Ogni generazione ha il suo calcio. Non quello a lei contemporaneo, ma l’idealizzazione quasi favolistica, fiabesca dello sport più amato (e più odiato) d’Italia. Chi, come me, sta smettendo di essere giovane ha nell’epopea degli anni ’80, il paradigma della leggenda pallonara. Che li abbia vissuti direttamente o meno, il millennial del pallone ritiene che dal 1982 fino a poco prima del 2000, l’Italia e il mondo abbiano visto gli dèi in campo. Poi più niente che sia all’altezza.
E perciò un’epopea come quella di Messico ’86 diventa racconto centrale di quel calcio. A distanza di trent’anni, ne ha parlato Diego Armando Maradona nel libro “La Mano di Dio”, edito nella collana “Strade Blu” di Mondadori.
Maradona è personaggio prima ancora che calciatore. È uomo che ha diviso l’Italia e pure il mondo. In campo ha fatto magie e ancora è poco chiamarle così. In Messico, ai Mondiali vinti in finale contro Rummenigge, Briegel, Matthaus e compagnia scalciante, divenne il più grande calciatore della storia. Più grande pure di Pelé, come da vetusto e famosissimo coretto della Curva B di Napoli.
Il libro si legge con fluidità anche se Maradona (o il suo ghost writer, oppure il suo editor) indulge troppo in forme ortograficamente più adatte a un post di Facebook che a un libro. Se non sei Marinetti non è che ti puoi permettere di scrivere raddoppiando, triplicando, moltiplicando vocali e fonemi. C’è da dire, però, che non è che si compra il libro del Diez per farsi una cultura letteraria.
Maradona racconta il cammino della Seleccion verso il mondiale dell’86, il rapporto con l’allenatore Carlos Bilardo (“L’ho sostenuto anche contro il governo che voleva cacciarlo, mi sarei aspettato che avesse fatto lo stesso per me nel 2010”), con l’esautorato e “invidioso” Daniel Passerella (che dal libro ne esce più massacrato della difesa inglese all’Azteca), con una squadra di mezzi brocchi (e grandissimi campioni come Valdano) capaci di cacciar fuori gli attributi e vincere la più grande competizione calcistica che ci sia.
“La Mano di Dio” fa di ogni partita dell’Argentina un capitolo, è come se Maradona ricordasse guardando insieme al lettore, idealmente, ogni incontro che affrontò l’Albiceleste. Stupendo il capitolo dedicato all’Inghilterra. Diego Armando Maradona racconta per filo e per segno come barò segnando di mano (“Rubare a un ladro non è peccato”) e come lasciò dietro di sè mezza squadra inglese costringendo Victor Hugo Morales a declamare in diretta la più bella poesia che la Musa abbia mai trasfuso a un telecronista (sebbene della grandezza e della statura anche artistica di Morales).
Con l’Inghilterra fu una gara tesa e complicata dalla situazione politica tra le due nazioni. Eppure Maradona non ricorda partita più corretta di quella e, dalle sue pagine, traspare la strana circostanza per la quale sia rimasto amico di più calciatori inglesi che di ogni altra nazionale di Messico ’86.
Si diceva che Maradona è personaggio più che (ex) calciatore. Al ruolo di leggenda vivente, di soprammobile d’ambasciata ideale non s’è mai rassegnato. Non l’ha mai voluto e racconta di come abbia rifiutato le offerte in tal senso della Fifa. Ne “La Mano di Dio”, Maradona si lascia andare a giudizi e riflessioni pienamente in linea con quanto ha sempre dichiarato. Michel Platini ne esce quasi peggio di Passarella: ogni volta che è costretto a parlarne lo chiama “senzasangue” ma solo perché non gli avrebbero passato “senzapalle”. Pelé, il grande Pelé, è uomo che si è accomodato al tavolo dei potenti, s’è ritagliato il suo angolino di celebrità (e di soldi) e fa l’ambasciatore della Fifa che per El Pibe è “mafia”. Lineker e Barnes sono dei gran signori e basta paragoni postumi con Messi: “Può essere più grande di me, certo che può esserlo, come no. Ma io feci due gol all’Inghilterra che valsero anche per i ragazzi caduti alle Malvine e per i familiari dei ragazzi caduti alle Malvine. Diedi loro un piccolo conforto, una piccola consolazione, e questo non potrà farlo nessun altro”.
Infine, per chi non lo avesse ancora capito, Maradona si dichiara (per l’ennesima volta) peronista: “Sono sempre stato un peronista e morirò peronista, per un’eredità di mia madre e per Evita”. E poi: “Finché ci sarà Macri non tornerò a vivere nel mio Paese”.
La Mano di Dio di Diego Armando Maradona
Strade Blu, Mondadori. 214 pagg. 18,50 euro.
@barbadilloit