Il solstizio d’inverno è la festa della luce. Festa antica quasi quanto l’uomo. Pagana all’origine è assunta poi nelle religioni rivelate. E’ il dies natalis cristiano con quel Ventre immacolato che partorisce figlio. E’ per una parte del mondo musulmano, quello di Persia, “Sciabe Yalda” festa di frutti rossi, di poesie e di cipressi con la punta di sole.
La Luce. Che volendo schivare nel suo farsi Ragione tanto la metafora illuminista quanto, in punta di assenza, il buio della tentazione nichilista, è la Luce ben assestata nel suo campo. Quello delle religioni. Della religione. Perché come Pietrangelo Buttafuoco afferma in una recente intervista “… la luce dentro di noi può svegliarci alla consapevolezza dell’eterno che dimora in noi”. La luce sveglia l’eterno, quel senso interiore del sacro senza il quale l’uomo non potrebbe sperare, sognare, far danzare l’anima. In una parola, capire.
E in questi nostri tempi guardinghi- anche in questi ultimi giorni dell’anno- risvegliare il sacro potrebbe essere occasione e dovere intimo. Tra il frastuono della retorica natalizia, fantasmagoria di sorrisi e bontà, di dolcezze incartate per anima e palato, ritagliarsi il tempo per leggere o rileggere Il feroce saracino (Bompiani, 2015) di Pietrangelo Buttafuoco dà una mano a svegliare il sacro. O almeno a capire che il sacro è nell’uomo che lo vuole vedere, nelle religioni perché lo abitano. Nella religione.
“Quando un credente prega è come se l’universo vi approdasse nelle carni e nel cuore……un infinito oceano è quello dove arriva il credente quando prega”
Il feroce saracino è un colto libro dell’anima, un saggio di acuto, ponderato e crudo realismo storico, una biografia insolita. Ha il pregio di trascinare il lettore dentro una sfida. Di certo impegnativa: la sfida di ragionare di cuore e non di pancia, di cultura e non di pregiudizio. Buttafuoco alchimista di parole e immagini non è scrittore di un solo ritmo, è uno scrittore seducente. Ne Il feroce saracino offre la seduzione alla Storia e ci racconta che l’Islam non è il nostro nemico: il nostro nemico è chi si serve della religione di Maometto per spostare equilibri di potere e di sangue; offre la seduzione all’ironia e ci spiega con la mascherà di Totò, turco napoletano, o l’allà-allà di Andy Luotto le radici dell’odio e l’abbaglio suicida del pregiudizio; offre la seduzione alla Fede e ci fa accarezzare il cuore dai veli-manto delle ragazze di nome Maria o Maryam o Myriam che sono sempre Prescelte perché Madri del Figlio o dono di Dio come Fatima; offre la seduzione alla confessione e ci fa volare con lui che è Giafar dietro il sogno di tortellini paradisiaci quasi quanto i baci.
Buttafuoco e l’islam come declinazione della Tradizione
Perché tra i tantissimi libri che hanno raccontato questo triste tempo, fatto di bombe e kalashnikov e bandiere nere e morti innocenti e coltelli e terrore, il libro di Buttafuoco ha il pregio di invitarci alla luce. Ad uscire dall’ignoranza della contrapposizione per aprirsi alla sapienza dell’armonia in nome della Tradizione. La parola, Tradizione, è il centro del gustoso e profondo pamplhet di Buttafuoco. Tradizione è riconoscersi uno nel molteplice esprimere il proprio sacro, la sfera alla fine del dritto cammino. Tradizione è riconoscersi figli di un unico sacro perché “lo scontro di due opposte civiltà non esiste. Esiste un’unica catastrofe. Ed è di tutti. Comincia la notte dell’umanità. Ma la luce del sacro ha già vinto”.