Siamo una città di cuore. E non solo quando si parla di calcio. Poche, semplici parole che sono sgorgate dal profondo. “Non so come mi siano venute in mente, eppure sono qui” penso, citando malamente Vasco Rossi. Ho da poco finito di guardare l’anteprima di “Una meravigliosa stazione fallimentare”, il cine-documentario del regista Mario Bucci che racconta il declino e l’ascesa di una squadra, l’As Bari (o per meglio dire la Fc Bari 1908), durante la stagione calcistica 2013/2014. Non è solo il racconto di una squadra che dai bassifondi della classifica di serie B, arriva a sfiorare un obbiettivo – ma sarebbe meglio chiamarlo un sogno – dichiaratamente irraggiungibile in quella stagione: la serie A. E’ anche o, – per meglio dire – soprattutto, la storia di un popolo di cuore.
Perché sì, siamo tutti un po’ baresi quando nonostante le difficoltà non ci arrendiamo all’evidenza e continuiamo a sperare in un sogno. E poco importa se ad un passo dalla meta ci svegliamo: il sacrificio della squadra è il nostro sacrificio e anche di una “semi vittoria” si può gioire. E sfido chiunque a non emozionarsi nel rivedere l’arrivo dei giocatori all’aeroporto Bari dopo la sconfitta contro il Latina. Un sogno infranto, ma comunque nell’etere si diffondono cori, urla di gioia, ci si scambia smartphone per una foto con l’allora capitano del Bari – o della Bari, per meglio dire – Marino Defendi. Ed è lui stesso a stupirsi: “Perché tante manifestazioni di affetto? Abbiamo perso, dovreste lasciarci soli. E invece siete qui a incitarci, a consolarci. Perché?” La risposta è semplice: i baresi sono persone di cuore, capaci di stringersi di fronte alle difficoltà, a fare proprio un bisogno della città e gridarlo al mondo con cori unanimi.
D’altronde non il tifo della scorsa stagione calcistica non è un esempio unico. Aprite le pagine dei social in questi giorni. La città si è di nuovo unita per il ritorno di una sua bandiera: Nicola Bellomo, che dopo aver seguito la squadra per 5 stagioni, aveva lasciato Bari. E ora torna, portando con sé la speranza di un’altro ritorno, che come il ritorno in serie A lo scorso anno ha il sapore dolce di un sogno irraggiungibile, ma forse non troppo. Sto parlando del ritorno di Antonio Cassano. E chi può volerlo più dei baresi. Esattamente come come con #compriamolA, con #iocicredo e #happysevieniallostadio, la città si è nuovamente stretta intorno ad un simbolo, scandito in 14 lettere e un hashtag: #compraaCassano.
E così è partita una nuova battaglia, combattuta sempre sui social a colpi di videoselfie e dichiarazioni. E protagonisti, come sempre a Bari, non si differenziano per classi sociali: dal pescivendolo al sindaco Decaro, passando per registi, scrittori, attori, nonché lo stesso Presidente Paparesta. Non sappiamo se anche questo appello supererà i confini della città come fu per #compriamolA (nessuno si è dimenticato l’accorato appello di Rocco Siffredi), ma quel che è certo è che questa sfida la città la sta vivendo unita. E di certo i baresi non vogliono smettere di sognare. Come sempre, mettendoci i tutto l‘entusiasmo di cui sono capaci e, soprattutto, il cuore. O per meglio dire 50mila cuori, i cuori di una città che, nonostante tutto, non smette mai di crederci.