Ancora una volta, manteniamo la calma: la situazione è seria. L’ombra del califfato si stende sull’Islam, non nel senso che le adesioni al suo progetto siano una valanga (al contrario: appaiono ancora poche, per quanto agguerrite e in crescita), ma nel senso che i jihadisti di tutto il mondo musulmano sembrano aver trovato un nuovo catalizzatore. Ciò non significa che vi sia anche un centro unico operativo e un’organizzazione capillare: non dimentichiamo che anche il mondo che noi definiamo genericamente “terroristico” è attraversato da faide e da rivalità. Certo, vi sono forze convergenti interessate allo scontro: come al solito, gli estremisti si comprendono sempre fra loro e si aiutano obiettivamente, anche quando il loro scopo è ammazzarsi a vicenda.
Gli jihadisti vogliono quindi lo scontro con l’Occidente: e hanno scelto a quanto apre una tecnica nuova, più “artigianale” ma forse più diretta ed efficace. Prendere a caso, nell’indistinto mucchio degli innocenti, qualche esempio e colpire: colpirne uno per educarne non cento, bensì alcuni milioni. E’ evidente lo scopo del califfo e dell’IS: essi vogliono che una coalizione occidentale li attacchi il più duramente possibile in modo da dimostrare la loro tesi, vale a dire che tutto l’Occidente, nel suo insieme, è nemico dell’Islam nel suo insieme e quel che resta da fare è solo il jihad a oltranza.
Diciamo la verità. Non ci cascherebbe nemmeno un bambino. Ma ci sta cascando Obama con il suo progetto militarmente idiota e umanamente vergognoso di bombardamenti indiscriminati in modo da far dell’area airo-irakena occupata dalle milizie jihadiste terra bruciata senza perdere nemmeno un soldato (perché a questo punto, dopo i fallimenti afghano e irakeno del 2001 e 2003, i cui postumi sono ancora lontani dall’essere risolti, la società civile americana sembra disposta ad accettare che le sue forze armate facciano terra bruciata di una terra lontana ma non a rischiare uno dei suoi soldati, pena una clamorosa débacle politica ed elettorale della compagine oggi al governo). Ci stanno cascando la NATO e i governi occidentali. E nasce nell’uomo della strada il sospetto, temo non infondato, che si stia assistendo a un più o meno concordato gioco delle parti: i capi jihadisti e i loro mandanti che li riempiono di uomini, di soldi e di armi (e non ci verranno a raccontare che tutta quella roba è il frutto delle pie elemosine dei fedeli!) vogliono creare un nuovo Afghanistan e un nuovo Iraq, guarda caso proprio addossato alla frontiera dei principali nemici di tutti i leaders sunniti, vale a dire alla frontiera dell’Iran che non a torto teme che, una volta arrivata la NATO a due passi dal suo territorio, c’installi un vallum ben munito, magari con proiettili puntati su Teheran; i “falchi” occidentali (e anche qualche ridicola civetta travestita da gufo reale, come quel tal presidente francese che ieri voleva attaccare Assad e oggi vuole sterminare quelli che allora erano soi alleati contro il rais siriano) guardano come provvidenziale all’IS, che consente loro di rimettere alla grande piede militare sul territorio del Vicino oriente con il suo petrolio e i suoi giacimenti acquiferi dell’alta Mesopotamia.
Ma per una nuova azione militare in grande stile è utile anche il consenso. Ed ecco l’allarmismo, cui si prestano volentieri certi prtiti e certi media: si dice che i terroristi “stiano per attaccare l’Europa”, si ripetono ingigantendoli i pochi casi di effettivo riscontro di cellule terroristiche o di azioni isolati per creare un effetto di dilatazione e di rifrazione, si gettano allarmi sulle decine di fermi cautelari effettuati dalla stessa polizia italiana (ma ci si rifiuta di fornire nomi, circostanze, prove dell’effettiva attività criminale di essi), si parla addirittura di “azioni terroristiche” (fortunatamente però, guarda caso, tutte sventate all’ultimo momento) e perfino di un tentato assalto alla Casa Bianca.
Se ragionassimo, le cose da fare sarebbero due. Primo, stringere sul serio, con rigore e fermezza ma anche con calma, il cerchio dei controlli assicurandosi anzitutto la cooperazione delle comunità musulmane, che si sono coralmente dette disponibili a collaborare alla sorveglianza perché è loro interesse dimostrare che l’IS non rappresenta affatto l’Islam sunnita nel suo complesso: e il tutto senza inutili allarmismi, che fanno solo il gioco del nemico. Secondo, organizzare una risposta militare all’IS assicurandosi che a fornirla siano in prima linea forze musulmane sunnite alle quali fornire il massimo appoggio e reparti non già della NATO (per sventare l’immagine della “crociata occidentale contro l’Islam”), bensì delle Nazioni Unite, coinvolgendo con urgenza anche Russia, Turchia e Iran che per motivi differenti se non opposti sono recalcitranti a impegnarsi. Soldati ONU, non NATO; e possibilmente non ragazzini delle Isole Fiji col casco blu, ma reparti militari seri, preparati ed efficaci. Non abbiamo interesse a far passare l’idea che l’Occidente colpisca l’IS per colpire l’Islam; dobbiamo dimostrare che l’IS non è l’Islam, che la maggior parte dei musulmani sono contro i tagliatori di teste e che dietro alle forze musulmane impegnate contro chi usurpa la rappresentanza della loro fede ci sono le Nazioni Unite, vale a dire la società civile del mondo intero.
Se non facciamo questo, qualunque altra cosa succeda la guerra è perduta in partenza.