Ebbene sì, la trovata del governo Renzi che ha incluso nel calcolo Isee addirittura le pensioni di invalidità e le indennità di accompagnamento ha un antecedente letterario che risale al XVIII secolo, il secolo di Voltaire e di Madame De Pompadur, ma anche di Jonathan Swift il papà di Gulliver e canonico della cattedrale di San Patrizio a Dublino. Questo singolare religioso, piccato dal profluvio di pamphlet pubblicati al suo tempo su ogni campo della vita sociale e dello scibile umano, ebbe ad esprimere anch’egli la sua ‘modesta proposta’: su come far risparmiare soldi allo Stato. Nel suo arguto libello, proponeva nientepopodimeno di accoppare i figli dei poveri e di cuocerli a fuoco lento servendoli magari in fricassea, eliminando così in un sol colpo bocche da sfamare in surplus e il problema della fame per i meno abbienti.
Sono tempi di crisi economica quelli nostri, pur tirando la cinghia non si arriva a fine mese, pensateci bene, e poi siamo così tanti su questa Terra: stando agli ultimi dati a novembre 2015 la popolazione mondiale ammontava a circa 7,38 miliardi di abitanti, ci rubiamo l’aria a vicenda, suvvia, la proposta di Swift non è mica male, quanti problemi potremmo risolvere: la fame nel mondo su tutti, poi il problema della disoccupazione; senza considerare l’aumento della ricchezza nazionale per via dei risparmi sulle spese scolastiche, e l’incremento di matrimoni felici senza mocciosi che vi sveglino nel cuore della notte, mentre siete in rampa di lancio con la mogliettina e magari vi fanno fare pure tardi a lavoro…
Una modesta proposta (1729), di fresca ristampa per Marsilio, con tanto di testo a fronte, è la più celebre satira in lingua inglese, composta da Jonathan Swift negli anni della vecchiaia ma con il medesimo spirito provocatorio e politicamente scorretto dei suoi scritti giovanili. La sferzante verve satirica di quello che fu uno degli scrittori più scomodi e ingombranti del XVIII secolo – con quella che sembra una macabra boutade – è diretta contro lo sfruttamento colonialista dei governanti inglesi che avevano ridotto la sua Irlanda in condizioni di inaudita miseria e sottomissione – basti pensare come all’Irlanda non fosse concesso di coniare oro e argento, e agli irlandesi assumere cariche pubbliche, acquistare proprietà, garantirsi un’istruzione. Proprio per questo si servirà del linguaggio tipico degli ideologi dell’utilitarismo anglosassone, per combattere con gli stessi mezzi gli odiati occupanti.
Swift non è certamente un teorico malthusiano, né un cannibale ottentotto, e i suoi connazionali lo capirono bene e non tardarono a vedere in lui un patriota. Il suo crudele sarcasmo, di certo, non era diretto contro quei miseri che affollavano le vie di Dublino chiedendo la carità, ma contro i politici inglesi e la loro inumana logica del profitto, foriera di iniquità e discriminazioni sociali, e che aveva subordinato ogni aspetto della vita al mero fattore economico.
Inserendosi nel ben collaudato filone satirico che da Luciano di Samòsata a Voltaire, passando per Orazio e Rabelais, si è posto il compito di castigare ridendo mores, questo classico della letteratura europea, lucido e terribile, presenta una critica tagliente e paradossale alla società del tempo, ma nondimeno di stringente attualità. Da leggere e meditare, dunque, questa ‘modesta proposta’, che rappresenta anche un fervido esempio di letteratura politica, nella nuova ed inappuntabile edizione italiana tradotta e annotata con cura da Luciana Pirè docente di letteratura inglese all’Università degli Studi di Cassino.
*”Una modesta proposta”, di Jonathan Swift (Marsilio, pagg. 88, euro 10)