Giulio Tremonti, intellettuale critico del globalismo, aveva già teorizzato in “Uscita di sicurezza” le crepe nel sistema politico economico a cui si è uniformato l’Occidente. Unico italiano invitato all’Inauguration day dell’era di Donald Trump, sul Corriere della Sera ha puntualizzato le sue analisi sul mondo che cambia con l’elezione del magnate alla Casa Bianca.
Fine di un’epoca: Trump come il muro di Berlino caduto
“È la fine di un’epoca. La fine dell’utopia della globalizzazione. E, seppur in modo soft, questa data (il 20 gennaio, giorno dell’insediamento di Trump ndr) ha una portata storica simile alla caduta del comunismo. Qualche giorno dopo le elezioni americane, Obama disse a Berlino che la vittoria di Trump non sarebbe stata la fine del mondo. Non è stata la fine del mondo ma sarà la fine di “un” mondo. La giovane talpa populista ha via via scavato il terreno su cui la globalizzazione aveva costruito nell’ultimo ventennio la sua cattedrale”.
Globalizzazione come utopia declinante insieme al politicamente corretto
Spiega Tremonti: “Quella che sta crollando è un’utopia. L’utopia della globalizzazione. Un’utopia che era stata costruita sulla base di due formule chiare e interconnesse: “politically correct” e “responsibility to protect”. È durata vent’anni esatti. Lanciata nel gennaio del 1996 col secondo mandato alla Casa Bianca di Bill Clinton, immaginata come l’anno zero dell’umanità, articolata come progetto di creazione dell’uomo nuovo e di un mondo nuovo. L’uomo nuovo è il consumatore ideale, l’uomo a taglia unica, a cui vanno cancellate radici e tradizioni, in tutto e per tutto conforme allo schema ideale del consumo e del comportamento politicamente corretto. Uno degli ultimi atti di questa presidenza è stato l’adattamento in logica gender delle toilette degli edifici federali…”.
La fine della democrazia per consumatori esportata tragicamente nel mondo
“Esportare la democrazia come se fosse un hamburger di McDonald’s. Persino io, che di queste cose mi sono sempre occupato, non ho fatto due più due: la globalizzazione non riguardava solo le dinamiche economiche ma anche quelle politiche. E i suoi sacerdoti la celebravano come una religione”.
Il populismo come ribellione dell’umanità
“Nel glorioso ventennio della globalizzazione, il conflitto millenario tra potere e denaro è stato superato: il denaro ha battuto e assorbito il potere. Il derby tra Imperatore e Creso l’ha vinto Creso. Con una specifica. Creso non voleva solo fare i soldi ma anche occuparsi degli interessi dell’umanità. L’umanità se n’è accorta e si è ribellata. E da lì il “populismo” ha iniziato a prendere forza”.
Il ritorno in Italia di formule nazionali
Chi può essere l’interprete italiano di questa nuova epoca? Alla domanda del giornalista del Corsera, Tremonti risponde: “È impossibile dirlo. È probabile che in politica tornino le formule nazionali, il made in Italy”.
Chi interpreterà in Italia questo movimento popolare dal basso in antitesi al globalismo?
Resta senza guida l’ampio movimento di critica della globalizzazione e delle sue appendici in Italia: l’arcipelago sovranista ne avrebbe titolarità, ma è frastagliato e poco incline all’ascolto di intellettuali complessi come Tremonti. La sinistra, dopo anni di seduzione neoliberista, ha reciso il cordone con le classi operaie, ceto storico di riferimento. Un movimento patriottico, distante da canovacci superati, potrebbe segnare un nuovo inizio. A condizione di interpretare davvero lo Zeitgeist…