Sul suo piedino dalle lontane vibrazioni d’etere sono sempre stati tutti d’accordo. Adel Taarabt ha sempre avuto l’intuizione in più, la giocata decisiva, il paso irriverente da giocoliere. E ha sempre avuto anche un problema con la vita: è sempre stato uno sconfitto. Almeno fino ad oggi. La Premier lo ha sedotto e abbandonato, il QPR lo ha raccolto poco più che maggiorenne, raggiungendo grazie ai suoi lampi la promozione. Ma lui esagera, ingrassa e non gioca: Redknapp lo caccia. Taarabt approda prima al Fulham e poi al Milan (in quel girone era trionfo passionale, tra il marocchino, il ritorno di Kakà e Robinho), per sei mesi che, nonostante tutto, sono ancora indelebili per molti rossoneri. Per l’allora allenatore Clarence Seedorf sicuramente: “Nel mio Milan era uno dei giocatori più importanti. Ha grande talento, spero che lo mettano in condizione di toccare tanti palloni e di sentirsi addosso la fiducia. Adel può determinare anche più di quanto visto con la Lazio. Il Genoa ha fatto bene a puntare su di lui”.
Già, il sergente Juric, a gennaio scorso, ha creduto in Taarabt. Dopo un girone nullo, è stato il fantasista a parlare chiaro con il ct: “Dopo aver passato più di un anno senza giocare, ho trovato la forza di parlare con il mister e gli ho chiesto una seconda chance. Lui mi ha detto che non aveva nulla contro di me, ma che dovevo dargli subito delle risposte chiare”. Finalmente la redenzione (consapevole): “Ho perso undici chili in novanta giorni e ho cambiato tutto. Chissà cosa sarebbe successo se avessi incontrato Juric a sedici anni. E’ il migliore”. Il tocco da corsaro che naviga contro l’ipertatticismo, la vita di un ribelle che si vuole salvare, la malinconia di un’isola – o di una donna, Pandora – che non sarà mai raggiunta. Evviva Taarabt.