o holodomor che tenga per costringerci a rappresentarla. Ecco perché Ivan Drago sul ring combatteva solo per sé stesso e non per la sua gente.