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Home Cinema

Cinema. Marmittoni e cuori solitari: il pregiudizio tutto italiano verso i militari

by Marco Petrelli
17 Aprile 2017
in Cinema, Cultura
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hqdefault“E se la morte non vuole andar via/girale intorno fai acrobazia!” Intenerisce rivedere “I tre aquilotti” 75 anni dopo, film che è anche preziosa testimonianza storica visto che fu girato alla Regia Accademia Aeronautica di Caserta nel ’42 fra veri aviatori, molti dei quali moriranno nel corso del conflitto.

Coerentemente ai valori del tempo, gli attori (Alberto Sordi, Leonardo Cortese, Carlo Minello e Michela Belmonte) celebrano una generazione solare ma determinata, che coniuga amori giovanili con il dovere verso la Patria; poi, dopo il 1945, il cinema inizia a perdere interesse per il mondo militare.

Negli Anni ’50, infatti, solo alcune opere (Siluri umani, Uomini sul fondo ed El Alamein) esaltano il sacrificio del soldato italiano nella Seconda Guerra Mondiale; le altre propongono l’immagine goffa, retorica, sciocca del male armato ufficiale di Totò e di Sordi che ritrova dignità e onore soltanto quando si batte contro l’aggressore tedesco. Il filone  si esaurisce presto, ma lasciando il posto a b-movie che giocano ancor di più sui luoghi comuni della caserma: il soldato sfaticato che attende il congedo, il sergente sadico e stupido, il comandante carrierista, etc.

Christian Vadim e Federica Moro (Miss Italia 1983) in College.
Christian Vadim e Federica Moro (Miss Italia 1982) nel film “College” del 1984.

Negli Anni ’80, alcuni registi rilanciano il “cine-bellico” sulla scia del campione d’incassi di Tony Scott Top Gun: Castellano e Pipolo ottengono un discreto successo con College (dal quale verrà tratta la serie omonima), mentre Antonio Bido ci prova con Mak π 100 che, suo malgrado, è presto dimenticato. I tentativi sono buoni e, finalmente, non irrisori delle divise ma Cinecittà non dispone delle risorse di Hollywood, pertanto l’idea di un “Maverick” in chiave tricolore è presto accantonata.

Può sembrare un paradosso, ma una delle ultime produzioni sul mondo delle caserme arriva “grazie” al nonnismo. Infatti, di fronte ai continui attacchi della stampa sui casi di prepotenza che si consumano nelle caserme, l’Esercito partecipa alla realizzazione di Classe di Ferro (1989-91), scanzonato e giocoso telefilm sulla naja ambientato in un CAR (centro addestramento reclute, nda) del Friuli. Il risultato è un grande share per l’emittente che lo trasmette, ma un boomerang per lo stesso EI: situazioni grottesche, disciplina inesistente, improbabili viaggi all’estero, l’immagine ricorrente del “marmittone” senza una lira che vive della generosità del cappellano e dei civili fanno della serie una vera e propria parodia del servizio di leva, come pare suggerire la stessa sigla cantata da Jovanotti (all’epoca sotto le armi):

“Ci trovi proprio tutti, son tutti regolari, tutti sono qualcosa tranne che militari ”.

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Rocco Papaleo con i gradi di caporale in “Classe di Ferro”.

A distanza di un quarto di secolo, il cinema nostrano fatica ancora a raccontare le FFAA, proponendo saltuariamente qualche produzione (Carabinieri, Gente di Mare) incentrata, tuttavia, più su storie d’amore che non su una verosimile quotidianità degli ambienti della Difesa, come se regista e pubblico percepissero la vita del soldato estranea alla Società e, quindi, non meritevole d’essere narrata.

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Tags: cinemaClasse di Ferroforze armateTop Gun

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