La ribellione non muore mai anche se finisce per essere consegnata alla storia vestita di ridicolo. Ilunga Mpewu è morto. Il suo nome sembra non dire nulla, parla per lui il gesto che lo consegnò alla storia del pallone quando, ai mondiali di Germania nel ’74, scaraventò dall’altra parte del campo una punizione assegnata… al Brasile.
Mpewu faceva il difensore dello Zaire ed era tra i calciatori più famosi d’Africa. Colonna della Maginot del Mazembe che, alla fine degli anni ’60, si impose tra le squadre più forti del Continente Nero. Il Mazembe fornì alla nazionale dell’ex colonia belga del Congo il nerbo della formazione che per prima, tra le rappresentative dell’Africa subsahariana, ebbe la ventura di qualificarsi alla fase finale di un Mondiale. Il calcio è linguaggio universale che parla ai cuori di tutto il mondo e, perciò, fa incapricciare i dittatori. Mobutu Sese Seko, sanguinario padre-padrone travestito da giaguaro, intravide la possibilità di imporsi finalmente all’attenzione internazionale.
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La storia sportiva, come sempre accade quando si parla d’Africa e di Mondiali, è intrecciata con il mito. Le tre sconfitte rimediate contro Scozia (2-0), Jugoslavia (addirittura 9-0!) e Brasile (3-0), ai contemporanei, apparvero il fatal destino di una squadretta volenterosa ma completamente inesperta. La squadra congolese era roba da antropologi più che da giornalismo sportivo. La follia di Mpewu, che arrivò ad anticipare l’allibito Rivelino spedendo nell’orbita la sua punizione prima che la tirasse, giustificò lo snobismo riservato al calcio al di sotto dell’Equatore africano.
La storia narra dell’incursione di un gruppo di militari nello spogliatoio africano: se perdete con più di tre gol di scarto contro il Brasile non tornate più a casa. E pensare che, alla partenza, erano stati promessi ai calciatori ingenti premi in denaro oltre a tutta una serie di onoreficenze più o meno prestigiose. La vulgata vuole che Ilunga Mpewu fu spinto dal terrore a compiere il gesto più sfottuto nella storia del calcio. Lui, nel 2010, spiegò invece di aver calciato quella palla per “ritorsione”. Era arrabbiato perchè a lui, che scendeva in campo, toccavano le minacce mentre ai dirigenti e dignitari accompagnatori sarebbero giunti effettivamente i soldi promessi invece ai calciatori. La prosa vince sulla poesia. O forse no. La sublimazione esplosiva della negritudine in faccia al sedicente liberatore nero Mobutu. Follia completamente irrazionale e imprevedibile condannata all’eterna sconfitta e che ancora oggi – nonostante le interviste da lui stesso rilasciate e il fatto di essere universalmente riconosciuto in Africa come uno dei pionieri del calcio – stenta a vincere le leggende create dal suo stesso gesto.