Il 2014 sarà ricordato come l’anno delle grandi delusioni tecnologiche. Sono stati tanti i progetti introdotti nello scorso anno che inizialmente il pubblico ha salutato come innovativi, ma che non hanno mai veramente raggiunto il loro potenziale successo.
A tutti verrà in mente il gioiellino ipertecnologico di Google, i Google Glass, colpevoli di non essere mai riusciti a rispondere ad una domanda fondamentale per il successo di ogni novità tecnologica: “A che serve?”. Mille funzioni, ma in definitiva nessuna veramente innovativa, risponderei io. E proprio per questo il colosso di Mountain View ha messo il progetto nelle mani di Tony Fadell, cofounder del sistema di automazione casalinga Nest (comprato da Google nel 2014), ma soprattutto la mente alla base dell’unico vero device che ha cambiato la nostra vita nel 2000: l’Ipod. Ce la farà a far affezionare il pubblico ai fallimentari Google Glass? Ce lo dirà il tempo.
Ma se parliamo di idee innovative ma potenzialmente fallimentari non si può non pensare al Project Ara: il telefono componibile che dovrebbe permettere ai giocatori di aggiornare il proprio smartphone o di sostituire un pezzo rotto comprando soltanto un componente aggiornato, invece che tutto il dispositivo: ad esempio una nuova fotocamera, uno schermo nuovo, ecc. Dave Hakkens, il designer olandese che lo ideò nel 2013 – prima che Motorola (ma sempre con supportati da Google) presentasse la sua versione commerciabizzabile, in uscita quest’anno sui mercati -, lo presentò come una soluzione allo spreco di tecnologie e una risorsa per gli utenti.
Probabilmente tutto questo risparmio per gli acquirenti non ci sarà. Perché? Semplice, basta ragionare su quanti moduli servirà effettivamente cambiare con regolarità. Mediamente le persone cambiano uno smartphone ogni 3 anni, magari spinti dalla convenienza dei moduli commerciabilizzati da Motorola o da altri produttori, potrebbero decidere di “aggiornare” i componenti dei loro device ogni anno. A quel punto si troveranno con il dilemma di quali componenti andranno aggiornati. Se ci pensiamo bene la risposta è: “tutti”. Quando cambiamo uno smartphone infatti ci sono pochi componenti che manterremmo, volendo avere un dispositivo performante.
Al massimo potremmo salvare le casse audio interne e, in alternativa il dispositivo di ricezione wifi (anche se pure quello migliora col passare delle generazioni tecnologiche). I moduli del processore, della fotocamera, della RAM andrebbero invece indubbiamente cambiati ogni anno, se non ogni sei mesi, per poter sfruttare al massimo ogni applicazione aggiornata. Il risparmio, quindi, non è così evidente
Certo, si potrebbe obiettare che è un ragionamento da “smanettoni” o “a me basta un cellulare che non si rallenti o si blocchi ogni 2 minuti”. Certo, avete anche ragione. Ma non è proprio il cosiddetto “smanettone” l’acquirente per cui è stato pensato Project Ara? Chi vuole solo stabilità, senza dover perdere tempo in affannose ricerche su internet riguardo compatibilità e “moduli più performanti” si accontenterà di comprare ogni due anni il nuovo modello di Samsung Galaxy o il nuovo iPhone.