L’appello di Barbadillo.it per la costituzione di un’Accademia della buona politica non può non essere raccolto da una comunità fortemente segnata dalla catastrofe degli ultimi anni, dalla polverizzazione ideale, dalla diaspora, dalle cocenti sconfitte in termini sia di rappresentanza che di proposta politica. In un quadro così avvilente e mortificante, poter disporre di un patrimonio economico di tutto rispetto, quale è quello della fondazione Alleanza Nazionale, significa giocarsi una possibilità, forse l’ultima: ripartire dalla cultura, invertendo la sessantennale tendenza ad ignorarla.
La destra partitica – diciamolo francamente – ha sempre mostrato scarso interesse, se non proprio indifferenza e a volte anche diffidenza, nei confronti della cultura, dei luoghi di produzione delle idee e di quelle visioni del mondo che muovono all’azione politica pratica, contribuendo alla formazione di un orizzonte simbolico e di una rappresentazione collettiva imprescindibili nella ricerca di successi elettorali duraturi. I risultati, purtroppo, sono sotto gli occhi di tutti.
Lasciarsi sfuggire quest’occasione significherebbe chiudere per sempre con quella tradizione politico-culturale, che per quanto variegata, conflittuale e superficiale possa essere stata, non ha mai smesso di rialzarsi e proiettarsi al futuro. Investire quel patrimonio in iniziative diverse da quella culturale, significherebbe vanificare i sacrifici, le speranze e le aspirazioni di generazioni di militanti, dirigenti ed elettori rimasti orfani, per responsabilità difficilmente imputabili a singole personalità, di un solido punto di riferimento, di un corpo più o meno organico di valori e ideali difficilmente rintracciabili nei soggetti politici attualmente in campo. Realismo politico, conservatorismo, moderatismo, tradizionalismo, sono orientamenti politico-culturali che trovano diritto di cittadinanza esclusivamente in una destra moderna, aperta, immaginativa, riformatrice e repubblicana, che avrebbe molto da dire sulla scena pubblica odierna e, soprattutto, avrebbe molto da “pensare”.
Ma per costruirla, la destra pensante, occorre una matura e piena consapevolezza, la cui assunzione, peraltro, dovrebbe essere facilitata dalla tragica visione delle rovine circostanti. Vivere in una società postideologica ed essersi liberati dalle rigide e totalizzanti ideologie del passato non significa rinunciare alle idee e alla progettualità della politica. Rinnovare i metodi di selezione della classe politica e di organizzazione della vita interna ai partiti e ai movimenti non vuol dire cedere al pragmatismo, alla politica intesa come mera amministrazione dell’esistente o, peggio ancora, all’improvvisazione e al qualunquismo. Sperare nell’iniziativa di più o meno carismatici leader politici, o presunti tali, per tentare di rivitalizzare una forza politica duramente provata nell’identità e nell’orgoglio è inutile, oltre che ingenuo, in una fase storica delicata come questa. Quel che realmente serve è l’umiltà di affiancare il desiderio del riscatto, laddove realmente esiste, a un luogo di ideazione politica che persegua un duplice obiettivo: storicizzare definitivamente la destra postfascista, con tutto l’armamentario di radicalismo estetico, suggestioni, fantasticherie, nostalgie e passatismi estremi che l’hanno resa troppo spesso incapace di misurarsi con l’attualità, prima ancora che con la storia; lavorare al progetto per la formazione di un grande partito conservatore, che mai come in questo momento serve all’Italia e agli italiani e che porterebbe la destra a partecipare al dibattito pubblico e a dire autorevolmente la sua sulle questioni più importanti che attanagliano la vita sociale del nostro Paese (immigrazione, diritti sociali, lavoro, ecc.), superando finalmente quel complesso di inferiorità che l’ha sempre portata a giocare di rimessa nei confronti della sinistra.
Si tratta allora di chiamare a raccolta tutte quelle intelligenze e risorse umane che intendano ripartire più che dalla politica, dalla “metapolitica”, ossia da un’analisi razionale che vada “oltre” la politica, forte dell’idea, tutt’altro che tramontata, per cui il potere politico non ha efficacia alcuna se non poggia su delle solide basi culturali e se prima non conquista un “pubblico” più vasto possibile di coscienze e sensibilità. La strada è impervia ma non impossibile. È una caratteristica della società italiana, del resto, la vocazione naturale al conservatorismo. L’errore che è risultato fatale per la comunità politica della destra è non averlo capito o aver permesso che la si sfruttasse unicamente con le tecniche del marketing e della pubblicità fatte passare come arte di persuasione politica a lunga scadenza.
Solo un laboratorio di idee, un’accademia del pensiero politico, una rete di cervelli a passo con i tempi e le aspettative dell’odierno vivere conflittuale sarà in grado di costruire una tavola di valori comuni, una piattaforma ideale e programmatica in cui tornare a riconoscersi. Una destra normale, insomma, e soprattutto una destra possibile.
*Spartaco Pupo (classe 1974) è docente di Storia delle dottrine politiche all’Università della Calabria e Senior Fellow presso l’Istituto di Politica.