La scissione del Msi, che avvenne nel 1976 con la nascita di Democrazia nazionale, fu proporzionalmente la più importante nella storia della Repubblica per percentuale di esponenti politici che lasciarono il partito d’origine. Infatti, aderirono a Democrazia nazionale, abbandonando il Msi, 17 deputati su 34; 9 senatori su 15; 13 consiglieri regionali su 40; 51 consiglieri proviciali su 160 e 350 consiglieri comunali su 1.500. Nessuna federazione passò a Dn, segno che la base non seguì questa svolta, come in seguito fu evidente nelle elezioni del 1979.
Per la prima volta quell’episodio è affrontato in maniera scientifica: lo storico Giuseppe Parlato, ordinario di Storia contemporanea alla Unint di Roma, fa chiarezza su quel periodo del Movimento sociale italiano e mise a fuoco i motivi del conflitto interno per la definizione dell’identità politica. La crisi sboccò nella fuoriuscita di alti esponenti e fu liquidata dai missini come un “tradimento” da parte di scissionisti “badogliani” e “venticinqueluglisti”. Fra le accuse ai politici di Dn ci fu anche quella di essersi venduti alla Dc. Per i missini infatti, si trattava di un’operazione della Dc per indebolire il partito e, nello stesso tempo, attrarre al centro una buon parte dei voti di destra. Accuse pesanti contro gli esponenti di Democrazia nazionale, fra i quali reduci della Repubblica sociale cui sarà pesato particolarmente essere attaccati nei valori dell’onore e della fedeltà.
Invece, come dimostra Parlato, la crisi e lo strappo si consumarono all’interno del Msi, la Dc non avrebbe avuto alcuna parte e non ci sarebbero stati neppure finanziamenti sotto banco. Partendo dal 1946, lo storico analizza un dato che forse è stato il punto debole del partito: la mancanza di una identità definita. Il Msi aveva varie componenti al proprio interno e gli stessi vertici, a seconda del momento, si richiamavano a miti e radici differenti. Invece, Augusto De Marsanich e Arturo Michelini, presidente e segretario del partito negli anni Cinquanta, intendevano modernizzare il Msi sviluppando una politica di inserimento nel sistema democratico. Del resto, nel documento della direzione nazionale del 15 gennaio del 1950 fu scritto “Non rinnegare, non restaurare. Superare il fascismo, uscire dall’isolamento, affrontare il problema della democrazia”, insomma superare politicamente il Ventennio e avviare una politica di entrismo nel sistema. Anni dopo, in un famoso discorso alla Camera, Ernesto De Marzio ribadì chiaramente la volontà di andare oltre il fascismo e il reducismo. Il 28 giugno del 1969, De Marzio e Gianni Roberti proposero in Direzione nazionale Giorgio Almirante per ricoprire la carica di segretario in sostituzione di Michelini, morto alcuni giorni prima per una malattia di cui soffriva da tempo. La cooptazione vera e propria fu fatta sulla base dell’impegno di Almirante di portare avanti una politica di destra moderna. Ma la gestione di Almirante, lunga 19 anni, non fu sempre quella di una destra moderna ma di una politica oscillante: dalla politica del doppio petto al richamo allo scontro di piazza, dal neofascismo alla politica atlantista a quella filoisraeliana, dall’accettazione della democrazia ai richiami ai colonnelli greci. Insomma, Almirante riusciva a fare sintesi ma spesso scontentando le varie anime del Msi (centro, destra e sinistra). Fino al 1976, quando l’esito negativo delle elezioni aprì un dibattito molto duro nel partito con Almirante che rilanciò una politica apertamente neofascista, con richiami al Ventennio. La crisi fu inevitabile, fa notare Parlato, esito di un ventennio di dibattiti al termine dei quali Almirante propugnava una politica sociale e conservatrice al tempo stesso in una destra nazionale ricompattata con i monarchici.
I conti furono presto fatti: la base si riconosceva in Almirante, il partito era dalla sua parte anche se il dibattito interno continuava. Alle elezioni del 3 giugno 1979 Democrazia nazionale ottenne lo 0,7 per cento con nessun eletto. Nel dicembre dello stesso anno il partito, frutto di un’operazione verticistica, fu sciolto. Fallì un progetto che la base stessa aveva sempre respinto.
*La fiamma dimezzata, di Giuseppe Parlato Luni editore, 2017, pagg. 317; euro 24,00