Che fine ha fatto l’idea corporativa? In epoca di costruzioni politiche globali, di accettazione provinciale di schemi economiche generali, uno degli elementi dottrinari tipici del pensiero e della storia economica italiana ed europea sembra essere scomparso.
Ricusato dalla Chiesa Cattolica che, sotto la guida di Papa Bergoglio, sembra essersi definitivamente data la forma della più grande Ong liberal globalista; dimenticato, per comodità comunicativa e scarsa efficacia, dalle forze politiche eredi delle tradizioni postfasciste e nazionaliste europee.
L’Intervista sul Corporativismo (Eclettica Edizioni 2017) a Gaetano Rasi su iniziativa e cura di Mario Bozzi Sentieri rappresenta un felice tentativo di recuperare un filo spezzato dalla diaspora politica della destra italiana ed una risposta concreta allo sterile dibattito economico esclusivamente legato, negli ultimi anni, alla sola questione monetaria.
L’ultimo saluto all’impegno profuso da Rasi (fondatore della Rivista e dell’Istituto di Studi corporativi), infatti, brilla per attualità: lungi dall’essere, secondo vulgata, la difesa di interessi particolari, il corporativismo moderno rimette al centro della questione economica il lavoro: non inteso come rapporto dialettico fra capitale e classe salariata, ma naturale collaborazione fra i corpi intermedi di una società sana e quindi produttiva.
Lo sfacelo improduttivo del sistema occidentale è, nei fatti, il fallimento di quella democrazia nata dall’abbraccio ideologico fra marxismo e liberalismo finalizzato alla privatizzazione degli utili e alla pubblicizzazione delle perdite. La globalizzazione e la creazione di uno Stato mondiale non sembrano altro che l’ampliamento su grande scala di un esperimento già ampiamente fallito su schema debitorio ed usurocratico.
Non è un caso che il corporativismo risulti dalle parole di Rasi e dalle domande di Mario Bozzi Sentieri, idea e prassi economica a tutto tondo inserita all’interno di una riforma politica complessa nella quale la massima capacità produttiva di un sistema paese sia raggiungibile grazie alla più ampia partecipazione delle categorie ai processi decisionali: una democrazia fattiva, organica, misurata nuovamente da principi di governabilità ed autorità. Ben distante dal caos anarcoide che la senilità liberale e marxista mostra in questi anni.
Lettura, dunque, consigliata, per chi voglia uscire dal cortocircuito banalizzante del dibattito economico ed istituzionale. Poiché poco importano gli assetti bancari e monetari di un paese o di un continente che, moralmente, rinuncia al lavoro come metro di bellezza e civiltà.