L’arte di spernacchiarsi da soli, ovvero le nuove avventure codine e parruccone dell’Uefa di Platini che stavolta si supera e apre un’inchiesta su Pep Guardiola “reo” di aver indossato, in conferenza stampa, una maglietta a sostegno della campagna Justicia Para Topo che mira a chiedere chiarezza sulla misteriosa morte, avvenuta durante i mondiali in Brasile, del giornalista argentino Jorge “Topo” Lopez.
Una storiaccia, quella di Lopez. Firma prestigiosa di Radio La Red, del giornale argentino Olè e del quotidiano spagnolo Sport, nel suo curriculum c’è pure un’intervista al giovanissimo Messi praticamente scoperto – giornalisticamente – da lui. Siamo nel pieno di Brasile 2014. S’è da poco concluso il Mineiraço, la sinfonia wagneriana della Mannschaft che con sette colpi di Grosse Berthe aveva appena annichilito il piccolo Brasile delle stelline filanti di Felipao Scolari. El Topo si trova su un taxi, a San Paolo, che viene letteralmente travolto da un’auto rubata a bordo della quale viaggiavano i tre ladri, due dei quali minorenni, inseguiti dalle forze dell’ordine. Questa, almeno, è la versione ufficiale. I fatti si trasformano in notizia virale perchè la moglie, la giornalista Veronica Brunati, venne a sapere della tragedia grazie a un tweet di cordoglio lanciatole nell’etere dal Cholo Diego Pablo Simeone.
La Brunati, però, non s’è arresa e ha deciso di volerci veder chiaro. Troppe zone d’ombra, poca trasparenza e la famiglia di Lopez ha scelto di lottare affinchè venga riaperta un’inchiesta utile a dissipare tutti i dubbi. Per questo ha lanciato una campagna di sensibilizzazione che, in breve, ha spopolato nel mondo latino: #JusticiaParaTopo. All’appello della donna hanno già risposto in tanti: c’è Diego Armando Maradona, per esempio. Ma ci sono anche Leo Messi e Javier Mascherano, Angel Di Maria, Diego Forlan e lo stesso Cholo. Barcellona e Atletico Madrid, dopo la partita disputata al Camp Nou, hanno posato insieme per chiedere giustizia e verità. Mancava solo lui, Guardiola. E quando è arrivata la maglietta di Pep, Michel Platini s’è infuriato.
Per quale motivo? Vorremmo saperlo tutti. Non è che, per caso, nessuno deve ricordare il contesto sociale aspro, violento e terribile nel quale si sono svolti gli ultimi mondiali? Non sarà mica che a un tesserato, a qualunque livello, è inibita la libertà di schierarsi, di esprimere un concetto che non sia per forza mainstream, neutrale? Fosse così sarebbe davvero strano anche perchè, a gennaio proprio Platini disse, “in Uefa siamo tutti Charlie” indicando il diritto alla libertà d’espressione tra i”i valori universali dei diritti umani che sono stati espressi in Francia più di due secoli fa”. Finché sponsor non ci separi, con buona pace di monsieur Robespierre.