C’è una guerra di cui (quasi) nessuno parla, eppure è una guerra gigantesca, feroce, termonucleare. E’ la guerra del dollaro contro l’euro. Non mi dilungherò sul concetto di dollaro valuta di riserva e di scambio internazionale, che potrete approfondire su Internet, limitandomi a sottolineare come due guerre mondiali abbiano consolidato la supremazia del biglietto verde, mentre la Russia, affermando, dopo la seconda guerra mondiale, la sua egemonia sui paesi dell’est europeo, aveva in cambio del tremendo tributo di sangue pagato, qualcosa dalla Cecoslovacchia (Skoda e miniere di uranio) e le marmellate di mele bulgare.
Cosa accadrebbe se “di colpo” il dollaro fosse sostituito da un’altra valuta come moneta di riserva e di scambio internazionale? Tutte le nazioni del mondo si disferebbero dei dollari per acquisire la nuova valuta di scambio, il dollaro si svaluterebbe in maniera abnorme, superinflazione negli Stati Uniti e flop dei medesimi. Nel 1934, a seguito delle politiche monetarie della Germania nazista, il dollaro si svalutò del 45%, da cui…guerra mondiale.
Qualcuno (i signori Saddam Hussein e Muhammar Gheddafi) ha provato a fare di testa sua chiedendo euro e non dollari in cambio di petrolio. Da cui…annientamento.
Oggi, abbiamo due nuovi potenti competitor del dollaro: la Cina e l’euro. La Cina ambisce al ruolo di prima potenza industriale e per questo ha bisogno di una valuta forte tanto da diventare valuta di riserva mondiale e di scambio internazionale insieme ad altre valute (sostituire il dollaro con lo yuan sarebbe pretendere troppo). Quindi, yuan, jen, euro, sterlina e naturalmente e comunque dollaro. Trattare la Cina come Saddam o Gheddafi è impensabile e non solo da un punto di vista militare (la Cina è il maggior detentore di titoli di stato USA), ma l’euro…
È l’ingresso dell’euro sul mercato valutario che ha reso plausibile la sostituzione del dollaro con un paniere di valute e senza l’euro, la moneta comune europea, il progetto naufragherebbe inevitabilmente, visto che il marco tedesco, per quanto forte, non potrebbe mai sostituirlo (come non ha mai potuto farlo la sterlina). E l’euro è attaccabile. Senza sparare un colpo. Basta creare una crisi economica e convincere gli elettori dei vari paesi che l’uscita dall’euro è la soluzione dei loro problemi.
E veniamo al punto: i partiti dell’estrema eurodestra di “prima generazione”. La percentuale di europei che non vogliono extracomunitari o qualsiasi forma di società multirazziale è presumibilmente intorno al 90%, mentre quelli contrari all’euro si attesta intorno al 25%. Questi due elementi sono l’asse portante dell’offerta elettorale dei suddetti partiti, ma qual è l’atteggiamento dell’establishment di fronte a queste due proposte? Sicuramente di segno opposto: massima demonizzazione della “xenofobia”, ma niente “eurofobia”. Anzi, da più parti leggiamo articoli indipendenti che sostengono il ritorno alla sovranità monetaria e ampi spazi televisivi sono concessi (senza le interruzioni di sbraitanti oppositori) a disposizione di tecnici no euro, ma niente del genere per quel che riguarda i dubbi (perlomeno) sul multietnico relegati all’informazione della destra alternativa più il bonus decennale dell’apparizione di Tarchi in televisione con spazi estremamente limitati e con il microfono a volume più basso rispetto agli oppositori.
Per giunta, gli eurodestri estremi continuano a smussare i loro estremismi monorazziali salvo sparate tutte impatto e niente programma (Salvini docet) e i loro leader si preoccupano (tutti) di farsi fotografare in compagnia di qualche extracomunitario “per dimostrare che non siamo razzisti” ovvero: “non è che siamo poi così contrari alla società multirazziale” e in summa: “ma dai, non prendeteci troppo sul serio”, mentre sull’euro non ci sono mediazioni: “usciamo dall’euro e risolveremo tutti i nostri problemi”.
Eppure, in base ai dati succitati, l’opposizione alla società multirazziale fa vincere, mentre l’opposizione all’euro fa perdere (cosa puntualmente accaduta).Il quadro che ne emerge è che gli eurodestri sono estremi nel conformismo: sudditanza al dollaro e opposizione di facciata o di sistema, quindi sterilizzata, alla società multirazziale. Finanziati da Putin? Forse, in virtù della loro opposizione (in realtà non particolarmente sbandierata) all’embargo nel confronti della Russia, ma il grosso dei soldi è probabilmente in dollari e stesso dicasi per l’origine dei vasti spazi sui media.
Questa eurodestra estrema di prima generazione è in realtà già finita e possiamo solo augurarci che venga al più presto sostituita da una di seconda generazione per cui il problema non sia l’euro, ma il non avere Bismarck al posto della Merkel. Un’estrema destra liberale, contraria alla società multirazziale senza se e senza ma, colta e sostenuta da intellettuali (sì, la Le Pen ha De Benoist e gli intellettuali della Nouvelle Droite dalla sua, ma più che di un sostegno attivo si tratta di un’analisi del fenomeno “populista”) e naturalmente antidollaro (e non antieuro!). E forse non basterà. Forse, ci vorrà ancora un’ estrema eurodestra di terza generazione.
Si è detto che prima dell’euro occorreva provvedere a un’unione politica e fiscale dell’Europa. Oh, no…niente di più sbagliato. L’euro è un simbolo e come tale rivitalizza archetipi e miti. L’esercito comune europeo, ad esempio, pur evocativo, non avrebbe l’impatto di una moneta comune europea che puoi tenere in mano e che influenza la tua vita giorno per giorno, figuriamoci un cumulo di scartoffie burocratiche locate a Bruxelles che trattano di fiscalità e politiche comuni. Nell’euro c’è la pace europea dopo secoli di guerre devastanti combattute da popoli, se non fratelli, sicuramente parenti stretti. C’è l’unione di culture variegate nonostante la matrice comune che hanno plasmato il mondo quale lo conosciamo oggi. L’euro ci fa sentire uniti e imbattibili. Per questo, lo vogliamo. Per questo, noi europei percepiamo razionalmente o istintivamente, a seconda del livello culturale, il ritorno alla sovranità monetaria come un regresso a ciò che di negativo ha segnato la nostra storia comune e come una debolezza cronica in subordinazione ad altre potenze. Da cui…l’immigrazione indiscriminata per distruggere, sostituire il nostro comune sentire con elementi culturali estranei se non addirittura ostili. Sempre (tra l’altro) per mantenere il dollaro sul suo trono.