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Home Economia

L’intervista. L’economista Borghi Aquilini: “La Lega, la sovranità monetaria e la Flat Tax”

by Giovanni Vasso
1 Dicembre 2014
in Economia, Le interviste, Politica
0

claudio borghi aquiliniBasterà tenere la barra dritta per qualche settimana e il sogno di riprendersi in mano le redini dell’economia nazionale potrebbe essere compiuto. A patto che, ovviamente, lo si voglia davvero. L’economista Claudio Borghi Aquilini non crede ai catastrofisti Ue e, anzi: “Se l’Italia uscisse dall’Unione Europea non ci accadrebbe proprio nulla”. Ma come ha fatto l’Italia a impantanarsi in una situazione del genere? “Si spiega solo con una serie di governanti venduti all’Europa”. 

Ritiene che possa essere attuabile il programma economico della Lega Nord?

Ovvio che lo ritengo attuabile. Alcuni punti avrebbero effetti pieni e decisivi in un regime di sovranità monetaria, altre proposte, invece, possono essere applicate subito per ottenere dei vantaggi notevoli.

Ad esempio?

La scelta della Flat Tax, altrimenti nota come aliquota unica. Ma il punto decisivo rimane quello della sovranità monetaria.

Perché?

Si tratta di un programma che è rivoluzionario. Non perché chissà cosa ci si sia inventati, non abbiamo inventato nulla. E’ rivoluzionario perché mira a scardinare il sistema attuale invertendo la scala delle priorità postulate dagli attuali governanti. Ogni punto si regge all’altro, non puoi pretendere di raggiungere il pareggio di bilancio senza aver prima lavorato per giungere quanto più vicini possibile all’obiettivo della piena occupazione. Ci sono delle regole semplici di politica economica che devono essere applicate: se sei in recessione spendi di più e abbassi le tasse, se sei in espansione puoi permetterti di investire di più chiedendo più soldi ai cittadini. Fissare dei paletti fissi come il parametro del patto di stabilità al 3% e il pareggio di bilancio non ha, economicamente, alcun senso.

Chi le ha volute queste regole? Che sta succedendo in Europa?

Quest’Europa sembra essere stata disegnata a misura di creditore. Il nuovo muro di Berlino è quello che divide da un lato i Paesi creditori e dall’altro gli Stati debitori. Adesso spiace scardinare le certezze di tanti però una considerazione va fatta: perché un creditore dovrebbe avere più ragione di un debitore? I capitali che sono stati offerti, infatti, non sono stati spostati per spirito di solidarietà o per beneficenza. Il creditore vede dei margini di guadagno e perciò investe, con lo scopo di guadagnarci. Le regole generali che vengono imposte dall’Ue, dal controllo dei prezzi al ricatto della disoccupazione in cambio del contenimento dell’inflazione sembrano essere state fatte apposta per non mettere in discussione le posizioni dei creditori. In primo luogo quelle della Germania.

Si è parlato della questione dell’euro a doppia velocità come chance per superare crisi e moneta unica.

Già in tempi non sospetti, noi economisti ci chiedemmo come smantellare l’euro e quale fosse il modo più efficiente per farlo. La soluzione del “doppio euro” potrebbe rappresentare un’opzione decisiva.

In che senso?

Se ipotizzassimo uno scenario per cui, da un giorno all’altro, si venisse a registrare un’uscita “dal basso” dal sistema euro, dovremmo fare i conti con uno choc. Se domani la Grecia decidesse di abbandonare la moneta unica sapremmo già che quel Paese sarebbe costretto a pagar le importazioni con una moneta molto debole. E ciò potrebbe avere, tra le altre conseguenze, quella della corsa agli sportelli che rischierebbe di travolgere il sistema bancario – dato che i greci avrebbero paura di trovarsi con i risparmi dimezzati – innescando una pericolosa reazione a catena. Sarebbe molto diverso, invece, se ipotizzassimo un’uscita “dall’alto”. Se la Germania e i Paesi ad essa economicamente più vicini come, ad esempio, l’Austria, abbandonassero l’euro, lo farebbero per ritrovarsi con una moneta comunque forte. Ciò non farebbe preoccupare i tedeschi che capiranno di aver subito un danno, forse, solo qualche anno dopo. Non ci sarebbe lo choc della corsa agli sportelli e, perciò, l’uscita “dall’alto” può definirsi una procedura molto più semplice.

Lo scenario di una Germania “fuori” dall’euro è credibile?

Uscire dall’euro per una moneta forte presuppone una forte capacità persuasiva da parte della politica. E la Merkel, al momento, non può non considerare l’eventualità e ritengo ben poco probabile che Berlino non abbia già approntato un Piano B per fronteggiare qualche emergenza.

Emergenze di che tipo?

Mettiamo il caso che domani, in Francia, François Hollande sia costretto a dimettersi da Presidente. Si andrebbe alle elezioni che, allo stato, vedrebbero come vincitrice Marine Le Pen, la quale, una volta eletta, per prima cosa uscirebbe dall’euro. A quel punto la Germania rischierebbe, se impreparata, di trovarsi in grossi guai.

Allo stato attuale quanti e quali sarebbero i Paesi “candidati” all’uscita dall’euro?

Realisticamente direi due: la Germania, sempre dall’alto, o la Francia. Gli Stati “danneggiati” come la Spagna, il Portogallo, Cipro adesso stanno subendo un processo di “meridionalizzazione”. In buona sostanza, poiché deboli, stanno incassando sovvenzioni, sussidi e contributi. Tuttavia rischiano di rimaner vittime di questa sorta di “neo-assistenzialismo” comunitario.

E l’Italia?

La nostra è una situazione paradossale. Siamo gli unici fessi in Europa che hanno pagato, continuano a farlo e senza aver nulla in cambio. Come sia stato possibile ficcarsi in una situazione del genere è surreale.

Già, come è potuto accadere?

L’unica spiegazione si può trovare solo supponendo che i governanti che si sono succeduti negli anni siano stati tutti venduti all’Euro-causa. E in ciò va inclusa pure Forza Italia per aver votato favorevolmente le assurdità del Fiscal Compact, del Mes.

 E se dovessimo ipotizzare uno scatto d’orgoglio, si può davvero pensare che l’Italia possa recuperare la sua sovranità monetaria? In che modo si potrebbe uscire dall’euro?

L’unica sarebbe una gestione “militare” del con-cambio. Non ci sarebbe spazio per un referendum. Ne mancherebbe il tempo e, intanto, il mercato avrebbe già provveduto a distruggere tutto quanto. I protocolli di intervento legislativo, però, ci sono. Basterebbe rimettere mano alla vecchia legge sul passaggio dalla Lira all’Euro, si potrebbe tranquillamente sfruttare lo stesso meccanismo.

A quel punto cosa accadrebbe? C’è chi profetizza scenari apocalittici…

Dovremmo affrontare un periodo di disagi, che ritengo di poter quantificare in circa tre settimane. Un po’ di corsa agli sportelli ma occorrerebbe gestire al meglio il periodo immediatamente successivo al cambio. Accadrà come è già successo a Cipro: si parlava di banche prese d’assalto, di conti corrente privati da prosciugare. E poi non è successo niente. A quel punto sarebbe anche positivo un periodo di chiusura delle banche, magari a fine anno contabile in modo tale da poter ripartire, con l’anno nuovo e con la nuova valuta. Se tutto il denaro circolante in Italia fosse in moneta elettronica – scenario che, detto chiaramente, non auspico per niente – basterebbe premere un pulsante per uscire dall’euro e ripartire con una nuova moneta. Già domani, in teoria, si potrebbe fare. E l’unica cosa che ci farebbe capire di essere usciti dall’euro sarebbe il fatto di trovare, in Germania, merci a costi maggiori che da noi.

 Il cambio dall’euro dovrebbe essere tarato sempre sulle famose duemila lire?

Per comodità sarebbe il caso di operare un cambio di 1 a 1. A questo punto non è che avrebbe senso resuscitare per forza la lira, faremmo una valuta nuova e potremmo chiamarla “ducato” o “fiorino”. In sostanza non cambierebbe nulla, il risultato, l’uscita dall’euro, sarebbe raggiunto. Al tempo dell’ingresso nella moneta unica, il cambio venne registrato sul famoso e strano valore delle 1936,27 lire perché era necessario uniformarsi, simultaneamente e proporzionalmente, con le valute degli altri Paesi. Abbandonando l’euro non si dovrebbe dar conto a nessuno e, perciò, non ci sarebbe alcun parametro da rispettare come accadde allora.

E il commercio?

Chi è fuori dall’Unione Europea non è tagliato fuori dalle relazioni commerciali né con Bruxelles né con gli Stati membri. A qualcuno risulta, per caso, che l’Europa non acquista o vende prodotti dalla Svizzera? Se usciamo anche dall’Ue non ci accadrà proprio niente.

Da qui a un anno, dove saranno, realisticamente, l’Italia e l’Europa?

La moneta unica potrebbe saltare, ma non subito, a causa della Germania e intanto noi, dovessero rimanere così le cose, rimarremo a marcire come stiamo facendo da anni. In Italia, credo, si andrà a votare nella prossima primavera. Renzi, con la sua Finanziaria, ha imbottito il Paese di tasse di cui ci accorgeremo dal 2016. Lui, intanto, s’è creato una bolla d’aria in cui continuare a vivacchiare.

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Tags: borghi aquilinieuroeuropalega nordlira

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