La vita, le gesta e la tragica morte di Serlone d’Altavilla detto Sarro, (Samuele editore, pp. 70) è l’insolito titolo di un volumetto di poesia del trentenne Erminio Alberti, originario di Capizzi, paese del parco dei Nebrodi dove, come egli scrive icasticamente nella scarna nota autobiografica, “convivono la Sicilia e gli inverni innevati”. Un suo precedente volume, Malascesa ha vinto i premi Camaiore proposta 2013 e Gozzano Giovani 2014. Il testo, preceduto da una piacevole ed immaginifica prefazione di Pietrangelo Buttafuoco, ha un suo ritmo ora lento ora concitato, ora pensoso ora arioso, che gli danno la compattezza e la musicalità di un poemetto. E’ composto da trentuno liriche, o sarebbe meglio dire stanze, in versi liberi e ipermetri alternati a versicoli e spazi vuoti ed è diviso in cinque sezioni (Poietica, La vita, le gesta e la tragica morte di Serlone d’Altavilla detto Sarro, Nel Kali yuga, Sicili/e, Nottetempo).
A dispetto del titolo, l’epica è presente solo nella omonima sezione, dove si narrano in modo suggestivo e partecipe le vicende del nobile normanno Serlone d’Altavilla, nipote del più noto Ruggero, che alla testa di pochi guerrieri sbaraglia nell’estate del 1063, presso il fiume Cerami, “le folte schiere dei mori, / giunti da / (…) scirocco/ portando la sabbia e i cammelli / in forza ai loro fratelli.” E riesce a conquistare una terra bella e fertile: “Questo vino da versare sarà per noi / i filari, questi tralci, queste viti / col sudore / possiederemo noi, le faremo / noi insieme e la collina, / giù / fin dove è il liminare della gobba // ne faremo un ordine di piante e pali / e saranno le nozze dei colori / dall’acino alla foglia, / al tuo viso / al sorriso / loro”. Ma il tradimento del falso amico Ibrahim, che lo attira in un tranello, pone fine alle gesta del nobile normanno, alle sue vicende di guerra e di pace, ai suoi amori e ai suoi svaghi. Come scrive magistralmente Buttafuoco: “è tutto il mondo, il tempo storico, l’eterna ninna nanna che accompagna la vita a farsi carme e carne nel racconto di Sarro”. Esemplare questa lirica, che proponiamo all’attenzione del lettore:
“Sotto il noce foglie sparse / braci / arse oramai da tempo, quel tempo che / tiranno si portò via ogni sogno e segno / ma / terse le lacrime sulle / dirute oramai rovine, restiamo in balia / del vento, / estorte / le mie radici, ho da chiedermi chi sono / ogni giorno, / e poi guardare lo specchio / di secoli vecchio / – dove sono, chi sono, perché sono / e queste genti che più non sanno / maneggiar d’ascia, leggere le rune…/ ma tu, Ibrahim, tu sai, / tu, forse, chi sei, se porti / infine a compimento il tuo tradirmi / – è cosa buona e giusta / affinché prevalga una verità, una sola / e torneremo a credere / all’influenza della luna”.
Ed ecco che sottilmente, inavvertitamente, oltre la rievocazione storico-fantastica, che è solo un tassello di un mosaico più vasto, si insinua il presente, l’oggi, sentito dall’autore come un Kali yuga, cioè un’età oscura, contrassegnata dal vuoto, dalla perdita di memoria storica e di significati vitali, dal consumismo e da un Potere che nulla rispetta e tutto distrugge: “tra i vuoti resta solo / pornografia di genere e chincaglierie hi-tech // l’abbaiare al vento di qualche strana minoranza / la solitudine // l’inconsistenza”. Che cosa spinge dunque l’autore a far poesia, malgrado tutto? Meno il rimpianto di un’epoca, che pure il poeta sa restituirci coi suoi versi, che l’amore viscerale e indomabile per la propria terra, intesa come fisicità, come storia e come metafora:
“di chi sono queste pietre a squadra bianche / e quelle più irregolari / o nere come il cuore, / – che fanno ordini / e disordini / nelle facciate di chiese e templi – / e l’oro delle cacce, e dei paradisi / moresco-nordico-cristiani”.
Il poeta ha solo queste due certezze da contrapporre al buio del presente: il suo amore per la Sicilia/le Sicilie e la scrittura:
“La nostra terra – la senti? – ci troverai i deserti e la foresta nera; / i laghi, e la neve, e il mare negli anfratti; / la Grecia nella nebbia, / Bisanzio tutta d’oro, / il gotico normanno e la mano saracena; / le fabbriche barocche con le ville art nouveau; / il gusto razionale, / la devi conservare; / al costo della vita conservala, /domala e falla fruttare: / strappala a quelli / che i templi e gli dei dei vinti / non hanno saputo rispettare”.
Raccomandiamo questo testo a tutti gli amanti della poesia per la sua forza poetica. Per dirla con Buttafuoco, per la sua ninna nanna e il suo respiro.