Luis Suarez è entrato, finalmente, nella leggenda. Mordi, Luisito. Mentre le pippe azzurre (Il Tempo dixit), rientravano mestamente in Italia, accolte dall’assordante silenzio di chi non intende sprecare gustosi pomodori per gettarli in faccia alla truppa di mezze cartucce rientrata dal Brasile, l’Uruguay ha accolto il suo eroe, tributandogli un’accoglienza trionfale, mostrandogli di essere pronto a scendere in guerra per lui.
Perché, in fondo, c’ha ragione Giuliano Ferrara quando dice che “Ci vuole del talento ad essere così figli di puttana” e quando afferma che “Quel talento lì, quella sfacciataggine […] è paragonabile solo al gol di pugno di Maradona”. Perché è vero, come dice l’Elefantino, che mentre noi ci siamo imborghesiti in maniera ignobile, laggiù, in Sudamerica, c’è chi ha ancora “il ghigno che ci manca”.
A proposito, poi, di Maradona: el Dies s’è immediatamente schierato dalla “parte del torto”, quella di Suarez. “Luisito siamo con te”, sulla t-shirt che fa più male a Blatter di un pugno in un occhio. Già, perché chissà cosa sarebbe capitato a lui, con la prova tv. Quel celeberrimo gol, la Mano de Dios contro l’Inghilterra, sarebbe stato esorcizzato sull’altare della prova tv. E lui squalificato per mesi. Perché poi? Boh.
In Italia, Luis Suarez ha trovato un estimatore – o quantomeno un appassionato avvocato d’ufficio – in Pasquale Bruno. Una carriera da fabbro dell’area di rigore, difensore che definire arcigno è ancora poco, uno che non ha mai tirato la gamba indietro. E che non ha avuto nessun dubbio a dire la sua, al Foglio: “Meglio undici Suarez che undici Chiellini. Sono deluso, credevo che il difensore juventino fosse un duro, invece è solo un ‘trick bastard’”. Trick Bastard, nella parlata anglosassone, è il simulatore a tutti i costi. Dategli torto, all’Animale.
Sempre in Italia, poi, siamo al limite dello psicodramma. C’è chi, in questi convulsi momenti, sta vivendo una straziante crisi interiore dovuta all’inconfessabile delusione di scoprire il proprio mito trasformato in un tifoso da bar qualsiasi. La retorica, mai troppo biasimata, da neo-pauperismo cataro aveva, nei mesi scorsi, trasfigurato il presidente uruguaiano, Pepe Mujica, nel dio sceso in terra ad insegnare l’umiltà di gestire un Paese abitando in una capanna senza corrente elettrica. Nonno Pepe – che a troppi era parso talmente in alto da non potersi sbilanciare anche un solo filino nelle umane quisquilie – non ha avuto paura di giurare il falso: “Non ho visto Suarez mordere nessuno”. Roba da impeachment. E, al ritorno in Patria, dell’esule Luisito ha esclamato: “Se la prendono con noi perché siamo un Paese piccolo”. Sappiamo tutti che, in fondo, è vero. Fosse stato Neymar a dare di matto, non sarebbe accaduto nulla. Ma il problema è evidentemente un altro: il calvinismo intollerante del fair-play che, nei paesi anglosassoni, si traduce in abbonamenti tv, scommesse, pubblicità. Altrimenti perché tanti sponsor, invece che sfruttare fino in fondo il nuovo re dei social, si sarebbero affrettati a disdire i contratti?
Nonno Pepe, inoltre, dimentica che la Figc italiana conta meno del due di briscola, che attualmente è decapitata e addirittura rischia di finire in mano a Walter Veltroni. Dio non voglia. Sarebbe una punizione divina che forse Balotelli meriterebbe, ma non il resto dei 60 milioni di commissari tecnici che popola l’Italia.
Sul caso di Suarez hanno parlato grandi campioni del calcio uruguagio. Enzo Francescoli – ex Inter e Cagliari – è inferocito, e dagli torto. E’ tornato dal limbo pure Waldemar Victorino – l’ectoplasma che si materializzò in Italia con la maglia proprio del Cagliari – che ha dissertato amabilmente sulla durezza degli interpreti del calcio Celeste. “La combattività ce l’abbiamo nel sangue”.
La reazione più attesa al morso di Luisito, è quella della Fifa. Sanzioni durissime, draconiane. El Pistolero cacciato dal Brasile, ritirato persino l’accredito. Probabilmente il collegio santificale presieduto da sua santità Sepp I Blatter, teme che Dracula Suarez, anche in tribuna, possa azzannare al collo le fanciulle che tanto si danno da fare per farsi immortalare dai fotografi e per finire sui giornali di tutto il mondo come le “bellissime tifose che comunque vada hanno già vinto”. Vergogna, Blatter. Dracula non attacca in pubblico, almeno non attacca in curva. Lui preferisce il prato. Come ai concerti…
Una reazione, quella della Fifa, così incredibile da far commuovere persino Giorgio Chiellini. Il duro dalla scorza fragile, o il fragile dalla scorza dura. Fate voi. Il difensore azzannato, come una mamma in pena, ha perdonato il suo aggressore. Peccato, però, che la Fifa non sia l’Iran. Lì, il perdono di una mamma vale la grazia. Blatter, invece, il Signore dei Palloni, non si fa commuovere da nessuno.