Si avvicina l’attesissima sfida di Berlino contro il Barcellona stellare, allora il popolo juventino guarda al passato per fare i confronti.
Scopriamo allora che i bianconeri hanno (quasi) sempre perso le finali di Champions quando si sono presentati con i gradi di favoriti. Da outsider hanno invece conquistato il primo alloro, con il Barça la storia si ripeterà?
“Non dobbiamo andare a Berlino a fare i turisti”, furono le parole Gigi Buffon, capitano coraggioso della monumentale Juve subito dopo aver messo ko il Real nel doppio confronto di semifinale. Se la finale di Champions League (ex Coppa dei Campioni) fa spesso rima con maledizione per vecchia Signora – cinque finali perse (su sette disputate) e primato poco edificante condiviso con Benfica e Bayern Monaco -, qualcosa potrebbe cambiare perché la storia come detto, insegna che quando la Juventus è accompagnata dai gradi di favorita spesso fallisce l’ultimo atto. All’ Olympiastadion la Juventus partirà da outsider con il Barcellona dei marziani Messi, Neymar e Suarez, ma ora siamo certi, non verrà più dipinta come la rivale più appetibile da affrontare, come l’avvenente signorina più ambita dallo stuolo di Don Giovanni europei. La squadra di Allegri, come ha anche avuto modo di fare presente il Ct della Nazionale spagnola Vicente del Bosque, incute timore e rispetto dopo l’esibizione del Bernabeu.
La maledizione – Quattro finali dove tutti i favori del pronostico arridevano ai bianconeri, altrettante ferite difficili da rimarginare per i tifosi juventini. La tradizione nefasta ha una precisa data d’inizio, il 25 maggio del 1983. Ad Atene si affrontano la Juventus stellare di Platini Boniek, Rossi, Tardelli e Zoff (tra gli altri) guidata da Giovanni Trapattoni e la rivelazione Amburgo di Ernst Appel, il mitico allenatore. Finta a mandare per aria Roberto Bettega, altri due passettini, poi il tiro micidiale incrociato nel sette dal limite dell’area bianconera: la prodezza balistica di un Felix Magath con pancetta beffa Dino Zoff, condanna la Juventus e infligge un duro colpo agli eroi del Mundial ‘82. i bene informati hanno poi fatto filtrare l’indiscrezione di una vigilia molto “calda” con un Platini non ancora Le Roi, addirittura insultato da Tardelli.
Dopo due finali vinte consecutivamente (contro Liverpool nel tragica notte dell’Heysel, e Ajax a Roma, ‘85′ e ‘96) la Juventus di Marcello Lippi si ripresenta nell’atto conclusivo della Champions con i gradi di favorita contro il Borussia Dortmund di Ottmar Hitzfeld. Sarà una gara maledetta: palo clamoroso di Zidane, traversa di Bobo Vieri, incetta di occasione sprecate; i cinici gialloneri degli ex riciclati capitalizzeranno le occasioni create – doppietta dell’ex al veleno Riedle e pallonetto assurdo di Lars Ricken – rendendo vana la prodezza di Del Piero. Nella successiva edizione della Champions la Juve del ciclo Lippi raggiunge nuovamente la finale, ma stavolta Zidane, un Pinturicchio a mezzo servizio e compagni steccano: all’Amsterdam ArenA il Real Madrid gioca meglio ma vince grazie a un gol viziato da offiside del montenegrino Predrag Mijatovic. Siamo all’ultima finale disputata dalla Vecchia Signora, quella di dodici anni or sono nel Teatro dei Sogni di Old Trafford, persa ai rigori contro il Milan: la Juventus, orfana del futuro Pallone d’Oro e squalificato Pavel Nedved, parte comunque con discreto vantaggio sulla carta. In campionato infatti i bianconeri dominano e infliggono distacco abissale (+11) al Milan finalista: la lotteria dei rigori, dopo partita a scacchi avara di occasioni da rete, premierà il Milan dell’ex Carlo Ancelotti. Sì, proprio lui, quello preso ingerenrosamente di mira dal tifo bianconero.
Le eccezioni – La regola delle finali perse da squadra favorita ammette due eccezioni: nel 1973 la Juventus del tecmico Čestmír Vycpálek (lo zio materno di Zdenek Zeman) si presenta per la prima volta in una finale europea e si trova davanti a uno scoglio insormontabile, l’Ajax del calcio totale impiantato da Michels e perpetuato da Kovacs. Sarà terza Coppa dei Campioni consecutiva per la squadra di Amsterdam. Non si può certo dire che la Juventus partisse come favorita in quella finale giocata nel Marakana di Belgrado, lo stadio della Stella Rossa, decisa da uno stacco imperioso dell’ attaccante olandese Rep. L’altra eccezione che conferma la regola è un ricordo molto bello ma incompleto per il popolo bianconero: l’avversario è sempre lo stesso, il mondo è cambiato. Nel 1996, all’Olimpico di Roma, la Juventus di Lippi piega l’Ajax di Van Gaal e vince il sue secondo massimo alloro continentale, ma ha bisogno della lotteria dei rigore per avere la meglio su una squadra oggettivamente più debole. E proprio la lotteria dei rigori ha finito per non fare accettare del tutto come pieno quel successo.
Il sangue sparso a Bruxelles – Probabilmente questa finale non dovrebbe far testo e sicuramente non avrebbe dovuto essere disputata. Provando a trascurare per un attimo quanto di sanguinoso avvenne sugli spalti dell’Heysel, la Juventus di Trapattoni fu in grado di sovvertire il pronostico e battere di misura (grazie all’inesistente rigore di Platini concesso per fallo su Boniek avvenuto chiaramente fuori area) il grande Liverpool di Joe Fagan campione in carica.
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