La Roma si scongela tardi e se ne torna dolorante dalla Bielorussia, l’ultimo baluardo dell’utopia pallonara post-sovietica. I giallorossi, nell’insolita mise grigia che troppo rassomiglia all’odiato bianconero, sfiorano l’impresa del pareggio dopo un primo tempo che definire catastrofico è ancora poco.
ROMA IN FREEZER. Pronti via e il Bate Borisov cresce, arriva sotto porta, tira e segna. Ne fa tre (il portierone polacco dal nome irriferibile ha la coscienza pulita pulita su Mladenovic?) mentre l’armata del console gallico Rudi Garcia incespica su se stessa. Messa malissimo in campo, sbilanciatissima senza un vero e proprio collante in grado di tener insieme i pezzi del gioco. I gialloblù padroni di casa incantano. Merito degli ultimi epigoni dell’insostenibile scuola calcistica dell’Est, quella del collettivo, del sacrificio, del sudore, dell’agonismo. Tre passaggi e zac, scavalcata la tre quarti romanista. Questo merito va condiviso soprattutto, dall’assideramento di una squadra che gioca come la pallida ombra delle sue stesse ambizioni.
TROPPO TARDI. Che il secondo tempo sarà un’altra partita si vede negli occhi di De Rossi che, pronti via, stende un avversario e gli recita tutte d’un fiato le mejo minacce che gli zompano in mente. Mai giallo fu più goduto dal capitano romanista, che è pure uno che di cartellini se ne intende. La primissima frazione del secondo round è ancora un mezzo monologo bielorusso, poi la rabbia e il furore agonistico spinge la Roma in avanti. Il Bate contiene e fa paura in contropiede quando Volodko sulla fascia s’inventa un contropiede impossibile che però finisce nel nulla di fatto. Poi è tutto Roma. La Spada di Allah, Mohamed Salah, si scongela e ispira la manovrina che porta al gol della gazzella Gervinho. Poi Digne s’inventa il cross teso che fa esplodere Torosidis, subentrato a Iturbe. Florenzi, intanto, trova il tempo di colpire la traversa. Ma è tardi, il Bate non ce la fa più, vero. Ma anche il recupero è finito.