La Cia ci ha messo settimane, non mesi, per capire che avevano ammazzato per sbaglio l’ostaggio italiano Giovanni Lo Porto. L’Fbi ha informato la famiglia dell’ostaggio americano che era morto in febbraio. E non regge la storia che Roma sia stata informata del disastro due giorni fa. Il Giornale ricostruisce misteri, dubbi e domande.
IL DRONE NON ERA UN SEGRETO
La notizia del bombardamento mirato americano in Waziristan, roccaforte jihadista fra Pakistan e Afghanistan, non era segreta. Il 15 gennaio, lo stesso giorno dello strike che uccide Lo Porto, il giornale pachistano Dawn la pubblica indicando il luogo preciso nella valle di Shawal. «Non solo: abbiamo ricevuto subito l’informazione sul numero esatto di vittime e che fra loro c’erano degli stranieri» rivela al Giornale Rahimullah Yusufzai, uno dei più noti giornalisti pachistani, che intervistò Osama bin Laden. Per di più il ministero degli Esteri di Islamabad aveva rilasciato un duro comunicato: «Il governo condanna l’attacco avvenuto a Shawal nel nord Waziristan». All’ambasciata italiana non può essere sfuggita la notizia di vittime straniere dove si sospettava fosse detenuto Lo Porto.
CIA, ERRORE COMPRESO IN 24-48 ORE
I musulmani devono seppellire i loro morti nel giro di 24 ore. I cadaveri dei due capi di Al Qaida uccisi dal drone e di altri miliziani sono stati estratti subi- to dalle macerie. Satelliti e droni han- no filmato tutto. Il New York Times di ieri citando fonti di intelligence rivela che la prima sorpresa è sul numero di morti. I corpi sono sei, non quattro, come previsto dalla Cia e vengono sepolti nelle vicinanze. I due in più erano quelli dell’ostaggio americano War- ren Weinstein e di Lo Porto. Secondo il NYT ci sono «volute settimane», non mesi, per capire l’entità della tragedia. Ieri durante l’informativa alla Camera, il ministro degli Esteri, Paolo Genti- loni, sosteneva, al contrario, che l’identificazione di Lo Porto ha richie- sto «tre mesi per le necessarie verifiche». Grazie a intercettazioni delle co- municazioni telefoniche nell’area, agenti nella zona e sorveglianza dal cielo è ben presto saltato fuori, che le due vittime in più erano «occidentali». Gli unici in ostaggio nell’area tribale pachistana, a parte due donne svizzere liberate due mesi fa, erano Wein- stein e Lo Porto. L’ex generale della nostra intelligence, Luciano Piacentini, non ha dubbi: «Nell’immediato può essere che i nostri alleati non ci abbiamo informato, ma è molto strano che poco dopo non siano partite comunicazioni ai servizi italiani».
WEINSTEIN INFORMATI A FEBBRAIO
L’Fbi, pur non fornendo dettagli, avvisa agli inizi di febbraio la famiglia Weinstein della probabile morte del loro congiunto. Perché la stessa comunicazione non è arrivata ai LoPorto? Piacentini, oggi esperto della Fondazione Icsa: «Come è possibile che i servizi americani non abbiano chiesto informazioni ai nostri per capire cosa era accaduto?». E aggiunge: «L’unica identificazione certa e definitiva è quella del Dna. Se l’hanno fatto devono aver recuperato una parte dei corpi per confrontarlo con il Dna dei familiari». Ieri il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha ribadito che il governo era all’oscuro e che «l’accertamento dell’identità ha richiesto tanto tempo».
LO PORTO OSTAGGIO DIMENTICATO
«Del rapito americano abbiamo sentito parlare tante volte, ma dell’italiano quasi mai. Era un ostaggio dimenticato», dichiara il giornalista pachistano Yusufzai. Ieri la Cnn ha rivelato che la famiglia Weinstein aveva pagato un ri- scatto ai sequestratori, ma Al Qaida invece che liberare l’ostaggio ha alzato la posta chiedendo uno scambio di prigionieri. Lo scorso agosto era saltato fuori un video con Weinstein che accusava la Casa Bianca di averlo abbando- nato. Di Lo Porto non è mai stata resa nota alcuna immagine.
L’OSTAGGIO TEDESCO LIBERATO
Assieme a Lo Porto era stato rapito il 19 gennaio 2012 un tedesco che lavorava per la stessa Ong, Bernd Muehlenbeck. L’ottobre scorso Muehlenbeck è stato liberato in una moschea alla periferia di Kabul. Al rientro in patria ha raccontato che già da un anno i sequestratori lo avevano separato da Lo Porto. Gentiloni ha riferito in Parlamento che l’ultima prova in vita del siciliano risale allo scorso autunno. Se i servizi segreti tedeschi ce l’hanno fatta a tirarlo fuori, perché noi abbiamo fallito?
RENZI SAPEVA?
Il 12 aprile The Long War Journal, un sito specializzato con fonti al Pentagono e nella Cia, pubblicava un articolo sull’attacco Usa che ha ucciso Lo Porto. Non si fa cenno alla morte degli ostaggi occidentali, ma i dettagli del- l’operazione ci sono tutti compreso il nome del vice emiro Ustad Ahmad Faroq, uno dei due pezzi grossi uccisi nel raid. La stessa al Qaida aveva reso noto un video che elogiava i suoi comandanti morti sotto il bombardamento. In Italia nessuno ha messo assieme i pezzi prima dell’importante visita del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, negli Stati Uniti cinque giorni dopo? Il NYT rivela come Obama avesse ricevuto il rapporto finale sull’uccisione di Lo Porto prima della visita. Ieri il portavoce di Obama ha detto di non sapere se il presidente Usa ne ha parlato con il premier italiano. Gentiloni ha ribadito ieri che la casa Bianca ha «informato il presidente del Consiglio nella tarda serata del 22 aprile». A questo punto ci sono solo due possibilità: Obama ha fatto uno sgarbo a Renzi, oppure quest’ultimo non dice il vero. (Da il Giornale)