Uomini della provvidenza a intermittenza, con l’handicap più infame da superare: quello di essere troppo belli. Alessandro Matri e Marco Borriello incarnano, loro malgrado, il clichè del calciatore ricco, bello e che perciò se la fa con le strafighe, ragazze che solo in tv puoi vedere. E perciò lo invidi a maggior ragione lo odi al primo sbaglio che fa. E la loro storia pallonara non è certo linearissima. Perchè, spesso, hanno mancato l’occasione della vita. E oggi – per l’ennesima volta – devono ripartire.
Matri a Roma, sponda biancoceleste, ne fa subito due all’Udinese. Salva la panchina di Pioli non tanto dalla rabbia di Claudio Lotito quanto dalla desolazione dello stesso allenatore biancoceleste, desolato e senza attaccanti intercambiabili davvero che potessero finalizzare il gioco della squadra. Alessandro Matri, a ogni esordio, ha sempre segnato. E lo ha fatto anche con la Lazio.
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Borriello a Carpi segna il gol del momentaneo vantaggio sul Palermo praticamente subito dopo essersi alzato dalla panchina. Di occasioni ne ha avute tantissime e, dicono i maligni, sperava di poter passare il campionato 2015\16 in una piazza giusto un po’ più larga di quella piccolina dei magliari carpigiani. Intanto ha timbrato il cartellino e, per non venir meno alla fama esotica che lo accompagna, ha scelto un numero strano, il “12” quello che la tradizione italiana consegna sulle spalle del secondo portiere e certa ruffianeria di alcune società regala alla sua curva.
Matri e Borriello, troppo belli per il gol, hanno un’altra occasione di riscatto. Non è che abbiano tantissimo da rimproverarsi, forse quei sermoni che si sentono al bar o si leggono sulle pagine fighe dei calciofili sono soltanto echi d’invidia. Sì, alle donne piacciono e, riccamente, le ricambiano. L’importante è che facciano gol.