Il razzismo è abominevole e il sessismo una forma di sottocultura. E se non fosse che la madre dei razzisti e dei sessisti è sempre incinta non ci sarebbe nemmeno bisogno di ricordarlo. Sicché fa bene il ministro per l’Integrazione Cecile Kyenge a rivendicare il suo essere “nera” e non “di colore”, a esibire la fierezza della sua storia congolese.
Come è ineccepibile l’indignazione del presidente della Camera Laura Boldrini nel denunciare la mercificazione del corpo femminile e la discriminazione sessuale.
Nessuna persona civile solleverebbe un però su questi assunti. Eppure c’è qualcosa che stona nelle ravvicinate sortite di Boldrini e Kyenge, ipocrisie e disinvolture tali da essere imbarazzanti.
Perché, per esempio, la presidente della Camera ha atteso di venire lei ingiuriata e minacciata in rete, per accorgersi del lato ombra del web? Sono anni che internet è uno spazio di libero linciaggio dove già altri profili istituzionali sono stati virtualmente massacrati. Tra questi delle donne, a cui certo non sono state risparmiate ferocie sessiste. Forse che qualcuno è più uguale di qualcun altro?
Per quanto riguarda il ministro Kyenge la considerazione è un’altra: integrazione e multiculturalità non fanno rima con relativismo culturale e nemmeno con Ius soli. E insomma 37 fratelli sono una bella comunità ma la poligamia del padre, marito di quattro mogli, non è un valore in questa area culturale che ha codificato la monogamia e la cavalleria.
E’ atto discriminante sottolineare questa differenza? Non c’è bisogno di aver letto i saggi di Pascal Bruckner sul masochismo occidentale per ritenersi vaccinati di fronte a certe esagerazioni, per capire la strumentalità di certe posizioni o per cogliere il confine tra un giusto allarme e un fuor d’opera.
* da Panorama