Il tema dell’integrazione di chi arriva in Italia e Europa da altre nazioni è sempre più presente e urgente, soprattutto rispetto all’Islam: chi è convinto di convertire gli islamici al laicismo liberale con la semplice imposizione della “cultura occidentale” è un ingenuo. Anzitutto perché occorrerebbe prima capire quale cultura.
Si scelga pure il termine preferito: ottimista,ingenuo, illuso. Lo si riferisca a chi ritiene che la pura esposizione alla civiltà occidentale sia sufficiente a mitigare o laicizzare anche gli islamici più convinti. L’atteggiamento è simile a quello di chi ha creduto di esportare, come fosse un prodotto di mercato, la democrazia, ovvero un complesso insieme di pratiche culturali, politiche, legali che in occidente ha impiegato secoli a perfezionarsi – e che ancora non è funzionante del tutto. Una confusione che diviene criminale, se si pensa di poterlo fare in pochi anni rispetto a popoli con basi culturali, religiose ed etniche praticamente opposte alle nostre.
Andrebbe anzitutto chiarito, senza ipocrisie o retorica, cosa sia la “cultura occidentale”. Finché ci limitiamo a battaglie di retroguardia, pensando che il problema “culturale” si manifesti attraverso (solo) quello che si mangia nelle scuole o (solo) come ci si veste, rischiamo di affermare che la cultura occidentale si esaurisca nella gastronomia e nella moda. Fosse davvero così, faremmo miglior figura ad arrenderci subito.
D’altro canto, con quale credibilità potrebbe predicare di valori più seri quell’Europa che quando c’è stato da provare a scrivere una costituzione ha litigato sull’inserimento delle radici “giudaico cristiane” nella storia continentale?
La verità è che, come dimostra anche la tragica cronaca recente, nel godimento di diritti e servizi del welfare state sembra più facile che un occidentale sia affascinato dall’Islam, piuttosto che un musulmano si converta – a cosa, alla globalizzazione? Gli stessi europei e americani dimostrano sempre in maggior numero, di recente, insofferenza verso globalismo e classe politica. Con buona pace di chi crede che costruire un intero sistema valoriale sul niente o sul materialismo potesse essere un’operazione seducente: non lo è. L’effetto pare lo stesso di mangiare cibo spazzatura: soddisfacente per un poco, ma dannoso all’organismo se fatto a lungo e senza criterio.
Fossimo onesti intellettualmente, dovremmo ammirare quanti (pacificamente) si rifiutano di rinunciare alle proprie usanze e tradizioni, non scendendo a compromessi, non facendo ciò in cui non credono: con la stessa dignitosa fermezza, dovremmo dire loro che probabilmente non siamo compatibili. Perché viceversa l’integrazione del “nulla” con un “qualcosa” immancabilmente si tramuterà nella trasformazione di quel “nulla” in quel “qualcosa”.
Se si costruisce un sistema sull’assenza di valori, traendone come corollario che questi non possono essere imposti, come pensiamo di convertire ai principi della civiltà occidentale, integrare, persone di differente e più salda formazione? I campioni del laicismo miracoloso e autofunzionante sono in realtà arroganti che, dietro al liberalismo, nascondono (male) la convinzione giacobina che il loro pensiero sia il migliore in assoluto e che solo un ignorante non se ne accorgerebbe.
Questo stesso pensiero è un insulto, tanto più tragico per noi quanto poco ce ne rendiamo conto: perché la (triste) conclusione è che siamo convinti che sia possibile comprare una cultura secolare o millenaria con i centri commerciali, le bevande gassate e i vestiti a buon mercato; e lo pensiamo perché con noi ha funzionato.