Arriva nelle librerie “Vita spericolata di Albert Spaggiari” di Giorgio Ballario per le edizioni Idrovolante, dirette da Roberto Alfatti Appetiti. Del fascinoso bandito e ribelle ne abbiamo parlato con Ballario, giornalista de La Stampa e scrittore di noir, già apprezzatissimo sulle colonne di Barbadillo per le analisi sulla politica sudamericana e per i ritratti non conformi di personalità scomode del novecento. Intanto, per la collaborazione di Carlos d’Ercole, Stenio Solinas e Tommaso Staiti, in autunno uscirà, come primo volume pubblicato dalle edizioni OAKS di Albert Spaggiari, “Le fogne del paradiso” (traduzione Jacopo Ricciardi).
Quando ha scoperto la figura di Spaggiari?
“Alcuni anni fa, curiosamente grazie a un post su Facebook. Prima di allora associavo il suo nome a un non meglio precisato fuorilegge francese, ma dopo aver letto che si trattava di un “bandito gentiluomo”, che aveva ideato un furto brillante senza fare uso di armi, che era evaso in modo rocambolesco ed era rimasto latitante per dodici anni, fino alla morte, allora ho deciso di saperne qualcosa di più”.
La decisione di scriverne una biografia è stata conseguente?
“Sì, perché mentre mi documentavo su questa straordinaria figura di avventuriero, mi rendevo anche conto che in Francia era famosissimo, mentre in Italia non lo conosceva quasi nessuno. Anche se era di origine italiana, come si intuisce dal cognome; anche se proprio in Italia è morto, nel 1989”.
Quali gli elementi distintivi di una vita vissuta così pericolosamente?
“Direi che Albert Spaggiari è sempre stata un’anima inquieta, fin da bambino. Da ragazzino è persino scappato in Sicilia per arruolarsi nella banda del bandito Salvatore Giuliano, che a Marsiglia era considerato soprattutto un combattente per l’indipendenza dell’isola. Ecco, la costante nella vita di Spaggiari è sempre stata la ricerca dell’avventura: prima come paracadutista nella guerra in Indocina, poi come militante dell’Oas, e ancora come “emigrato” in cerca di fortuna in Africa, a Dakar. Infine, e siamo a metà Anni Settanta, con il progetto di realizzare il “colpo del secolo”: svaligiare una delle principali banche di Nizza, in Costa Azzurra, passando dalle fogne”.
In che contesto storico si muoveva il “brigante” Spaggiari?
“Intanto sgombriamo il campo da equivoci: Albert Spaggiari non è stato un criminale nel senso classico del termine. Il colpo di Nizza è stato il suo primo e ultimo furto, non ne aveva compiuti prima e non ne compirà dopo. Lui stesso, in un libro autobiografico, ammetterà di non essere un rapinatore e per questo di essersi dovuto appoggiare a una banda di “professionisti” marsigliesi, con risultati poco confortanti anche per lui. Spaggiari era un avventuriero a tutto tondo e amava anche definirsi un “soldato politico”, perché la sua esperienza di militante in formazioni della destra nazionalista francese è stata totale. Non a caso confesserà al giudice di aver speso parte del bottino per aiutare alcuni “camerati” italiani latitanti; anche se non si è mai saputo se fosse un fatto vero o una boutade del personaggio, indubbiamente vulcanico”.
Rientra nel novero dei “ribelli”? Perché?
“Malgrado la militanza nell’Oas, la formazione terroristica che si opponeva alla decolonizzazione dell’Algeria, e in altre formazioni di estrema destra, Spaggiari era in realtà un vero anarchico, sia pure ispirato a valori nazionalisti e tradizionali. Individualista, guascone, persino un po’ spaccone ma legato a filo doppio all’idea di cameratismo, di patria, di coraggio e persino di famiglia, benché non sia certo stato né figlio né marito modello. Nel ricordare la guerra in Indocina, Spaggiari non lo fa con lo spirito del colonialista occidentale, anzi riconosce che avevano ragione “loro”, che i “viet” combattevano per la propria patria. Anche se rivendica con orgoglio l’impresa dell’esercito francese, un pugno di uomini che in mezzo alla giungla ha tenuto testa a un’intera nazione”.
Forzando un paragone, a chi potrebbe assomigliare degli eroi noir del passato o del presente?
“Intendiamoci, Bert – come lo chiamavano gli amici – non era uno stinco di santo né un eroe. Niente a che vedere con Robin Hood o Zorro. E’ un personaggio molto “noir” per l’ambiente e l’epoca in cui si muove, vale a dire gli Anni Settanta e i primi Ottanta, il periodo d’oro di una certa malavita francese, del “milieu”, del Clan dei Marsigliesi. E al tempo stesso anche l’epoca tragica della violenza politica in tutta Europa, delle stragi, delle guerriglie, delle utopie ideologiche che vogliono farsi strada con la P38. Eppure, malgrado ciò, Spaggiari è anche un personaggio “solare”, che attraversa un’esistenza travagliata con il sorriso sulle labbra, il gusto della battuta e dell’impresa fine a se stessa”.
Possedeva anche una visione politica?
“Sì, come detto si definiva un “soldato politico” ed aveva anche buone basi culturali, malgrado gli studi tutt’altro che regolari durante l’adolescenza. Amava molto leggere: Céline, Drieu La Rochelle, Pareto, Jean Giono, Goethe. Di certo non era un intellettuale, ma aveva dimestichezza con i grandi autori francesi e uno dei suoi maggiori desideri era diventare scrittore. Impresa nella quale è riuscito, visto che ha pubblicato tre libri considerati dalla critica di buon livello”.
Un libro, il suo, che potrebbe diventare una sceneggiatura da film.
“Più che il mio libro, è la vita stessa di Spaggiari che potrebbe diventare un film. Anzi, in Francia sono uscite ben due pellicole ispirate al personaggio e al grande furto di Nizza: il primo, del 1979, intitolato Les égouts du Paradis (Le fogne del Paradiso) è stato diretto dal famoso regista del cinema noir Josè Giovanni; il secondo invece risale al 2008 ed è la conferma che Oltralpe la fama di Bert non è stata scalfita dal tempo. In Italia non sono mai stati tradotti e distribuiti e non penso ci sarà la possibilità di vedere Spaggiari sul grande schermo, benché abbia molti legami con l’Italia e abbia vissuto per tanti anni in un paesino sulle montagne bellunesi. E’ un personaggio troppo politicamente scorretto”.
Dopo Spaggiari tornerà al romanzo noir?
“Sì, anche perché non ho lasciato il noir neppure mentre scrivevo questa biografia: in certi momenti, anzi, avrei voluto che Albert Spaggiari fosse un personaggio di mia creazione, uno dei protagonisti dei miei romanzi, tanto la sua vita è stata affascinante e avventurosa”.