Il calcio in Spagna è lo sport nazionale, seguito da milioni di tifosi e praticato negli stadi dei grandi club e nei più sperduti campetti di periferia. Da sempre condividono il monopolio del principale campionato, la Liga Espanola, due squadre su tutte: il Real Madrid ed il Barcellona, tant’è vero che la partita tra queste due formazioni è chiamata el clasico, ed è espressione di una delle rivalità calcistiche più accese, dove si mescolano orgoglio di appartenenza, storia e politica.
Recentemente la squadra catalana ha deciso, con un comunicato ufficiale, di rimarcare la sua posizione indipendentista, appoggiando il referendum del 2017 per la creazione di uno stato autonomo della Catalogna. Per comprendere fino in fondo questa posizione bisogna analizzare a fondo la storia politica della Spagna e più precisamente gli eventi della Guerra Civile Spagnola. Negli anni trenta, infatti, la Catalogna è stata la roccaforte delle forze repubblicane, di ispirazione anarchico-comunista, che si contrapposero ai nazionalisti della Falange spagnola e del generale Franco. Il conflitto, conclusosi con la vittoria dei nazionalisti e l’inizio del franchismo, ha segnato anche a livello sportivo il Paese, con una rivalità che da essere combattuta a colpi di fucile per le strade, si è meno cruentamente evoluta in un derby calcistico tra i blancos madrileni, la squadra del governo centrale tifata da Franco, ed i blaugrana del Barça, orgoglio dell’invitta regione catalana.
Dalla rivalità calcistica a quella politica il passo è breve, ed ecco spiegato l’indipendentismo pubblicamente sdoganato dalla dirigenza del Barcellona. La “liberazione della Catalogna” è, tra i tanti , spalleggiata dagli isterici open borders che preferiscono ai turisti (ed in fondo agli spagnoli in genere) i migranti, in un folle controsenso che gli porta in fin dei conti a respingere coloro con i quali da secoli condividono terra e nazionalità. Senza dimenticare il sindaco (o sindaca?) di Barcellona, Ada Colau, sorpresa, tra una “gessettata” arcobaleno e l’altra, con un incomprensibile sorriso alla manifestazione per le vittime del recente attentato di matrice islamica, avvenuto nel capoluogo catalano.
E’ da considerare, inoltre, che un referendum esclusivamente consultivo del 2014 ha visto l’80% dei votanti schierati a favore della secessione, ma su un campione di popolazione minimi,vista la partecipazione del solo 35,9% della popolazione. A questo punto quanto è ancora forte e rappresentativo, al di fuori dei cori da stadio, l’indipendentismo catalano? Ed ha veramente senso per una squadra di calcio schierarsi per un referendum che in caso di esito positivo condurrebbe alla creazione di uno Stato indipendente? In fondo alla creazione di una eventuale Repubblica Catalana dovrebbe, per coerenza, seguire la creazione di una lega calcistica autonoma, ed allora addio clasico, che muoia (forse anche per un complesso di inferiorità dello stesso Barça) uno dei derby e delle rivalità calcistiche più belle ed appassionate della storia calcistica mondiale!