E alla fine se lo son bevuto quel vecchio gattone di Walter Mazzarri. La Milano interista non esultava così dai tempi del Triplete, Erick Thohir ha dato (evidentemente) la prima gioia alla gente Bauscia, frustrato dal mercato stile Troika, stanco della difesa a cinque, di Kovacic e Kuzmanovic tra panchina e realtà, esasperato dal catenaccio anche contro il Cesena e dalla ruggine di Vidic, stufo – soprattutto – delle continue, reiterate e recidive giustificazioni più o meno fantasiose del prode Walter.
Alla Pinetina è già arrivato Roberto Mancini, l’uomo più elegante del West pallonaro. I ritorni, però, non sono mai facili. Nel migliore dei casi (e cioè nel suo), la rentrée impone il confronto con il passato. Il tecnico jesino ha vinto tanto a Milano, per giunta in un periodo storico del calcio italiano (cioè Calciopoli) che vide l’Inter praticamente senza rivali in campionato. In ciò è nascosta la grande insidia che attende il Mancio. Deve dimostrare anche ad avversari e sostenitori di aver vinto scudetti e trofei perché, lui, è un allenatore vero che è stato alla guida di una squadra importante che avrebbe vinto comunque anche se la Juve non fosse stata mai spedita in serie B e il Milan non avesse trovato l’alibi della Champions per calare il ritmo in casa.
Detto ciò, Mancini ricomincia alla grande dopo un’estate (e un autunno) al limite dell’infernale. Giunto a Milano dopo qualche mese d’inattività durante i quali è stato accostato praticamente a tutte le panchine libere, vuote, in fitto temporaneo o vagamente traballanti. Quando c’è libero un top player (varrà anche per gli allenatori l’anglofilo neologismo?) il fantacalcio è un dovere etico, morale e professionale. Gli ultimi mesi del Mancio devono essere stati terribili. Tutto è cominciato quando la nazionale azzurra se n’è tornata, scornata e spernacchiata, dalla sfigatissima spedizione mondiale in Brasile. La parrocchia azzurra di don Prandelli è implosa e il buon Cesare se l’è filata al Galatasaray (sostituendo proprio Mancio) mentre Balotelli, De Rossi, Buffon e Cassano rischiavano di dar vita a una Royal Rumble che manco ai tempi eroici del Wrestling. Occorre ricominciare. Dal nuovo commissario tecnico. Spunta, tra le primissime, l’ipotesi Mancini ma Tavecchio vira prestissimo su Antonio Conte. Da qui, il valzer. Roberto Mancini è stato (o sarebbe stato) vicino a sostituire proprio Conte sulla panchina della Juventus (poi è arrivato Allegri), quindi alla carica di cittì del Portogallo di Cristiano Ronaldo (poi hanno scelto Fernando Santos), e infine al timone del Napoli (poi si son tenuti don Rafa Benitez). Hanno dovuto fucilare il nemico del popolo (interista) Mazzarri sulla piazza (mediatica) di giornali e tv per trovare una panchina al Mancio. Che alla prima affronterà il derby contro il Milan. E sarà una delle stracittadine più tristi e squallide della storia recente del calcio all’ombra della Madonnina. Chi vince può continuare a vivacchiare, chi perde rischia seriamente di sentirsi mordere il sedere dalla zona retrocessione.